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Commento Mar 21 febbraio 2023

Per eliminare le disuguaglianze servono leggi liberali

La povertà non si elimina attraverso un decreto. Bisogna togliere buona parte dei paletti che limitano la libertà di inizziativa Per eliminare le disuguaglianze servono leggi liberali POVERTA CLOCHARD SENZATETTO POVERO POVERI HOMELESS ABBANDONO
Riccardo Riccardi
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Riccardo Riccardi

La polemica sulle disuguaglianze

Più per polemica che per la ricerca di soluzioni il tema delle disuguaglianze è all’ordine del giorno. Tante nel mondo, molte in Italia e in aumento. Perché? Il nostro Paese è stato caratterizzato negli anni dalla classe media borghese che viveva decorosamente. Decoro mantenuto con dignità anche con pochi soldi. A fatica si legava il pranzo con la cena. Guerra persa. Fine del regime fascista, nel quale si riconosceva la maggioranza degli italiani, non tanto per questioni ideologiche quanto per l’ordine. Purtroppo con le leggi raziali (l’Italia non è razzista!) cambiò tutto. Le truppe di occupazione, in specie americane introdussero un diverso modo di vivere e di agire. Più dinamico. Cominciarono le trasmigrazioni dal sud al nord e fuori dai confini. Soprattutto nelle Americhe. Aumentò il benessere. I lavoratori, ex contadini, divennero operai. Nonostante la crescita del malessere sociale, morfologicamente l’Italia divenne più unita. Il mondo del lavoro si aprì anche al privato prima considerato meno affidabile del pubblico dal posto sicuro.

Le mancette da micro divennero grandi

La dignità della onestà venne piano piano meno. Si iniziò con le mancette che da micro divennero grandi. Fenomeno della corruzione. L’ascensore per salire nella scala sociale divenne più veloce. Con soldi, senza merito. Il sei politico della eguaglianza mortificò i più meritevoli. Perdita di cervelli trasferitisi all’estero. Con la scomparsa della borghesia non venne cancellata una classe. Venne abolito il rispetto soprattutto del denaro pubblico. La demagogia politica di spesa mette a rischio l’impianto economico/finanziario di uno Stato anche se nel suo corpo c’è un DNA di serietà e laboriosità silenziose. Altri pochi e chiassosi, con il colpevole e complice sostegno di media di parte, drogano l’opinione pubblica che si pensa figlia trascurata, non socia dello apparato sociale.

Chi controlla i controllori?

Termini negativi a pioggia. Cialtroneria, inaffidabilità, poca voglia di lavorare, voltagabbana ecc. Conseguenze. Una nazione ricca di storia e di valori antichi è definita Italietta. Ancorché unita è malevolmente considerata espressione geografica. A questa semina segue il raccolto. Disgusto della politica e dei suoi attori. Inadatti. Quelli meritevoli sotto le forche caudine di leggi molteplici (moltissime sono, secondo Tacito, quando lo Stato è corrottissimo) armi improprie in mano ai custodi del diritto. Ma “quis custodiet ipsos custodes?” chi controlla i controllori?

Le disuguaglianze e la povertà non si eliminano per decreto. Servono (poche) leggi liberali che permettano tutto. Tranne ciò che è espressamente vietato. Amarcord non è storia che, se recente, affermò Croce, non va inquinata con la politica. Bisogna guardare avanti. Il Paese invecchia e scarseggia di culle. La stanchezza senile porta alla prudenza e frena l’esuberanza giovanile. L’ascensore sociale inceppato per il tanto debito, a valenza non solo economica ma anche sociale, accumulato negli anni. Il motore si ferma e genera diseguaglianze sociali, combattute da capipopolo con demagogia rumorosa. La astensione del voto è resa incondizionata. È falsa quella intellighenzia che, nella sua povertà intellettuale, si crede depositaria della verità. Mai apodittica. Scarsi di cannoni abbiamo tante campane. Che devono suonare a festa perché il paese non è morto. È vivo e vegeto. Il ritorno alla fiducia è primo segreto del successo.

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