Emergenza siccità, ma le tubature in Italia perdono il 42% dell'acqua
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ApprofondimentiCronaca Lun 20 giugno 2022

Emergenza siccità, ma le tubature in Italia perdono il 42% dell'acqua

Lo stato delle infrastrutture in Italia è particolarmente critico: le perdite degli impianti di distribuzione ammontano al 42%. Emergenza siccità, ma le tubature in Italia perdono il 42% dell'acqua
Redazione Verità&Affari
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La situazione sul servizio idrico in Italia

Il servizio idrico integrato (SII), cioè l’intera filiera di attività che vanno dal prelievo alla distribuzione fino alla depurazione dell’acqua, è un settore in trasformazione caratterizzato da un ingente fabbisogno di investimenti, che le prospettive di sviluppo della finanza sostenibile e le opportunità del PNRR rendono oggi una criticità superabile. L’analisi emerge dal brief degli analisti di CDP dal titolo “Servizio idrico integrato: il momento giusto per gli investimenti”, che descrive il funzionamento del settore soffermandosi sugli ostacoli agli investimenti e sulle opportunità da cogliere per il suo pieno sviluppo in chiave industriale. Un’analisi che arriva proprio mentre il governo è alle prese con l’emergenza siccità, con una riunione per analizzare la situazione nelle diverse regioni e valutare eventuali misure.

Lo stato delle infrastrutture in Italia, infatti, è particolarmente critico: le perdite degli impianti di distribuzione ammontano al 42% (in Francia al 20%, in Germania all’8%). Il 36% della rete idrica ha un’età compresa tra 31 e 50 anni, il 22% ha più di 50 anni. Persistono, poi, i ritardi nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione che hanno portato il nostro Paese a essere soggetto a onerose procedure di infrazione europee.

Questa condizione è il risultato dei bassi livelli di investimento storici del settore che, nonostante una crescita degli ultimi anni, restano sottodimensionati rispetto ai fabbisogni: la spesa per investimenti nel settore idrico italiano è ben più bassa di quella registrata nella media dei Paesi europei (49 euro contro 90 euro per abitante nel biennio 2020-2021) e tocca livelli particolarmente contenuti per le gestioni in economia, cioè quelle direttamente in capo agli enti locali. Tra il 2016 e il 2019, infatti il valore pro capite degli investimenti realizzati dalle gestioni in economia è stato pari a circa 8 euro l’anno, con importanti differenze territoriali. 

Due le principali criticità che pesano sugli investimenti nel settore: la polverizzazione dei gestori,  con oltre 2.500 operatori, e un processo di riorganizzazione della governance ancora incompiuto. Solo il 17% degli operatori è classificabile come ‘industriale’, il restante 83% è composto infatti da gestioni in economia. La crescita degli investimenti registrata negli ultimi anni, soprattutto da parte degli operatori industriali, testimonia tuttavia un settore dinamico e con importanti potenzialità.

È un momento storico particolarmente favorevole, infatti, spiegano gli esperti, per realizzare gli investimenti necessari e superare definitivamente gli ostacoli che ancora ne limitano le potenzialità. Due le principali opportunità: usare efficacemente i 3,5 miliardi messi a disposizione dal PNRR e intercettare l’espansione della finanza green, facendo leva sulla natura intrinsecamente sostenibile del settore, promuovendo una trasformazione dei modelli di business degli operatori.

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