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AperturaFinanza Gio 22 dicembre 2022

Tim e i rischi della scissione, possibile salasso da 2 miliardi per ripagare gli obbligazionisti

In caso di scissione il codice civile prevede che i creditori possano far ricorso e ottenere il rimborso. Tim ha emesso 17 miliardi di bond Tim e i rischi della scissione, possibile salasso da 2 miliardi per ripagare gli obbligazionisti
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Il terzo incontro tra governo, Cdp e Vivendi

Terzo round del match per la rete pubblica. Dopo i primi incontri di studio le parti provano ad accelerare nel tentativo di arrivare – come promesso dal governo – a una strategia definita entro la fine dell’anno. Difficile. Considerando che i rappresentanti di esecutivo, Cassa Depositi e Prestiti e Vivendi (questi ultimi solo il primo e il secondo azionista di Tim) hanno solo un altro slot a disposizione, quello del 29, dopodiché sarà già 2023. A oggi due sono le strade. Da una parte la vendita tout court della rete Tim a Cdp che sarebbe affiancata dai fondi di private equity Kkr e Macquarie (difficile possa essere della partita anche Gip) e dall’altra la scissione proporzionale dei business, con l’infrastruttura da una parte (a Cdp) e il retail (a Vivendi) dall’altra. Quale seguire? Uno degli ostacoli più difficili da superare nel percorso che potrebbe portare alla scissione è quella del debito. L’articolo 2503 del codice civile prevede che in caso di operazione di questo tipo (in realtà si fa riferimento alle fusioni aziendali, ma il discorso è estendibile agli spin off) i creditori abbiano 60 giorni di tempo per fare opposizione e nella sostanza in caso di opposizione devono essere ripagati per i debiti contratti dal gruppo.

Il punto è che Tim ha – ultima semestrale di bilancio alla mano – ha circa 31 miliardi di debito lordo. E che questa montagna di rosso è composta per circa la metà –  siamo intorno ai 17 miliardi – da obbligazioni acquistate dal mercato. La maggior parte dei bond che vanno in scadenza nei prossimi mesi e anni, oggi prezzano un valore inferiore ai 100 punti dell’emissione e quindi Tim dovrebbe rimborsarli alla pari ed emettere nuovo debito con tassi maggiori. Stando ai valori di giugno (sempre prendendo come riferimento la semestrale) la differenza sarebbe di circa 2 miliardi. Ai prezzi attuali le perdite sono leggermente calate, ma il senso dell’ulteriore salasso non cambia.

Il prezzo del mercato

Qualche esempio può aiutare a capire meglio. Il 18 gennaio del 2029 va a scadenza un bond di Tim che ai valori di questa settimana il mercato prezza 76,5 punti. Significa che se gli obbligazionisti dovessero rivenderlo oggi ne ricaverebbero circa 765 milioni a fronte del miliardo dato a Tim nel momento dell’emissione. In caso di scissione la differenza – 235 milioni – sarebbe a carico dell’ex monopolista della telefonia. Lo stesso discorso può essere fatto per un bond da 650 milioni in scadenza a metà marzo del 2055 che prezza poco più di 76 punti e per l’obbligazione da un miliardo di dollari emessa dal Telecom Italia che garantisce una cedola del 6% e va in scadenza a fine settembre del 2034.

“La questione debito – ha evidenziato poche ore fa l’ad di Tim Pietro Labriola – ci penalizza troppo, soprattutto in un macro-scenario come quello attuale”. E la questione del debito potrebbe essere la chiave di volta nella decisione di governo, azionisti e altri stakeholder sulla strada da prendere per fare uscire Tim dall’impasse e arrivare alla strada per la realizzazione della rete pubblica.

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