Carlstrom (Italvolt): "Costruiremo la gigafactory ma non a Scarmagno" - V&A
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AutoIn evidenza Ven 17 febbraio 2023

Italvolt, parla Carlstrom: "Costruiremo la gigafactory ma non a Scarmagno. Auto elettrica nel 2035 un errore"

Lars Carlstrom, patron di Italvolt, a Verità&Affari: "A Scarmagno troppi problemi per la gigafactory, ma abbiamo dei piani alternativi". Italvolt, parla Carlstrom: "Costruiremo la gigafactory ma non a Scarmagno. Auto elettrica nel 2035 un errore"
Alberto Mapelli
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Alberto Mapelli

Italvolt, la gigafactory non si farà a Scarmagno

La gigafactory di Italvolt non sorgerà a Scarmagno, alle porte di Ivrea. “È difficilissimo che il progetto possa essere realizzato lì: le analisi condotte hanno evidenziato la necessità di sostenere costi molto elevati per implementare dei requisiti ambientali che rendano lo stabilimento conforme alle necessità di una gigafactory. Questo aspetto, insieme ai problemi alla rete elettrica, sono troppo importanti per essere risolti in breve tempo”, ci spiega Lars Carlstrom, l’imprenditore svedese alle spalle di Italvolt. Ma l’investimento da 3,5 miliardi di euro per far nascere una gigafactory italiana, creando fino a 2.500 posti di lavoro diretti, viene confermato a Verità&Affari dallo stesso Carlstrom in un’intervista a 360 gradi sul futuro del mercato dell’auto. A partire dal ban delle auto a motore endotermico dal 2035 imposto dall’Unione europea.

La timeline fissata dal Parlamento europeo è realistica?

“È una strategia ambiziosa, ma molto difficile da attuare. Per com’è la situazione attuale, l’Europa sta mettendo in serio pericolo la sua industria dell’automotive. Sappiamo che la transizione all’elettrico costerà all’Ue circa 500 mila posti di lavoro. Situazione che potrebbe peggiorare se Bruxelles non supporterà la costruzione delle gigafactory e la relativa catena logistica in modo rapido; in assenza di questo sostegno, questi posti di lavoro si perderebbero definitivamente in favore della Cina. La deadline fissata al 2035 è molto sfidante”.

L’Europa sta facendo abbastanza per supportare la transizione all’auto elettrica?

“Non sta facendo a sufficienza. C’è la volontà di fare di più ed è una buona notizia, ma per farcela bisogna ridurre di molto la burocrazia che rallenta la costruzione delle gigafactory, lavorare per sostenere la creazione di una catena di approvvigionamento locale, prevedere agevolazioni fiscali e sovvenzioni. Un esempio è rappresentato dall’Ira negli Stati Uniti. È un problema che affligge non solo l’Italia, ma tutta l’Europa. L’Ue deve capire quali sono i progetti di gigafactory validi e affidabili su cui puntare e sostenerli in modo significativo, anche dal punto di vista finanziario”.

Quali sono i rischi se l’Ue deciderà di imporre la transizione all’elettrico dal 2035?

“In Europa non mancano solo le gigafactory. Siamo sostanzialmente sforniti sia della supply chain sia delle infrastrutture necessarie alla produzione di auto elettriche. È una transizione molto complessa che richiede tempo, anche avendo a disposizione fondi ingenti. Bisogna anche tenere in considerazione che siamo in competizione con la Cina, dove lavorano da anni in quest’ottica e partono con grandi vantaggi. Per fare un esempio: in Europa la ricerca e l’estrazione di metalli rari necessari per le auto elettriche è praticamente nulla ed è estremamente complicato e macchinoso metterla in moto. Ci sono tante limitazioni che a Pechino non vengono poste. Il rischio è che l’Europa e le sue case automobilistiche non riescano a essere indipendenti. Per questo, nonostante la soddisfazione per l’attenzione, i fondi e le agevolazioni che si vogliono dedicare alla transizione all’elettrico, sono molto preoccupato per la timeline imposta”.

Secondo lei quale sarebbe una data realistica a cui spostare il ban dei motori endotermici?

“Credo che spostarlo al 2045, dando vent’anni all’Europa e al mercato dell’automotive europeo per adattarsi, semplificherebbe la transizione. Voglio essere chiaro: la transizione all’auto elettrica a batteria è un’opportunità magnifica, dobbiamo solo darci il tempo per attuarla nel modo corretto”.

Ritiene che l’Italia si stia preparando in modo adeguato alla transizione all’elettrico?

“Dobbiamo ancora capire quale sarà l’approccio del nuovo governo alla materia. Le gigafactory sono il vettore che guiderà la transizione in questa green economy e la crescita economica delle aree dove sorgeranno. Ritengo che l’Italia abbia tutte le carte in regola per ritagliarsi un ruolo da protagonista nel nuovo mercato. Ci sono lavoratori specializzati ed eccellenze nel settore dell’automotive che possono essere valorizzate. Possiamo fare grandi cose in Italia”.

Come Italvolt vi siete confrontati con il nuovo governo riguardo la gigafactory che volete costruire in Italia? Ci sono possibilità di ottenere fondi pubblici per realizzare il progetto?

“Negli ultimi due anni abbiamo avuto un dialogo costante con le istituzioni, sia a livello nazionale sia a livello locale, per aggiornarli sulle nostre intenzioni. Abbiamo avuto contatti anche con i tecnici dei ministeri dall’insediamento del nuovo governo. Sono sicuro che se dimostreremo di avere una solida posizione finanziaria per investire in Italia l’esecutivo sarà felice di supportare un progetto in grado di creare ricchezza e posti di lavoro in un settore strategico. Sono fiducioso di poter collaborare positivamente con il governo Meloni”.

Nelle scorse settimane sono emersi problemi con il terreno prescelto a Scarmagno, tanto da mettere a rischio la realizzazione della gigafactory di Italvolt sull’area dell’ex Olivetti. L’ipotesi è tramontata?

“Su Scarmagno, oltre al tema di sostenere i costi di implementazione dei requisiti ambientali necessari, gli studi effettuati per la realizzazione del piano industriale hanno evidenziato un notevole disallineamento tra la disponibilità di energia per soddisfare la capacità produttiva del sito e l’ampliamento previsto a breve/medio termine delle attività. Per questo, Italvolt sta valutando altre soluzioni e le cose procedono a ritmo spedito. Ribadisco che la nostra missione è costruire una gigafactory in Italia e spero di poter fare un annuncio nelle prossime settimane. Vogliamo accelerare”.

Realisticamente quando potrete iniziare a produrre?

“Prevediamo di avviare la produzione nel 2025. In ogni caso la nostra intenzione è di non andare oltre la fine di quell’anno”.

Ha parlato anche di soggetti interessati a investire in Italvolt. Può dirci qualcosa in più?

“Ci sono tre potenziali partner con cui stiamo discutendo. Uno è un importante fondo previdenziale, mentre gli altri due sono dei partner industriali. I contatti sono costanti ma non posso dire di più per il momento. Spero di poter entrare nel dettaglio tra non molto tempo”.

In Italia e in Inghilterra si è parlato molto di una condanna per evasione fiscale. Vuole chiarire cos’è successo?

“La condanna fiscale si riferisce ad una errata dichiarazione Iva, frutto di un superamento accidentale dei termini di scadenza da parte dei contabili incaricati di occuparsi delle pratiche. È deplorevole e frustrante, ma tutte le multe necessarie sono state pagate, svolgendo inoltre 60 ore di servizio civile. Ho ricevuto un consiglio sbagliato e corretto la situazione alla prima occasione utile. Il ritardo – andando a memoria – era di uno o due mesi, questo è tutto. Sostengo fermamente non ci sia mai stato alcun illecito intenzionale”.

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