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Cronaca Mar 13 dicembre 2022

Attenti alla pista dei soldi del Qatar gate perché le autodifese dei politici sono molto fragili

Non si pagano milioni di euro per una dichiarazione a favore. Il Qatar aveva bisogno di qualcosa di più sostanziale in cambio. Ecco cosa Attenti alla pista dei soldi del Qatar gate perché le autodifese dei politici sono molto fragili
Franco Bechis
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Franco Bechis

In attesa degli sviluppi delle indagini dalla procura belga bisogna seguire la pista dei soldi del Qatar gate, perché può portare a disegni assai diversi da quelli immaginati nelle prime ore dello scandalo. E anche rendere inutili molte autodifese di parlamentari europei.

Milioni per un discorsetto in aula?

Quasi un milione e mezzo di contanti sono stati sequestrati ( e da ieri fotografati) ai due principali protagonisti dello scandalo. Uno è l’ex eurodeputato Pd Pier Antonio Panzeri, poi passato con Roberto Speranza, Massimo D’Alema e tanti altri ad Articolo Uno. L’altra è Eva Kaili, la socialista greca divenuta vicepresidente del Parlamento europeo e ora detronizzata proprio per lo scandalo.

Eva Kaili

Un milione e mezzo di euro solo a due esponenti è davvero tanto, anche per la ricca storia di tangentopoli. Sicuramente troppo per avere in cambio- come molti media stanno scrivendo- un banale e pure grottesco discorsetto della Kaili nell’aula di Strasburgo per magnificare il diritto del lavoro in Qatar.

La pista dei visti per Doha

Uno spot tv sarebbe stato meno costoso e più efficace di qualsiasi discorsetto della Kaili o di chi per lei. Per quanto ricchi in Qatar conoscono il valore del denaro. E anche per corrompere (attività che per loro non è reato se fatta all’estero) avrebbero investito i loro soldi in qualcosa in grado di dare maggiore ritorno. Un provvedimento economico importante c’era: quello che aboliva i visti per andare e venire dal Qatar e dal Kuwait. Per essere sicuri di portarlo a casa sarebbe stato però più efficace corrompere funzionari o persino esponenti politici della commissione di Ursula von der Leyen. Altrimenti sarebbe stato necessario oliare il consenso di centinaia di parlamentari, e non è realistico pensarlo.

L’altra pista non emersa

Cìè una seconda pista però fino ad oggi non ancora emersa. Le attività di lobby di molti paesi del Golfo sono rivolte non solo a favorire il proprio paese, ma soprattutto a danneggiare quelli rivali, nemici o avversari. Per questo scopo si spendono anche milioni di euro. Nel caso del Qatar si sarebbe disposti a finanziare qualsiasi campagna- secondo gli esperti del Golfo- per danneggiare la reputazione di Emirati Arabi Uniti, Bahrein o Arabia Saudita. È una pista che merita di essere seguita.

Le auto-assoluzioni fragili

Roberta Metsola e Ursula von der Leyen

Su questa pista però cadrebbero tutte le precipitose auto-assoluzioni che abbiamo sentito in queste ore da parte di eurodeputati (quasi tutti socialisti) che rivendicavano loro voti a mozioni sui diritti umani violati in Qatar. Quel tema potrebbe non valere nulla. E da controllare magari è chi si è battuto con forza contro uno dei tre paesi rivali e concorrenti di Doha. Le autodifese sarebbero fragili. Come fragili per altro sono le reazioni della Von der Leyen e delle istituzioni. Promettono di cambiare tutto, di dare maggiore trasparenza, di fare organismi di controllo importanti. Ma chi prende in nero milioni di euro sfugge a qualsiasi controllo. E certo non dichiarerà mai in un apposito registro trasparenza la tangente intascata.

 

 

 

 

 

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