Altro che Meloni premier. In Italia il potere resta in mano agli uomini
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Approfondimenti Mer 30 novembre 2022

Altro che Meloni premier. In Italia il potere resta in mano agli uomini

Altro che quote rosa e primo premier donna. In Italia il potere è maschile. Lo rivela l'indagine «Sesso è potere» di info.nodes e onData. Altro che Meloni premier. In Italia il potere resta in mano agli uomini
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Altro che quote rosa e primo premier donna della storia del Paese

In Italia il potere resta in mano agli uomini. Lo testimonia l’indagine «Sesso è potere» realizzata dalle associazioni info.nodes e onData. Le immagini di Giorgia Meloni premier non devono trarre in inganno perché in politica il potere resta maschile soprattutto a livello locale: “su 121.231 cittadini e cittadine che ricoprono un ruolo elettivo a livello comunale o regionale, censiti dall’Anagrafe degli amministratori del ministero degli Interni, gli uomini sono 80.240 e rappresentano quindi il 66,19%”, spiegano le due associazioni. E i primi cittadini che guidano i comuni italiani? Nei 7.452 comuni per cui sono disponibili i dati del ministero degli Interni,  gli uomini sono al comando in ben 6.331 enti, ovvero l’84,96%, contro appena 1.121 casi al femminile. Va anche peggio per i vertici delle 19 autorità indipendenti censite da Openpolis, la prevalenza di uomini al comando è netta: 17 su 19, più dell’89%.

Su 100 aziende quotate solo il 5% ha un ad donna

Sulle 100 maggiori società quotate a Piazza Affari solo il 5% ha un amministratore delegato donna. Il potere di decidere le sorti aziendali resta dunque saldamente nelle mani degli uomini nonostante la legge Golfo-Mosca abbia introdotto nel 2011 l’obbligo delle quote rosa. Pena lo scioglimento dei consigli. Da allora i consigli di amministrazione delle società quotate hanno cambiato configurazione lasciando più spazio alla presenza femminile. Tuttavia, come dimostrano i numeri, la direzione delle imprese resta un fatto ancora tutto maschile. La situazione poi è decisamente più complessa e meno rosea se si guarda alle controllate pubbliche non quotate, principalmente in house controllate da enti pubblici, dove anche la trasparenza sui bilanci resta talvolta un optional.  Secondo l’indagine «Sesso è potere», sono solo 5 le amministratrici delegate nelle maggiori 100 aziende italiane per capitalizzazione quotate in borsa. Nel restante 95% dei casi la poltrona più importante del consiglio di amministrazione è affidata ad uomini. Si tratta di uno “squilibrio di genere nell’esercizio del potere in Italia”, ancora “talmente profondo da apparire quasi incolmabile” come spiegano le due associazioni che hanno disegnato una vera e propria mappa sulla distribuzione del potere tra i sessi, con tanto di focus sui settori economico, mediatico e politico.

Anche il Tesoro preferisce gli uomini al comando

La musica non cambia nelle partecipate pubbliche. Nelle controllate del Tesoro, «gli uomini che ricoprono il ruolo di amministratore delegato sono in numero nettamente superiore: 28 su 34», quindi più dell’82%, come spiegano info.nodes e onData. Nel comparto dell’informazione, su 27 quotidiani nazionali con tiratura superiore alle 30 mila copie, nell’81,5% dei casi la direzione è affidata a un uomo. “Solo 5 quotidiani sono diretti da donne e per giunta in tre casi (Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, tutti appartenenti al gruppo QN) la direttrice è la medesima, Agnese Pini” precisano. Va anche peggio sui tg nazionali, a cui direzione è affidata a una donna solo in 2 casi su 10 – e con un posto vacante (il TG2) in seguito alla nomina dell’ ex direttore Gennaro Sangiuliano a ministro della Cultura.

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