Vino italiano in crisi, calano gli ordini: imbottigliare costa troppo
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Vino & Cibo/Approfondimenti
ApprofondimentiVino & Cibo Lun 29 agosto 2022

Vino italiano in crisi, calano gli ordini e imbottigliare costa troppo

Cantine in crisi, l’inquietudine dei viticultori italiani. Calano gli ordini, imbottigliare costa troppo. Il vino non si vende. Vino italiano in crisi, calano gli ordini e imbottigliare costa troppo Cantina
Carlo Cambi
di 
Carlo Cambi

Le cantine italiane in crisi

Si è accesa una spia rossa come un acino di Aglianico. Mentre molti si affannano a celebrare – a vendemmia appena iniziata – l’ennesima annata del secolo utilizzando più le iperboli del mago Otelma che i numeri, compresa la rilevazione del grado zuccherino delle uve, si capisce che le cantine italiane stanno entrando in una crisi severa. Non tutte e non in tutte le denominazioni, ma è tempo di vacche molto magre. Il caso emblematico è emerso in un fazzoletto di terra – magnifico peraltro – della valle del Calore nel cuore dell’Irpinia. La Cia – confederazione italiana agricoltori – a nome di 130 viticoltori ha denunciato che una primaria cantina ha disdetto i contratti di fornitura e non avrebbe ritirato 25 mila quintali di uve Aglianico destinate a produrre Taurasi Docg, uno degli eccelsi vini rossi del nostro Meridione.

La situazione del vino

La quantità tradotta in soldi sarebbe più o meno 2,5 milioni di euro che per quell’agricoltura è una botta grossa. Le cose non stanno probabilmente così perché tra Paternopoli, Montemarano e Castelfranci – i tre Comuni interessati dalle disdette – non si produce così tanta uva. Molti trasformatori hanno però confermato di aver disdetto i contratti di ritiro delle uve perché non ne hanno bisogno. Il vino non si vende, hanno abbastanza prodotto, temono le incognite di mercato. Mario Ercolino che è uno dei principali cantinieri della zona punta addirittura l’indice sui disciplinari: troppo tempo di affinamento per i rossi, non ce n’è più bisogno, il vino va liberato.

Il Consorzio dei vini dell’Irpinia aggiunge: «Eccedenza di uve rosse ci sarà un po’ in tutta Italia, la situazione di mercato è tale che non si possono ritirare le uve soprattutto a prezzi alti». E allora i canti di gloria, i peana per i successi dei nostri vigneti? Forse non è più aria. Un produttore attentissimo come mister Amarone, Sandro Boscaini, ad di Masi agricola, la sola cantina quotata in Borsa in Italia, per anni presidente di Federvini, rifletteva su un dato: «Si è data molta enfasi alla siccità, si sono proclamati danni epocali alle colture e ora però si pretendono per le uve prezzi alti e ritiro obbligatorio da parte dei trasformatori. Forse il sistema vino ha bisogno di riflettere un po’ su se stesso».

Ci pensano le condizioni di mercato. I vini sfusi sono in caduta libera. Ad agosto il report di Globalmarket – come riporta il sito www.winenews.it – segnala non solo che i vini, anche quelli a denominazione venduti sfusi, scendono di prezzo, ma molte partite stanno tornando indietro. Il motivo? Gli imbottigliatori non sono in condizione di confezionare. Mancano bottiglie, etichette e cartoni, i costi di spedizione sono raddoppiati, quelli di confezionamento triplicati e il mercato si sta fermando. Ci sono vistosi cali di domanda per Pinot Grigio a -16% e Prosecco Doc a -7,3%. Anche i prezzi dello sfuso sono in frenata: il Pinot Grigio Venezie Doc sta tra 1,1 e 1,2 euro al litro, il Soave, tra 0,95 e 1,1 euro al litro, e il Prosecco Doc oscilla tra 2,45 e 2,55 euro al litro. Tra i rossi, il Primitivo Igt Puglia, spunta prezzi tra 1,2 e 1,5 euro al litro, stabile il Chianti Docg (annata 2020), che si muove tra 1,9 e 2 euro al litro.

Il calo di produzione

Queste quotazioni sono il riflesso di una condizione di mercato di sostanziale caduta. Federvini ha stimato che nel primo quadrimestre dell’anno, le vendite di vino presso la Gdo (iper mercati, super e discount) hanno subito un arresto del 9,6% a 894 milioni di euro. Di questi, i vini fermi e frizzanti, che generano il 79,7% delle vendite, hanno riportato un -9,7%, complice soprattutto la frenata dei vini Dop (-10,7% a valore e -11,2% a volume). Gli spumanti (19,6% del totale) hanno invece registrato un calo del -9,1%. Sono i primi segni dell’inflazione. E anche l’export soprattutto in Usa è Germania è in arretramento. Con questo orizzonte di mercato le cantine stanno molto caute, ma se per le uve bianche c’è meno preoccupazione, per le rosse va peggio perché c’è da scontare l’onere dell’affinamento. E dunque il calo di produzione tra il 15 e il 20 per cento della vendemmia appena cominciata non è certo salutato come negativo.

Condividi articolo