Stellantis va all'estero. L'Italia sta perdendo la sfida gigafactory
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ApprofondimentiAuto Sab 03 giugno 2023

Stellantis in Francia, Germania e Usa: perché l'Italia sta perdendo la sfida delle gigafactory

Dopo l'inaugurazione della prima gigafactory europea per batterie di auto green, si discute sul ruolo della Casa ex-Fiat a Termoli Stellantis in Francia, Germania e Usa: perché l'Italia sta perdendo la sfida delle gigafactory 3SUN GIGAFACTORY ENEL CATANIA
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Stellantis in Francia, Germania e Usa: perché l’Italia sta perdendo la sfida delle gigafactory

Pochi giorni fa l’inaugurazione della prima gigafactory europea nel nord della Francia in collaborazione con Total e Mercedes. Poi la conferma che se ne realizzerà una nel 2025, sempre con la Casa della Stella, anche in Germania a Kaiserslautern. E ancora l’idea di un terzo mega impianto di batterie elettriche in Nord America dopo quelli in Canada e Indiana (Usa).

Stellantis sta giocando in attacco la partita sull’auto green che vede, proprio nella produzione di accumulatori, uno dei nodi cruciali per la sopravvivenza dell’industria europea dell’auto messa all’angolo dallo strapotere delle Case cinesi. Mosse che equivalgono alla salvezza di decine di  migliaia  di posti di lavoro che rischiano di essere spazzati via dalla rivoluzione dell’elettrico. Una partita che però vede il nostro Paese in posizione sempre più di retroguardia, con tutto ciò che ne consegue.

Di chi è la colpa se l’Italia è in ritardo

Inevitabile dunque, domandarsi quale sia l’origine dei ritardi italiani, all’indomani delle dichiarazioni  del presidente Macron  e di John Elkan a Billy-Berclau Douvrin (non lontano dalle città di Lille) per il taglio del nastro della gigafactory franco-italo-tedesca (che di italiano ha ben poco) . Perché, ci si chiede,  il gruppo Stellantis con l’anima anche tricolore di Fiat ha privilegiato spingere sull’acceleratore Oltralpe invece che mettere tra le priorità la riconversione dello stabilimento di Termoli? Per quale motivo il grande impianto transalpino è già operativo mentre a Campobasso, sito deputato per la gigafactory italiana,  ancora si discute in attesa del 2026?

Che Stellantis sia ormai a “trazione francese” e l’Italia non risulti al primo posto tra le priorità del Ceo Carlos Tavares è più di un sospetto. Ma nel caso delle gigafactory, secondo molti analisti, siamo di fronte quantomeno ad un concorso di colpa. Spieghiamo meglio. I grandi gruppi, alle prese con la guerra della globalizzazione, fanno investimenti laddove trovano le condizioni migliori. La difesa  dell’industria nazionale  passa attravreso un progetto di politica industriale di lungo respiro che permetta alle aziende di crescere.

Lo Stato francese in aiuto

Non è un caso che la stampa francese abbia sottolineato come la gigafabbrica (che prevede investimenti per 7 miliardi di euro) sia stata realizzata grazie  alla “caparbia volontà del presidente Macron”. Tradotto in soldoni significa contributo dello Stato francese e tedesco: si parla di 2.8 miliardi di fondi pubblici.   Ebbene, in Italia, in questi ultimi anni, che hanno fatto in proposito i vari governi dei tecnici, dei professori e di Draghi?

Di più: l’ultimo step per la realizzazione della gigafactory c’è stato lo scorso autunno quando Acc (Stellantis, mercedes, Total) e  sigle sindacali hanno raggiunto l’accordo sull’attivazione della “Rupture conventionnelle collective”, una procedura prevista dalle normative transalpine per regolare programmi di riorganizzazione della forza lavoro e incoraggiare la partecipazione, su base volontaria, dei lavoratori a progetti di riqualificazione e ricollocamento. L’intesa, tra le prime del genere all’interno del settore automobilistico europeo, ha permesso il colpo di acceleratore. Succederebbe lo stesso in Italia?

La ricetta Usa

A dare fiato alle strategie del gruppo Stellantis negli Usa  è l’Inflation Reduction Act , il grande piano di transizione green voluto da Biden che premia il “made in Usa” con incentivi a produzione e acquisti di auto elettriche assemblate negli Stati Uniti e che montano batterie realizzate con minerali estratti Oltreoceano o in Paesi che hanno accordi di libero scambio con Washington.  Tavares ha recentemente confermato che la legge crea condizioni di investimento “molto favorevoli” negli States.

Le gigafactory italiane

La gigafactory  francese dovrebbe raggiungere una capacità di 24 GWh tra il 2028 e il 2030 per 800mila unità di propulsori elettrici e impiegare tra 1.400 e duemila persone entro la fine del decennio. Un raddoppio occupazionale e un forte posizionamento strategico per industria ed indotto francese. E Termoli? Riguardo alla gigafabbrica tricolore, dopo il nulla osta della Ue sugli aiuti di Stato (è previsto un co-finanziamento del governo per 600 milioni grazie al Pnrr) occorrerà superare gli scogli sindacali legati al numero degli addetti dopo la riconversione.

Dubbi sindacali a parte, quello di Termoli al momento  resta un progetto concreto. Gli altri due in via di realizzazione, infatti, sono andati arenandosi. Silk-Faw non solo ha perso i fondi della Regione Emilia Romagna, ma è sotto tiro da parte della Guardia di Finanza. E sul binario morto è anche la gigafactory piemontese di Italvolt.

E’ stata annunciata infine  la realizzazione di un mega impianto per la produzione di batterie per auto elettriche in Veneto grazie ad una joint venture siglata tra Energy, società di sistemi integrati di accumulo di energia, e Pylontech Eu, controllata al 100% da Pylon Technologies (quotata alla Borsa di Shanghai) e primo costruttore al mondo di batterie al litio. Mentre si discute, insomma, la Cina sbarca in Italia.

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