La gigafactory in Piemonte di batterie per l'auto elettrica fa flop - V&A
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AutoIn evidenza Mer 25 gennaio 2023

La gigafactory piemontese di batterie per l'auto elettrica rischia il flop

Dovrebbe sorgere a Ivrea e dare lavoro a 3mila persone una delle gigafactory di batterie per auto elettriche. Ma la rete della zona non basta La gigafactory piemontese di batterie per l'auto elettrica rischia il flop
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

La gigafactory piemontese di batterie per l’auto elettrica rischia il flop

La gigafactory piemontese delle batterie elettriche per auto Italvolt che dovrà sorgere a Ivrea sui terreni ex Olivetti rischia un gigaflop ancora prima di partire per “mancanza di elettricità”. Dopo annunci, progetti, strategie, piani di intervento ora infatti si scopre che c’è un problema di connessione alla rete elettrica locale.

Insomma, come in casa se si accendono contemporaneamente due elettrodomestici salta la luce, così l’impianto disegnato da Pininfarina – dall’estensione di 300.000 metri quadri, che nei progetti darà lavoro a circa 3.000 persone e  oltre 10mila di indotto e raggiungerà a regime una capacità produttiva fino a 45 GWh all’anno diventando  una delle più grandi fabbriche del suo genere al mondo -, rischia lo stop perché salta il contatore. Detta così sarebbe una assurdità, se non fosse che la notizia è vera.

“L’1% di tutta l’elettricità italiana”

“In quell’area – ha spiegato alla stampa l’imprenditore lappone Lars-Eyvind Carlstrom, a cui fa capo la Italvolt,   – c’è un grande problema che riguarda la connessione alle rete elettrica degli impianti. Una fabbrica come la nostra consuma una quantità enorme di energia, stimiamo fino all’1% di tutta l’energia elettrica disponibile in Italia, per cui l’infrastruttura deve essere all’altezza”.

Tuttavia la connessine alla rete “potrebbe richiedere fino a quattro anni di lavori per essere raggiunta: noi non abbiamo tutto questo tempo perché la produzione, secondo i nostri piani, deve partire nel 2025. Stiamo lavorando per capire se è possibile accelerare i tempi e cosa possiamo fare ma non abbiamo rinnovato l’accordo che ci dava l’esclusiva sul sito”.

La società ha già speso 10 milioni

Che la gigafactory piemontese fosse impantanata, avendo subito diversi rallentamenti, era sotto gli occhi di tutti. Ma c’era chi attribuiva il colpo di freno alla crisi del governo Draghi ed al passaggio di consegne con la premier Meloni. Mentre altri puntano l’indice sui nodi finanziari e i guai con il fisco dell’imprenditore stesso. Ora però arriva anche questa nuova e sconcertante novità. Tutto ciò non vuol dire che il progetto non si farà, anche perché tra vari lavori ingegneristici, perizie e burocrazia, la società ha già speso circa 10 milioni di euro ed il manager assicura che “la nostra volontà resta quella di impegnarci in Italia ma – aggiunge – non possiamo farci cogliere impreparati  nel caso di ulteriori imprevisti”.

Lasciare Ivrea non significherebbe per Italvolt abbandonare il Piemonte, perché, come candidamente ha ammesso lo stesso Carlstrom “il passaggio dal motore a combustione interna ai veicoli elettrici causerà disoccupazione poiché l’Italia è forte nei propulsori endotermici e le aziende licenzieranno molte persone. Questo ci permetterà di avere a  disposizione una forza lavoro qualificata”.

Per ora siamo in mano alla Cina

Ma Italvolt non è sola per quanto riguarda i mega flop. Anche Britischvolt la società gemella  da 3,8 miliardi di euro e 3 mila lavoratori che si sarebbe dovuta costruire nel Nord dell’Inghilterra, a Blyth, in collaborazione con Pininfarina, Siemens, Aston Martin e Lotus non ha trovato capitali ed è finita in amministrazione controllata.

Al momento la produzione di batterie è un affare solo per l’Oriente: in particolare per la Cina, che detiene più della metà del mercato con la sola Catl che copre un terzo del business. Segue poi la Corea del Sud, che arriva a poco più del 25%, mentre al terzo posto del podio si issa il Giappone con un robusto 10%. Al resto del mondo, quindi, non rimane che meno dell’8%. Il dominio di Catl è evidente e sono numerosi i produttori automobilistici che fanno uso delle batterie Catl nelle proprie auto come Tesla, Peugeot, Hyundai, Honda, Bmw, Toyota, Volkswagen e Volvo.

Stellantis investe a Termoli

Per quanto riguarda Stellantis (che sta siglando numersi accordi con produttori terzi), le prime batterie elettriche saranno prodotte in Italia dal 2026 nell’impianto di Termoli. La gigafactory italiana sarà infatti operativa a partire da questa data, impiegherà circa 2.000 persone e produrrà 40 GWh di batterie entro la fine del decennio.

Sino a quel momento dovremo inchinarci alla Cina che avrà comunque una posizione di forza grazie al fatto di possedere gran parte di materie prime e componenti per la produzione di batterie elettriche. Anche per questo cresce il fronte di chi guarda alla decisione Ue di vietare la vendita di veicoli a combustione tradizionale dal 2035 come un regalo al Dragone.

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