Ecco come saranno le nuove pensioni con il governo Meloni
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CronacaDa non perdere Mer 12 ottobre 2022

Ecco come saranno le nuove pensioni con il governo Meloni

Due mesi. Sono strettissimi i tempi che avrà il nuovo governo sul fronte delle pensioni. Senza interventi da gennaio si chiuderanno. Ecco come saranno le nuove pensioni con il governo Meloni
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

La riforma delle pensioni

Due mesi. Sono strettissimi i tempi che avrà il nuovo governo sul fronte delle pensioni. Senza interventi, infatti, da gennaio si chiuderanno in un colpo tre canali d’uscita anticipata: Quota 102, Opzione donna e Ape sociale. Si tornerà in sostanza alla legge Fornero e dunque si potrà andare in pensione solo a 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi oppure dopo 42 anni e dieci mesi di contribuzione (un anno in meno per le donne). Gli unici a potere anticipare i tempi di uscita dal lavoro a quel punto saranno i dipendenti appartenenti a determinate categorie professionali, ritenute particolarmente stressanti.

I costi

A complicare le cose c’è poi il fatto che il governo si troverà ad affrontare anche i costi della già prevista rivalutazione obbligata dei trattamenti che farà impennare la spesa pensionistica del 7,9% rispetto a quest’anno. E gli stessi tecnici del ministero dell’Economia hanno più volte messo in guardia dal pericolo rappresentato dal continuo lievitare dei costi della previdenza, su cui vigila con attenzione Bruxelles. Il rapporto spesa pensionistica-Pil, secondo le stime, salirà dal 15,7% del 2022 al 16,2% del 2023 e al 16,4% del 2024.

La proposta

Una strada in salita dunque, che però oggi sembra un po’ meno sconnessa. A dare la svolta ad un dibattito sulla previdenza che in campagna elettorale ha visto contrapposti non solo maggioranza ed opposizione ma gli stessi partiti del centrodestra, ognuno con la propria ricetta, ci ha pensato Cesare Damiano, ex ministro ed esponente di peso del Partito democratico. Damiano ha infatti aperto alla proposta di Fratelli d’Italia ed in particolare al disegno di legge firmato dal deputato Walter Rizzetto.

Il disegno di legge, come si legge nel testo depositato in Parlamento, parte dalla considerazione che occorre tutelare i «giovani e le persone in età adulta che non hanno ancora raggiunto una stabilità lavorativa e, dunque, reddituale, che li porta a nutrire legittimi timori rispetto alla possibilità di vedersi riconosciuto un equo trattamento presidenziale».

Flessibilità

Ma come fare? La proposta di Rizzetto punta a rendere la previdenza più flessibile e garantire la libertà di scelta dei lavoratori «attraverso un sistema che prevede penalizzazioni e premialità in materia di assegno pensionistico e che consente di decidere il momento dell’uscita dal mondo del lavoro, in un’età anagrafica compresa tra 62 e 70 anni».

Nello specifico si riconosce, prima di tutto, il diritto di andare in pensione a partire dal requisito minimo di età anagrafica di 62 anni fino a 70 anni di età e con un’anzianità contributiva di almeno trentacinque anni. Il secondo capitolo prevede che l’accesso alla pensione anticipata sia condizionato al fatto che l’importo dell’assegno sia almeno pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Il disegno di legge stabilisce poi che l’importo della pensione sia determinato in considerazione dell’importo massimo conseguibile, secondo il rispettivo ordinamento previdenziale di appartenenza, al quale viene applicata una riduzione o maggiorazione sulla quota calcolata con il sistema retributivo, in base all’età di pensionamento, inferiore o superiore a 66 anni, nonché agli anni di contributi versati. Si specifica comunque che debbano essere fatte salve le disposizioni vigenti che prevedono condizioni e criteri di accesso al pensionamento più favorevoli. E dunque come si evince nella tabella a fianco la perdita massima per una uscita anticipata sarebbe l’8% dell’assegno.

I numeri

Il disegno di legge, presentato nel 2018 prevedeva un badget per il 2019 di 4 miliardi di euro, in 5 miliardi di curo per il 2020, in 6 miliardi di curo per il 2021 e in 8 miliardi di curo annui a decorrere dal 2022. Numeri oggi diversi ma che non sembrano spaventare gli esponenti di Fratelli d’Italia che, a più riprese, hanno confermato che le coperture verranno trovate.

Resta uno scoglio da superare. Quello dei tempi, perché è ormai chiaro che, anche nella migliore delle ipotesi, il periodo di due mesi non è irrealistico per l’approvazione della riforma. Secondo quel che si dice in questi giorni è più probabile che si arriverà all’approvazione a primavera e nel frattempo potrebbero restare in vita l’Opzione Donna e l’Ape sociale.

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