Inflazione record a giugno: +8,3%. Precipita la fiducia delle imprese italiane
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CronacaFamigliePrimo piano Sab 02 luglio 2022

Inflazione record a giugno: +8,3%. E precipita la fiducia delle imprese italiane

È record inflazione in Italia e in Europa con la fiducia delle imprese e la produzione ai livelli più bassi dal lockdown. Inflazione record a giugno: +8,3%. E precipita la fiducia delle imprese italiane
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

L’andamento dell’inflazione in Italia

È record inflazione in Italia e in Europa con la fiducia delle imprese e la produzione ai livelli più bassi dal lockdown. I prezzi al consumo non arrestano la loro corsa e, anzi, continuano ad accelerare toccando quota 8% a giugno dal 6,8% di maggio. L’inflazione acquisita per il 2022 è del 6,4%. L’accelerazione dei prezzi degli alimentari, lavorati e non, spingono ancora più in alto la crescita di quelli del cosiddetto “carrello della spesa” che arriva al +8,3%. Si tratta, ha stabilito l’Istat nelle statistiche preliminari, di un livello che non si vedeva dal gennaio del 1986. Una china, quella inflattiva, che coinvolge tutta l’Europa. L’indice dei prezzi al consumo nell’area euro a giugno, secondo la lettura preliminare dell’Eurostat, è salito dell’8,6% su base annua, superando le attese degli economisti (+8,4%).

Uno storico primato

Anche in questo caso il dato è in accelerazione rispetto al +8,1% di maggio, segnando un nuovo record storico da quando viene calcolato il dato aggregato per l’area euro che rafforza lo scenario di un rialzo dei tassi della Bce dello 0,5%. Le tensioni sui prezzi nel nostro Paese non riguardano più solo i beni energetici, che continuano comunque a registrare rialzi significativi, ma si propagano anche ad altri comparti merceologici: dai beni alimentari, ai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona fino a quelli relativi ai trasporti. In un quadro di diffuse tensioni inflazionistiche, spiega l’Istat, l’ulteriore accelerazione della crescita dei prezzi su base tendenziale si deve prevalentemente, da una parte, ai prezzi dei beni energetici (la cui crescita passa da +42,6% di maggio a +48,7%), in particolare degli energetici non regolamentati (da +32,9% a +39,9%). I prezzi dei beni energetici regolamentati continuano a registrare una crescita molto elevata ma stabile a +64,3%).

Dall’altra parte, l’impennata è causata dai prezzi dei beni alimentari, sia lavorati (da +6,6% a +8,2%) sia non lavorati (da +7,9% a +9,6%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,4% a +5,0%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,0% a +7,2%). Dati che mettono in allarme le associazioni dei consumatori. L’Unione nazionale consumatori parla di vera e propria «calamità» che determina un salasso di quasi 1.000 euro all’anno in più a famiglia solo per le bollette. Perciò il decreto taglia bollette aiuterà «poco» le famiglie, «servono interventi strutturali», ha commentato il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri. Gli aumenti determinano un aggravio complessivo di 2.384 euro annui a famiglia secondo Federconsumatori. «Bisogna tornare ai prezzi amministrati almeno per quei prodotti come il gasolio che, incidendo sui costi di distribuzione, ha effetti moltiplicativi sulla merce trasportata, e come i beni energetici che oramai hanno contagiato tutti gli altri comparti merceologici», è la ricetta di Unc.

Dello stesso avviso il Codacons che parla di «mazzata record» che «avrà effetti pesantissimi non solo sulle tasche delle famiglie, ma anche sull’economia nazionale». Per Assoutenti, l’inflazione a questi livelli è «una sciagura per le tasche dei consumatori e deve portare il governo ad adottare provvedimenti urgenti a tutela delle famiglie e del loro potere d’acquisto». E se per Confesercenti si tratta di un «macigno sui consumi e la crescita», anche per Confcommercio «avrà inevitabili effetti sul Pil». Secondo Coldiretti, l’inflazione arriverà a costare quest’anno alle famiglie oltre 8,1 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare e per Federdistribuzione, «questo trend negativo continuerà anche nei prossimi mesi, accompagnato dalla crescita del clima d’incertezza».

Industrie pessimiste

Anche l’industria vede nero con l’indice Pmi manifatturiero dell’Italia che a giugno si è attestato a 50,9 punti, in calo rispetto ai 51,9 di maggio ma sopra le attese degli analisti a 50,5. Si tratta del dato più basso registrato dall’inizio della ripresa dopo la pandemia. Per S&P Global, questi dati evidenziano «un’intensificazione del calo della domanda, con l’afflusso di nuovi ordini in forte diminuzione e al ritmo più rapido in oltre due anni», e «le aspettative delle imprese sulla produzione futura crollate ai minimi registrati dall’inizio della pandemia di Covid-19 nel marzo 2020». Le aziende, in sostanza, mostrano maggiore preoccupazione per le prospettive delle loro attività col livello di fiducia ai minimi da quando il nostro paese era entrato in lockdown per Covid. Stesso identico clima in Francia e Germania. Nell’Eurozona l’indice cala a 52,1 punti dai 54,6 punti di maggio. Il valore più basso da agosto 2020 e quinto mese consecutivo di declino, con la produzione in diminuzione per prima volta in due anni.

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