Tim, bocciata la politica di remunerazione. Scatta il totonomine
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AperturaTlc Gio 20 aprile 2023

Tim, bocciata la politica di remunerazione. Scatta il totonomine

L'assemblea dei soci di Tim dice no ai maxi stipendi dei manager. Labriola in bilico. Per la successione spuntano i nomi di Sambuco e Novari Tim, bocciata la politica di remunerazione. Scatta il totonomine Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Tim, bocciata la politica di remunerazione. Scatta il totonomine

Nell’assemblea di Tim i soci dell’ex monopolista pubblico dicono no alla politica di remunerazione dei manager. Vivendi, socio con il 24% del capitale di Tim, si astiene dopo aver contestato gli stipendi previsti per le prime linee manageriali del gruppo. E così traballa la poltrona dell’amministratore delegato Pietro Labriola, il cui compenso avrebbe potuto raggiungere i 26 milioni di euro.

Secondo quanto risulta a Verità&Affari, in corsa per sostituire l’attuale numero uno di Tim ci sono almeno due manager di alto profilo. Il primo è Roberto Sambuco, attuale numero uno di Macquarie Capital in Italia. E cioè l’alleato di Cdp nella rivale Open Fiber. Già partner di Vitale&Co, Sambuco ha tirato le fila di diverse operazioni di m&a, inclusa quella che ha portato all’incorporazione di Metroweb in Open Fiber. Il secondo candidato è Vincenzo Novari, in passato amministratore delegato Omnitel 2000 e successivamente di Andala e di 3Italia (fra il 2001 e il 2016) fino alle nozze con Wind. Ma non è escluso che in partita potrebbero entrare anche altri manager per gestire la delicata fase di transizione di Tim.

Intanto la tensione resta alta in casa dell’ex monopolista

Lo dimostra il fatto che, oltre alla politica di remunerazione, l’assemblea dei soci di Tim ha bocciato anche i due candidati proposti in sostituzione del dimissionario Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi. Non passano quindi i nomi di Paola Bruno, proposta da Assogestioni, e Franco Lombardi, presidente dell’Asati. Sulla candidata di Assogestioni si sono astenuti alcuni fondi esteri e la media company francese.

Confermati i consiglieri di amministrazione Giulio Gallazzi e Massimo Sarmi. E’ stato invece approvato il Piano di incentivazione a breve termine (MBO) 2023.  “Sui risultati ha influito significativamente l’elevato numero di astensioni” ha spiegato una nota della società.

Via libera al bilancio con una maxi-rosso

I soci hanno approvato invece il bilancio al 31 dicembre 2022 che si è chiuso con una perdita netta pari a 2,9 miliardi di euro, coperta mediante prelievo da riserve. Il fatturato si è attestato a 15,78 miliardi, in leggero aumento rispetto al 2021 (15,31 miliardi), mentre l’indebitamento finanziario netto si è fermato a 25, 36 miliardi, in aumento di 3,2 miliardi di euro rispetto al 31 dicembre 2021. Proprio quest’ultimo dato è un punto dolente nonostante i buoni risultati realizzati da alcune divisioni come quella brasiliana o le attività di cloud.

Sul bilancio pesa poi l’esborso per il 5G. “Il 30 settembre 2022 Tim ha corrisposto la quinta e ultima rata, pari a 1,7 miliardi di euro, dei complessivi 2,4 miliardi di euro dovuti in ottemperanza agli impegni assunti dalla Società a seguito dell’aggiudicazione dei diritti d’uso delle bande di frequenza di telefonia mobile di cui alla Gara 5G, posta in essere nel 2018 dal ministero per lo Sviluppo Economico” si legge nella relazione finanziaria 2022.

Il futuro dell’infrastruttra di rete resta il pomo della discordia

Sul tavolo rimangono le due offerte per la rete presentate dal tandem Cdp-Macquarie e dal fondo Kkr. Come ha spiegato il gruppo, le due proposte non vincolanti saranno esaminate dal consiglio di amministrazione nella riunione programmata per il prossimo 4 maggio. Solo dopo la dovuta istruttoria del comitato parti correlate visto che Cdp è socio di Tim, oltre che azionista della rivale Open Fiber.

Secondo indiscrezioni, i ritocchi alle offerte iniziali sono stati però assai contenuti. Nel dettaglio, l’offerta CDP-Macquarie vale 19,3 miliardi rispetto ai 18 precedentemente offerti, mentre la proposta di KKR equivale a 21 miliardi contro i 19 miliardi iniziali. Nessuna delle due cifre si avvicina però ai desiderata di Vivendi che ritiene la rete di Tim valga almeno 26 miliardi.

C’è preoccupazione fra i dipendenti

L’incertezza sul tema della rete desta non poco nervosismo fra i 50.392 dipendenti (a fine 2022) del gruppo Tim. Da tempo i sindacati chiedono al governo di fare chiarezza sui progetti per l’ex monopolista di Stato. E anche sul ruolo di Cdp.

“E’ ormai giunto il momento  che si affrontino complessivamente i tanti problemi del settore aprendo urgentemente un tavolo istituzionale che coinvolga i ministeri competenti, ovvero del Mimit e del lavoro” ha dichiarato il segretario nazionale Uilcom Uil, Luciano Savant Levra. ” I singoli tavoli, attivati presso le aziende, per arginare le varie crisi in atto non sono più in in grado di risolvere un problema che è ormai di sistema” ha chiarito il sindacalista in occasione dell’ultimo accordo per l’uscita volontaria di duemila lavoratori Tim. Titolo che in Borsa ha lasciato sul terreno l’1,5%.

 

 

 

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