Elkann: "Stellantis non ha bisogno dello Stato". Non di Roma
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Auto/Apertura
AperturaAuto Ven 02 giugno 2023

Elkann: "Stellantis non ha bisogno dello Stato". Almeno non di quello italiano

Stellantis non ha bisogno dello Stato italiano nel suo capitale. Ma intanto il gruppo di Elkann "ospita" Parigi e batte cassa in Uk Elkann: "Stellantis non ha bisogno dello Stato". Almeno non di quello italiano John Elkann
Fiorina Capozzi
di 
Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Stellantis non ha bisogno della mano pubblica. Quanto meno non di quella di Roma. Già perchè Parigi è già nel capitale dell’ex Fiat con il 6,2% attraverso la finanziaria pubblica Bpi France. E per il resto sono sufficienti gli incentivi che il gruppo delle quattro ruote può sfruttare a destra e a manca. Incluso in Gran Bretagna dove, una manciata di ore prima, il marchio di famiglia, Fiat, ha battuto cassa chiedendo al governo di Rishi Sunak di potenziare gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Il motivo? L’anno scorso le vendite di vetture pulite non sono andate esattamente come nelle attese. Quindi meglio chiedere un aiutino a sostegno del fatturato della casa automobilistica. 

Il discorso non fa una piega

Dal Festival dell’economia di Torino, Jhon Elkann ha spiegato che “il mondo dell’automobile e della mobilità sta vivendo tantissime sfide in termini di innovazione e di tecnologia. Queste sono imposte da regole, il mercato in cui operiamo è un mercato regolato. Chi fa le regole, cioè i Governi hanno la grossissima responsabilità di definire quali sono le regole del gioco“.

Di conseguenza “per un’industria come la nostra è importante la stabilità di queste regole, perché gli investimenti che noi facciamo hanno portate lunghe. I nostri progetti hanno una vita di decenni. La cosa più importante è avere un quadro di regole chiaro e stabile. Questa è la parte più importante di cui abbiamo bisogno per poter operare e poter investire” ha chiarito.

“Dopodiché è importante che ogni luogo, ogni Paese possano determinare loro stessi quali sono le loro politiche industriali, quali sono i punti di forza che hanno, quali sono le valenze che hanno rispetto ad altri luoghi e questo fa parte di uno scambio costruttivo che l’industria dell’auto può avere” ha precisato.

Di qui la ratio della richiesta al governo inglese

Come riferisce il quotidiano inglese The Guardian, Damien Dally, numero uno della Fiat in Uk,  ha inviato una lettera all’esecutivo britannico. Nella missiva la casa automobilistica ha ricordato agli inglesi come altri Paesi in giro per il mondo stiano dando un consistente supporto per la transizione ai veicoli elettrici. Ed è opportuno che anche la Gran Bretagna metta mano al portafoglio. La richiesta da parte del brand di casa Elkann, proprietario anche dell’Economist, arriva a distanza di un anno dalla decisione del governo inglese di dare una sforbiciata agli incentivi all’acquisto per concentrare gli investimenti sulla costruzione della rete di colonnine di ricarica. 

“Ma con la fiammata dell’inflazione e l’aumento del costo dei veicoli elettrici, considerati gli obiettivi clinatici, ci sia bisogno ora più che mai di incentivi all’acquisto per i privati nel tentativo di sostenere il passaggio all’auto elettrica” ha chiarito Dally nella lettera. 

Il messaggio per Roma è di tutt’altro tono

“Dai risultati che abbiamo avuto nel 2022 , siamo in valore assoluto la società nel settore dell’automobile che ha avuto i risultati operativi più alti e nella nostra storia che nasce come Fiat tre secoli fa che poi è evoluta con Fca e oggi è Stellantis non abbiamo mai avuto nessun bisogno di avere lo Stato nel nostro capitale” ha chiarito Elkann.

Ma allora come si spiega allora la presenza di Parigi nel capitale della casa automobilistica? Per Elkann è tutta colpa della debolezza di Psa: “Il nostro socio francese ha avuto delle difficoltà negli anni che hanno necessitato in quel caso di un intervento dello Stato francese”.

E pure degli incentivi che Parigi ha messo sul tavolo per svilupare in trent’anni la filiera dell’auto green all’interno dei confini nazionali. Con tanto di beneficio per l’occupazione dei cugini d’Oltralpe. Cosa che l’Italia non  ha fatto pur avendo prestato alla Fiat 6,3 miliardi con garanzia pubblica per superare la crisi della pandemia. Il denaro è stato restituito in anticipo, ma in cambio Roma, a differenza di Parigi, non ha ottenuto un granché. 

Condividi articolo