Urso, il tabu' Draghi sui bonus e il pasticcio Ue su auto elettrica
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Auto/Apertura
AperturaAuto Lun 10 aprile 2023

Urso, il tabu' Draghi sugli incentivi green e il grande pasticcio Ue dell'auto elettrica

Il ministro Urso rompe il tabù di Draghi e pensa di dirottare gli incentivi per le auto green sulle auto a motore endotermico Urso, il tabu' Draghi sugli incentivi green e il grande pasticcio Ue dell'auto elettrica ADOLFO URSO MINISTRO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY
Maurizio Cattaneo
di 
Maurizio Cattaneo

Nell’uovo di Pasqua ci potrebbe essere la sorpresa

Si tratta di incentivi maggiori per chi intende cambiare l’auto. Il ministro Adolfo Urso pochi giorni fa ha infatti aperto all’ipotesi di dirottare i fondi stanziati dal governo per l’auto elettrica (chiesti solo per l’ 8% del totale), in favore di veicoli a motore endotermico.  Ed il governo sembra stia lavorando in proposito tanto che,  passate le feste, è probabile si arrivi alla decisione.

D’altra parte a tre mesi dall’avvio della nuova tranche di incentivi-auto, mentre la quota stanziata per modelli a benzina e diesel è andata esaurita, per la parte riservata alle auto green non vi è stata praticamente richiesta. Nella logica dello svecchiamento del parco auto dirottare i fondi dal green all’endotermico sarebbe opera di buonsenso. Una ipotesi, mai considerata da Draghi, e che invece  il ministro del governo Meloni giudica praticabile.

Ma quella sull’auto elettrica, tanto cara ai burocrati di Bruxelles quanto poco amata dagli automobilisti italiani, è una di quelle partite che mostra quanto le lobby ambientaliste siano lontane dalle esigenze dei cittadini e delle industriei.  Tra altolà, chiusure, smentite e trattative sotterranee l’unica cosa certa è il divieto di vendita di auto diesel e benzina dal 2035 con il passaggio all’elettrico e agli e-fuel. Resta in sospeso la questione dei biocarburanti, cara all’Italia. Se ne riparlerà nel 2026, primo step previsto dalla Commissione europea per fare il punto sulla transizione al green e decidere eventuali aggiustamenti.

Diesel euro 7

Di più: sul tappeto, in attesa di arrivare alla fatidica data del 2035, c’è anche la proposta di una Unione europea sempre più in confusione, di rendere obbligatoria per il diesel la tecnologia euro 7 proprio dal 2026. Una costosissima assurdità che rischia di procurare gravi danni all’industria automobilistica europea. Mentre, infatti, le case stanno già massicciamente investendo nel passaggio epocale all’auto elettrica, sarebbero obbligate anche a spendere ingenti risorse per una tecnologia, quella euro 7, destinata comunque ad essere dismessa nel giro di pochi anni.

Come si è giunti a questa situazione

Il regolamento che sancisce lo stop alla vendita di auto diesel e benzina dal 2035 era in gestazione da vari anni. E tutto, sino allo scorso febbraio,  sembrava giocare a favore della lobby green che a Bruxelles fa il bello ed il cattivo tempo. Mancava solo l’ultima ratifica da parte degli ambasciatori e i l’intero parco endotermico sarebbe stato da rottamare a favore della sola auto elettrica.

Alla vigilia dell’approvazione ecco però il colpo di scena: l’Italia annuncia infatti parere contrario. Seguita da Polonia, Bulgaria e Germania. Proprio il “no” tedesco contribuiva a formare quella “minoranza di blocco” in grado di affossare la legge. Da lì la partenza di una complicata trattativa con la vittoria tedesca: anche gli e-fuel diventavano tecnologia consentita dopo il 2035. Chi è rimasto col cerino in mano è  l’Italia, la prima ad opporsi al diktat elettrico, che chiedeva il via libera anche per i biocarburanti.

Battaglia persa? Non proprio. Perché anche in questo caso Bruxelles mostra di viaggiare in ordine sparso. Dopo il niet della Commissione, ad aprire uno spiraglio sono arrivate le dichiarazioni della commissaria Ue all’Energia Kadri Simson.  “Sì certo, i biocarburanti sono un argomento che verrà trattato – ha detto la Simson – Noi sosteniamo le iniziative a riguardo, è mia responsabilità sostenere i produttori, il supporto c’è ed è forte”. Dichiarazioni commentate positivamente dal ministro all’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin ma subito smentite dalla Commissione stessa.

I dati del flop elettrico

Mentre l’Italia attende di capire cosa partoriranno le peregrine logiche comunitarie un dato è incontrovertibile: agli italiani l’auto elettrica non piace: a fronte di un mercato dell’auto  in forte crescita nel primi tre mesi dell’anno (+40%) il comparto del green ha solo emesso un vagito crescendo di poche decimali dopo mesi di costante declino. La quota dell’elettrico oggi  in Italia supera di poco il 3% del totale. I motivi? Intanto le auto elettriche, come ha detto il ministro Pichetto sono “roba da ricchi” visto che un modello green costa il 30% in più di quello tradizionale. E poi mancano le centraline di ricarica: l’Italia è fanalino di coda in Europa.

Un risultato poco “green”

Quali gli effetti della rivoluzione green a tappe forzate? Da un lato il rischio è ottenere il paradosso di aumentare l’inquinamento. E’ ipotizzabile che dal 2035, visti gli alti costi dell’auto elettrica ed il divieto di vendita di modelli endotermici, gli automobilisti sceglieranno di non cambiare l’auto e tenersi la vecchia. Si otterrà dunque l’effetto “Cuba” con un parco auto sempre più obsoleto ed inquinante.

Ma gli effetti del green ad ogni costo si avranno in generale sull’industria europea dell’auto. Le materie prime per produrre le batterie e i microchip per l’elettronica delle vetture sono infatti un quasi monopolio della Cina. Il Dragone si troverà dunque in posizione dominate e pronto ad invadere il Vecchio Continente (lo sta sta già facendo) con modelli elettrici a basso costo. E ciò significherà un forte ridimensionamento delle case aeurope. Aziende i sindacati hanno già lanciato l’allarme prevedendo, solo in Italia, la sparizione di oltre 200 mila posti di lavoro.

 

 
Condividi articolo