Gualtieri chiude Roma alle auto storiche per ridurre l'inquinamento, ma sono lo 0,25% dei veicoli - V&A
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

AutoIn evidenza Lun 06 marzo 2023

Gualtieri chiude Roma alle auto storiche per ridurre l'inquinamento, ma sono lo 0,25% dei veicoli

Il sindaco Gualtieri chiude completamente Roma alle auto d'epoca, che sono solo lo 0,25% dei veicoli circolanti nella Capitale Gualtieri chiude Roma alle auto storiche per ridurre l'inquinamento, ma sono lo 0,25% dei veicoli
Maurizio Cattaneo
di 
Maurizio Cattaneo

Gualtieri chiude Roma alle auto storiche

Il sindaco piddino Gualtieri vieta la circolazione delle auto storiche per frenare l’inquinamento di Roma. Ci sarebbe da ridere se la notizia non fosse vera. E invece l’ordinanza numero 27  parla chiaro: scatta il divieto assoluto di circolazione praticamente in tutto il comune di Roma, nessuna deroga per la serata, i giorni feriali o festivi.

Tra l’altro la nuova fascia verde della capitale  si estende quasi fino al raccordo anulare ed è la più grande d’Europa. Un territorio immenso che adesso non fa distinzione fra le rare auto storiche, certificate a norma di legge, e le normali vetture vecchie.

Decisione “assurda”

Una decisione che viene giudicata “assurda” con i numeri alla mano. Le vetture storiche a Roma sono appena 9.945 (su un totale di oltre 4 milioni di veicoli, quindi  una quota pari allo 0,25% del totale). La questione è ancor più paradossale tenendo presente che le auto d’epoca percorrono in totale nella Capitale  lo 0,014% dei chilometri coperti dai veicoli d’uso quotidiano.

E non sono valsi in questi giorni, quando il  provvedimento era nell’aria, gli appelli dell’Asi, i Registri Nazionali Alfa Romeo, Fiat e Lancia, e tutti gli enti certificatori di veicoli storici previsti dall’Articolo 60 del Codice della strada che chiedevano almeno di  prendere esempio dalla Regione Lombardia, Piemonte, dal Comune di Milano, di Genova, Torino e tanti altri, dove sono attive deroghe per tutelare le auto storiche sono rimasti inascoltati. Nessuna considerazione dunque su quanto avviene nel resto d’Italia in cui non vi sono deroghe assolute alla circolazione, ma disco verde almeno per la sera, per i giorni feriali, festivi e prefestivi.

Ricorso a Mattarella

A questo punto, di fronte al fatto compiuto, le associazioni hanno deciso di presentare un ricorso straordinario al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al fine di ottenere l’annullamento dei decreti e delle delibere decise da Gualtieri.

Per tutti parla Alberto Scuro, presidente dell’Automotoclub storico italiano che richiama al buonsenso: “In Italia circolano oltre 57 milioni di veicoli e di questo quelli ultraventennali sono circa 16 milioni. La percentuale di questi ultimi per cui chiediamo le tutele è del tutto irrilevante, ma per continuare a rappresentare la risorsa culturale ed economica che sono oggi per il nostro Paese devono poter essere tenuti in vita attivando specifiche deroghe inerenti la circolazione”.

Giro d’affari di 2,2 miliardi

E quando Scuto parla di risorsa culturale ed economica fa riferimento ad un settore che in Italia auto storiche genera tra acquisto,  mantenimento e turismo un business di oltre 2,2 miliardi di euro all’anno. Di più: le auto storiche sono ambasciatrici del made in Italy nel mondo.  “Le nostre auto e le moto d’epoca – spiegano all’Asi – non sono semplicemente mezzi di trasporto. Evocano epoche e momenti storici, ed hanno in sé una componente artistica ed estetica che tutto il mondo ci invidia. Basti pensare al successo internazionale riscosso dai nostri grandi designer e dalle loro auto, valutate all’estero come vere e proprie opere d’arte al pari di un Picasso o di un De Chirico, definite “sculture in movimento” e degne di essere esposte al Moma di New York, come nel caso della Cisitalia 202, ma anche della 500 F, altra icona del prodotto Italia”.

Un giro d’affari, dunque, di oltre due miliardi di euro all’anno, generato dalle auto storiche lungo una filiera che parte dall’acquisto, passa per la manutenzione e si articola anche nel turismo diretto e indiretto generato da eventi, gare e raduni che coinvolgono, con un impatto sociale e culturale non trascurabile, una fetta di pubblico che va oltre proprietari e collezionisti. È evidente che agevolare il movimento collezionistico può solo dare benefici all’indotto collegato: officine specializzate, alberghi, ristoranti e attività commerciali in genere, fiere, musei.  Nella classifica sulla distribuzione dei ricavi legati alle auto storiche cinque regioni, ovvero Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Puglia, si aggiudicano il 50% dell’intero giro d’affari, producendo da sole oltre un miliardo di euro.

Ma per capire quanto vale come immagine il settore basti prendere la vetrina principe delle auto d’epoca ovvero la Millemiglia. Se dal 1927 al 1957 la corsa più bella del mondo, come amava definirla Enzo Ferrari, era una competizione da affrontare a tutta velocità lungo il percorso Brescia-Roma-Brescia, oggi è diventata un evento unico al mondo. Il motivo? Le oltre 400 vetture iscritte ogni anni portano su strada un valore di oltre 250 milioni di euro grazie a modelli unici e vere e proprie icone dell’automobilismo su quattro ruote.

Cosa dice la legge

 L’articolo 60 del Codice della Strada distingue i “veicoli d’epoca” e quelli “di interesse storico e collezionistico”.

veicoli d’epoca sono motoveicoli e autoveicoli cancellati dal Pra e destinati alla conservazione in musei o locali pubblici e privati, ai fini della salvaguardia delle loro originarie caratteristiche tecniche. Possono circolare solo in occasione di apposite manifestazioni o raduni autorizzati, con targa provvisoria e autorizzazione speciale rilasciata dalla Motorizzazione.

I veicoli d’interesse storico e collezionistico, invece, sono mezzi costruiti da oltre 20 anni, di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: Asi, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo, Storico Fmi. Possono circolare purché posseggano i requisiti previsti per questo tipo di veicoli, determinati dal regolamento del CdS.

Come essere iscritto ai Registri storici

Per richiedere l’iscrizione del  veicolo ai Registri storici l’auto deve essere costruita da almeno trent’anni (si considera l’anno di costruzione coincidente con l’anno di prima immatricolazione in Italia o in un altro Stato, a meno che non ci siano prove contrarie) ed avere le parti originali. L’auto non deve venire utilizzata a scopi professionali o nell’esercizio di attività di impresa, arti o professioni. Non basta però che siano passati trent’anni perché l’auto sia definita d’epoca: c’è una lista ufficiale con 340 modelli che rientrano nella categoria. Non solo: occorre essere in possesso di  tutti i dati del veicolo in questione con tutte le specifiche tecniche e storiche, convalidate da una dichiarazione da parte di una delle officine selezionate dai registri per il rilascio del certificato stesso.

Ciò fa capire perché il parco auto sia composto da numeri così esigui. E quanto i collezionisti tengano maniacalmente ai propri gioielli. Da ora, invece, le vetture storiche a Roma sono classificate al pari dei rottami, come degli autoveicoli benzina fino a Euro 2 o a gasolio fino a Euro 3. Insomma, nessuna considerazione per le auto che hanno fatto la dolce vita in Via Veneto, sono state protagoniste di film  o semplicemente sono rimaste nel cuore del Paese come le piccole e amatissime 500.

[email protected]

Condividi articolo