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AperturaAuto Ven 03 marzo 2023

Voto europeo sull'auto green verso un nuovo slittamento: l'Italia è ancora indietro sulle colonnine

Gli ambasciatori Ue devono ratificare lo stop alla vendita di auto diesel e benzina dal 2035. Italia ancora indietro sulle colonnine Voto europeo sull'auto green verso un nuovo slittamento: l'Italia è ancora indietro sulle colonnine
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Auto green, verso un nuovo slittamento del voto degli ambasciatori

Non sarà nemmeno oggi, salvo sorprese dell’ultimo minuto, il D-Day per l’auto elettrica in Europa. Gli ambasciatori degli Stati membri avrebbero dovuto votare  sulla decisione presa dal Parlamento europeo sul divieto di vendita delle auto diesel e benzina dal 2035. Ma dalle indiscrezioni appare sempre più probabile un nuovo slittamento del voto sull’auto green.

La votazione in realtà era prevista per mercoledì scorso, ma l’altolà a sorpresa della Germania (che segue quello di Italia, Polonia e Bulgaria) ha rimesso in discussione l’intero provvedimento. I regolamenti comunitari, infatti, prevedono che di fronte al “no” di quattro Paesi con una percentuale significativa di popolazione, si crei una “minoranza di blocco” in grado di stoppare la norma. E i due giorni extra non avrebbero convinto Berlino a votare a favore della decisione presa dal Parlamento europeo.

La Germania, come d’altra parte l’Italia, non contesta la strategia verso un’auto a zero emissioni, ma modi e tempi di realizzazione del piano. Chi chiede un ripensamento sulla marcia a tappe forzate verso l’elettrico pone, (oltre al prezzo dell’auto elettrica ed alle ricadute economiche e sociali su lavoro e consumi) anche  il problema della scarsità delle centraline di ricarica. Proprio su quest’ultimo punto Verità&Affari ha voluto fare il punto sulla situazione in Italia. Ne emerge, dietro un’immagine positiva di facciata, un quadro che nasconde invece più di una criticità.

Centraline, quando i dati sono a corrente alternata

“Italia sul podio europeo per l’installazione di nuove centraline per il rifornimento delle auto elettriche”. La notizia, strombazzata in questi giorni dai media pro-green, nasconde una bufala. O meglio, i dati, diffusi sono veri, ma senza un reale confronto con gli altri Paesi, creano illusioni che sono l’esatto opposto della realtà. Ma andiamo con ordine. Secondo le ultime rilevazioni, in Italia ad oggi ci sono 36.772 punti di ricarica e 19.334 infrastrutture (stazioni o colonnine) in 14.048 punti pubblici.

Rispetto allo stesso periodo del 2021 l’incremento è stato di 10.748 punti di ricarica, pari al +41% ed addirittura +245% rispetto a settembre 2019. Il tutto per i 170mila veicoli Bev circolanti. Percentuali che disegnerebbero dunque un Paese convintamente lanciato verso un futuro elettrico, primo per dinamismo nell’Ue. In realtà il Belpaese resta in ritardo  rispetto all’ Europa. Non solo per il numero complessivo, ma anche per dislocazione. Le colonnine installate sono quasi tutte nelle regioni del Nord più il Lazio e la stragrande maggioranza di queste è posta nelle grandi città. In sostanza, se ci si sposta sotto Roma fare il pieno diventa un terno al lotto.

Confronto impietoso con l’Ue

Per capire la reale situazione del nostro Paese partiamo dal numero di colonnine di ricarica in Europa aggiornato a tutto il 2022. Il totale sfiora quota 480mila: ma  il 42% delle infrastrutture è concentrato in soli due Paesi, Paesi Bassi e Germania, che come estensione coprono meno del 10% del territorio dell’Unione Europea. La distribuzione, sia detto con un eufemismo,  è dunque parecchio disomogenea, con alcuni Stati che sono molto avanti e altri decisamente in ritardo, alcuni quasi a zero. Un esempio? I Paesi Bassi hanno un numero di colonnine di ricarica 70 volte superiore alla Romania, nonostante quest’ultima sia 7 volte più estesa.

E l’Italia? Qui andiamo al nocciolo del problema. Il nostro Paese ha meno della metà dei punti di ricarica di Francia e Germania, ma avendo meno auto elettriche in circolazione rispetto a questi due Paesi può paradossalmente vantare un miglior rapporto auto/colonnina: 9,7 (cioè per ogni 9,7 vetture c’è una colonnina) contro 13 della Francia e 22 della Germania. Non solo, partendo da un dato più basso, anche la percentuale di nuove colonnine installate risulta superiore ai colossi dell’elettrico. E così il + 245% rispetto a dodici mesi precedenti esce fuori solo per il basso numero di impianti che erano già in funzione.

Ma ecco la situazione dei punti di ricarica pubblici nei 27 Stati comunitari aggiornata a tutto il 2022:

  • Paesi Bassi: 111.821
  • Germania: 87.674
  • Francia: 83.317
  • Italia: 37.186
  • Spagna: 34.380
  • Svezia: 25.465
  • Belgio: 24.159
  • Austria: 22.874
  • Danimarca:11.055
  • Portogallo: 7.716
  • Finlandia: 6.121
  • Repubblica Ceca: 3.962
  • Polonia: 3.842
  • Ungheria: 3.622
  • Slovacchia: 2.713
  • Irlanda: 2.535
  • Lussemburgo: 2.387
  • Slovenia: 1.893
  • Romania: 1.658
  • Croazia: 1.285
  • Bulgaria: 1.091
  • Grecia: 1.021
  • Lettonia: 660
  • Lituania: 477
  • Estonia: 300
  • Cipro: 69
  • Malta: 13

Mezza Italia poco elettrica

C’è poi il problema della dislocazione dei punti di rifornimento. In Italia attualmente ci sono 36.772 punti di ricarica e 19.334 infrastrutture (stazioni o colonnine).  Le infrastrutture sono collocate per il 72% su suolo pubblico, mentre per il restante 28% su suolo privato ad uso pubblico (ad esempio supermercati o centri commerciali).

Il 58% circa dei punti di ricarica si trovano nel Nord Italia, il 22% circa nel Centro mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. La Lombardia con 5.971 punti è la regione italiana con più colonnine di ricarica e da sola possiede il 16% di tutti i punti. Seguono nell’ordine Piemonte e Veneto (con l’11% a testa), Lazio ed Emilia-Romagna (con il 10% a testa) e infine la Toscana (8%). Le sei Regioni complessivamente coprono il 66% del totale dei punti in Italia e continuano a crescere. E dunque c’è chi la centalina di ricarica la vede col cannocchiale.

Detto questo va poi sottolineato che  circa il 19% delle infrastrutture installate risulta attualmente non utilizzabile dagli utenti finali, in quanto finora non è stato possibile finalizzare il collegamento alla rete elettrica da parte del distributore di energia o per altre motivazioni autorizzative .

In autostrada

Entro fine 2023 ci saranno 100 nuove stazioni dotate di colonnine di ricarica per veicoli elettrici sulle autostrade italiane. Lo ha recentemente affermato Roberto Tomasi, amministratore delegato di Aspi (Autostrade per l’Italia), sentito in audizione dalle commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera, dove ha presentato il piano di investimenti per 21,5 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, 7 dei quali destinati alla manutenzione della rete. Più in dettaglio, entro fine 2022 saranno pronte 50 aree di servizio con punti di ricarica fast-charge, in grado di rifornire una vettura in 15-20 minuti, in base al tipo di batteria. Le altre 50 stazioni dovrebbero essere completate a giugno 2023.

Va ricordato però che la legge di Bilancio 2021 prevedeva il completamento delle installazioni delle colonnine autostradali entro giugno 2021. Mentre dagli ultimi dati di Motus-E (che raggruppa gli addetti ai lavori dell’auto elettrica) è emerso che il nostro Paese è in forte ritardo sulle infrastrutture di ricarica anche sulla rete autostradale dove  al momento si contano soltanto 1,2 punti di rifornimento veloce ogni 100 chilometri.

Fondi disincagliati

Positiva è comunque la notizia che si è finalmente sbloccata la questione degli incentivi per le colonnine di ricarica privati. Il Dpcm 4 agosto 2022 aveva introdotto anche un bonus per installare colonnine elettriche nelle case private e nei condomini, con sconti fino all’80% sulla spesa prevista. Gli incentivi potevano contare su un fondo di 40 milioni di euro e sarebbero dovuti partire lo scorso ottobre, con scadenza 31 dicembre 2022. Tuttavia la misura non è mai diventata operativa, mancando il necessario decreto attuativo, e rischiando seriamente la cancellazione. Il Governo ha però rimediato in extremis estendendo gli sconti al 2023 e al 2024. In pratica gli incentivi potranno richiedersi fino al 31 dicembre 2023 per la prima annualità e poi fino al 31 dicembre 2024 per la seconda annualità, salvo  esaurimento dei fondi disponibili.  L’iter prevede adesso, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto Milleproroghe, l’emanazione del solito decreto attuativo che si spera possa veder luce entro poche settimane. Poi potranno finalmente partire le richieste.

Proprio la mancanza di una sufficiente rete di postazioni di ricarica (oltre al prezzo delle auto) sta frenando l’acquisto delle auto elettriche in Italia. Nel periodo tra ottobre e dicembre in Italia le ammatricolazioni di auto totalmente green sono calate del 34,2% mentre nei Paesi Ue sono cresciute del 31,6%. Una tendenza negativa che si è registrata anche a gennaio con la quota di auto elettriche vendute che è scesa sotto la soglia del 3%.

Un gap, quello delle centraline di ricarica, che non ha impedito al Parlamento europeo, di ribadire la linea dura verso il green. Almeno sino a mercoledì scorso, quando il nein di Berlino ha rimescolato le carte. Difficile, secondo gli osservatori, che si arrivi davvero ad uno strappo ma  quella che doveva essere una semplice ratifica di una norma già assunta, si sta trasformando in una complessa trattativa che vede schierati su fronti opposti, singoli Paesi e raggruppamenti politici. E la girandola di incontri di queste ore fa capire che siamo di fronte a ben più di una fronda.

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