L'auto frena in Borsa. Pesano i tagli di Tesla, Piano Biden e Cina
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AperturaAuto Gio 20 aprile 2023

L'auto europea frena in Borsa. Pesano i tagli di Tesla, Piano Biden e Cina

A cedere di più è Renault a Parigi, ma è tutto il comparto dell'automotive a soffrire sui listini. Lo Stoxx 600 auto di Milano è in rosso. L'auto europea frena in Borsa. Pesano i tagli di Tesla, Piano Biden e Cina
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Il settore delle auto in Borsa

Il comparto auto europeo frena in Borsa. L’indice Stoxx 600 Auto è arrivato a perdere il 2%. A mostrare segnali di debolezza è tutto il comparto: Pirelli  perde l’2,4% e Brembo il 2,3%. In Europa, Renault fa da guida al ribasso con una flessione di oltre il 7%  dopo aver perso altrettanto nella giornata in cui ha pubblicato i risultati del primo trimestre 2023.

Sempre a Parigi Michelin perde il 4%. A Francoforte, i big dell’auto, Volkswagen, Bmw e Mercedes perdono tutti almeno il 2%, in linea con Continental e la holding Porsche. E sullo scivolo, andando Oltreoceano, c’è anche il produttore di auto elettriche Tesla che fa registrare un calo del 9% all’indomani della diffusione dei conti, comunque in linea con le attese,  e soprattutto dell’annuncio di un nuovo taglio (il sesto) dei prezzi delle proprie vetture.

Le ragioni della frenata dell’auto

All’origine delle fibrillazioni del mercato dell’auto vi sono varie ragioni: la marginalità sulle vendite delle auto elettriche, la politica di incentivi varata da Biden nell’ambito del grande piano green per gli Usa che sta entrando nel vivo, la forte spinta dei produttori cinesi verso i mercati esteri (soprattutto quello europeo), il mercato delle materie prime per  batterie e  microchip che premia il Paese del Dragone, i ritardi nella elettrificazione della rete stradale di alcuni Paesi del Vecchio continente.

Chi guadagna e chi perde con l’elettrico 

Il guadagno lordo per ogni auto prodotta da Tesla, anche dopo l’ultimo taglio, è di circa  7 mila euro netti ad esemplare. La distanza rispetto alle concorrenti è netta: la seconda in classifica, ovvero General Motors si ferma a poco più di 2.100 euro.

Seguono ancora in terreno positivo Toyota, Volkswagen e Hyundai, e la cinese Byd (principale rivale di Tesla nel Paese del Dragone), con un margine netto a poco più di 1.000 euro per auto elettrica. Ma c’è chi lavora in rosso come Ford o quasi in pari come Merceds, Audi e Bmw e Stellantis. L’esatto contrario di quello che avviene con le auto diesel e benzina dove tutte le case europee hanno buone marginalità a cominciare dai brand di fascia alta.

Il grande piano Biden e il problema delle batterie

Ad inizio settimana il Dipartimento del Tesoro statunitense ha pubblicato l’elenco delle case automobilistiche i cui veicoli elettrici si qualificano per l’acquisto con sussidio  fino a 7500 dollari, che è parte del multimiliardario “Inflation Reduction Act” con cui il  governo Usa  vuole rafforzare l’industria nazionale e promuovere l’acquisto di auto elettriche e che prevede che il 60% dei componenti debbono essere prodotti in Usa.

La sorpresa è che sono pochi  i modelli promossi. I veicoli elettrici di Bmw, Volkswagen, Nissan,  Hyundai e Volvo i sussidi saranno inizialmente interrotti. Attualmente, solo dieci modelli si qualificano e sono prodotti dalle maggiori case automobilistiche statunitensi General Motors e Ford, nonché da   Stellantis e Tesla. Una situazione che ha esplodere il nodo batterie.

Non è un caso che tutti i grandi produttori Ue, oltre ad investire in impianti nel Vecchio Continente, stiano siglando importanti accordi proprio per la produzione negli Usa di batterie. Volkswagen prevede di investire 180 miliardi di euro nei prossimi cinque anni in settori come la produzione di batterie e le attività in Nord America Anche Bmw, assieme a Stellantis, sono in trattative con Panasonic per la costruzione di impianti di veicoli elettrici in Usa. Resta il fatto che le Case europee appaiono, sul fronte delle batterie e dell’indotto, in ritardo rispetto ai concorrenti soprattutto giapponesi e coreani.

Il ribaltone Stellantis

Su Stellantis ( che arriva a cedere il 6%) pesa anche la decisione, arrivata in maniera inattesa, di sostituire il direttore finanziario Richard Palmer – già in Fca e uno degli artefici della fusione con Psa – con Natalie Knight, che entrerà a far parte della società come executive vice president e cfo. Natalie Knight proviene dal settore della grande distribuzione alimentare.

Secondo gli analisti di Intermonte, “Knight è una figura apprezzata dal mercato, ma la sostituzione di Palmer con  una figura proveniente al di fuori dell’industria, seppure con un manager dalla indubbia esperienza, può apparire come una scelta rischiosa”.

Per gli analisti di Jefferies  “il cambio sottolinea la crescente attenzione della casa automobilistica sul mercato statunitense e indica un possibile cambiamento nella sede della società”. “La mossa sembra allinearsi – specificano gli analisti – con vari segnali che suggeriscono che Stellantis stia rendendo le sue comunicazioni finanziarie più focalizzate sugli investitori statunitensi”.

Le mire espansionistiche del Dragone

Il Salone di Shanghai, la più grande rassegna del settore del 2023, in corso in questi giorni, mostra plasticamente la crescita dei produttori cinesi che, a fronte di un rallentamento del mercato interno, puntano ora con decisione su quello Europeo.

Produttori come Byd, Chery, Nio, Xpeng, Aiways, ma anche Geely e  Dongfeng hanno presentato modelli ad hoc per i nostri mercati. La forza cinese sta nel fatto di essere praticamente monopolista del Litio (componente principale delle  batterie) e poter offrire sul mercato auto elettriche a prezzi inferiori di almeno un terzo a modelli similari delle case europee. Tra la fine del 2023 e il 2024 è prevista la presentazione di almeno 10 modelli di auto del dragone, soprattutto nella fascia media dove molte case europee hanno il loro “tesoretto”.

I produttori europei  non stanno a guardare: Stellantis, Renault, Volkswagen, Audi e Bmw hanno in programma il lancio di tutta una serie di nuovi modelli green. Ma, schiacciati da un lato dagli incentivi Usa e dall’altro dalla concorrenza cinese e più in generale asiatica si apprestano a giocare una partita non facile.

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