L’Europa si sta preparando ad uno scenario da economia di guerra
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ClamorosoPrimo piano Dom 04 settembre 2022

L'Ue pronta a diktat alle imprese di ogni paese per un'economia di guerra

Arriva una direttiva che impone alle imprese di produrre beni diversi. Così L’Europa si sta preparando ad uno scenario da economia di guerra L'Ue pronta a diktat alle imprese di ogni paese per un'economia di guerra Thierry Breton
Alessandro Giorgiutti
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Alessandro Giorgiutti

Nato a Udine nel 1978, ha lavorato vari anni a Libero con una breve parentesi al Giornale.

L’Europa si sta preparando ad uno scenario da economia di guerra nel quale le autorità comunitarie potranno decidere che cosa le aziende dovranno produrre. La Commissione europea presenterà a metà mese la proposta di uno “strumento di emergenza per il mercato interno” che amplierebbe notevolmente i suoi poteri sugli Stati ma anche sul comparto privato in caso di emergenza.

URSULA VON DER LEYEN

Secondo questo piano, che dovrà passare al vaglio dell’Europarlamento e del Consiglio dei ministri della Ue, Bruxelles potrebbe ordinare ai paesi membri dell’Unione di costituire riserve strategiche di un determinato bene e si riserverebbe il diritto di decidere come distribuirle. Inoltre, la Commissione interverrebbe direttamente nella vita delle aziende, imponendo certe produzioni che avrebbero la priorità su qualsiasi altro ordine.

PROCEDURA PER GRADI

Il documento, al quale sta lavorando il commissario per il mercato interno, il francese Thierry Breton, e del quale il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha anticipato i punti principali, prende le mosse dall’esperienza della pandemia, quando l’Europa si trovò in grande difficoltà nell’approvvigionarsi, di volta in volta, di mascherine, medicinali, vaccini. La guerra in Ucraina ha rafforzato la convinzione che sia necessario disporre di strumenti eccezionali per far fronte alla possibile scarsità di beni e servizi chiave. La legge europea sui semiconduttori, che è precedente all’invasione russa dell’Ucraina, andava già in questa direzione.

PRODUZIONE DI MASCHERINE IN ITALIA

Nei fatti, la Commissione immagina una procedura in più fasi, che dalla “normalità” passi alla “crisi acuta” attraverso tappe intermedie. In tempi normali, la Commissione si limiterebbe a monitorare i casi in cui è possibile che si verifichino strozzature nei canali dell’offerta. Su raccomandazione di un organo consultivo che comprenderebbe anche rappresentanti degli Stati membri, Bruxelles potrebbe poi dichiarare la modalità di “vigilanza”. In questa situazione, la Commissione potrebbe richiedere alle aziende informazioni sull’organizzazione del lavoro e altri dati, nonché ordinare ai paesi la costituzione di riserve strategiche di un bene considerato a rischio.

PARLAMENTO EUROPEO

In modalità “crisi acuta”, infine, Bruxelles raccomanderebbe ai 27 membri come distribuire tra di loro le riserve accumulate da ciascuno. L’obiettivo sarebbe quello di evitare il “ciascun per sé”, come quando, a inizio pandemia, alcuni Stati vietarono l’esportazione di mascherine ai paesi vicini. Ma non basta. Bruxelles chiede il potere di riorganizzare le catene di approvvigionamento e la produzione. Vorrebbe poter prescrivere la costruzione di nuovi impianti e imporre alle aziende che cosa produrre. Le sue richieste avrebbero la priorità su altri ordini: i contratti già firmati dalle aziende con clienti e fornitori passerebbero in secondo piano.

L’ESPERTO: NON CON DIRIGISMO

Un’ingerenza profonda nella libertà d’impresa, che la Commissione condiziona al rispetto di alcuni criteri (le aziende non dovranno subire un danno economico, la situazione dovrà essere abbastanza grave da giustificare l’eccezionalità della misura) ma che ritiene necessaria. Lo è davvero? Secondo Gianclaudio Torlizzi, esperto di materie prime e fondatore della società di consulenza T- Commodity, lo è, anche se sarebbe preferibile che la Commissione, «che finora non si è dimostrata all’altezza delle sfide», si limitasse a formulare delle linee guida, lasciando poi l’attuazione dei piani di emergenza agli Stati nazionali.

GIANCLAUDIO TORLIZZI

«Non mi scandalizza quel documento. Dazi, controllo dei capitali, e una maggiore presenza dello Stato nell’economia saranno le nuove linee guida per la politica del futuro. Il vecchio modello economico occidentale non funziona più, perché non possiamo far più affidamento su due cardini che hanno garantito lo sviluppo negli ultimi anni, cioè il gas russo a basso costo e i semi- conduttori asiatici a basso costo. In questo scenario di spaccatura delle supply chains, l’Europa dovrà adottare politiche per attirare capitali esteri in grado di finanziare investimenti in capacità produttiva».

PARADIGMA ROVESCIATO

Proprio per questo, secondo Torlizzi, le banche centrali si stanno preparando ad alzare i tassi d’interesse a livelli più alti di quelli che attualmente il mercato sta scontando. «Il paradigma degli ultimi trent’anni sarà rovesciato: dal binomio tassi d’interesse bassi e austerità fiscale, si passerà a una politica monetaria restrittiva e, auspicabilmente, a una politica fiscale espansiva». Rimane tuttavia la dipendenza del vecchio continente dai paesi produttori di materie prime. «Vinceremo questa guerra se saremo capaci di cooptare nella nostra zona di influenza un buon numero di questi paesi, penso specialmente al Nord Africa. E comunque anche in Europa le materie prime non mancano, ma per sfruttarle bisognerebbe rinunciare all’ipocrisia green che pretende energia a basso costo ma non vuole le miniere sotto casa».

Alessandro Giorgiutti

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