Dai rigassificatori alla Tav, il paradosso delle grandi opere in Italia
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CronacaPrimo piano Mar 25 ottobre 2022

Dai rigassificatori alla Tav, il paradosso delle grandi opere. Tutti le vogliono, ma nessuno vicino a casa propria

La nave rigassificatrice ormeggiata presso il porto di Piombino potrebbe darci una bella boccata d'aria in questa crisi energetica. Dai rigassificatori alla Tav, il paradosso delle grandi opere. Tutti le vogliono, ma nessuno vicino a casa propria FSRU GOLAR TUNDRA RIGASSIFICATORE NAVE RIGASSIFICATRICE NAVI RIGASSIFICATRICI GAS NATURALE LIQUEFATTO OLT OFFSHORE LNG TOSCANA PIOMBINO
Marco Vassallo
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Marco Vassallo

Le grandi opere in Italia

La nave rigassificatrice in ammollo vicino Piombino potrebbe darci una bella boccata d’aria in questa crisi energetica. Cinque miliardi l’anno di scorte di gas garantite dalla prossima primavera in poi se ci sarà il via libera. In realtà l’ok del Governo e della Regione Toscana c’è stato e sarebbe tutto pronto per i lavori. Se non fosse per un ricorso al Tar dell’amministrazione comunale che non ci sta. Manco a farlo apposta, il documento partirà dall’ufficio del sindaco Francesco Ferrari, della schiera di Fratelli d’Italia.

Il primo cittadino nonostante la vicinanza con Meloni deve fare i conti infatti con le perplessità di cittadinanza e sindacati per un iter di costruzione definito “manchevole” dalla stessa giunta. Un film già visto, in Italia. Tutti a lamentarci di qualcosa che manca e che le bollette sono alte (in questo caso). Ma poi al momento dei fatti, spuntano ostacoli e lamentele soprattutto a livello locale. E nessuno si prende l’onere di fare qualcosa che serve. Vediamo altri casi simili successi nella nostra storia.

Il nucleare

La prima cosa che viene in mente è il nucleare. Nel 1966 l’Italia era il terzo produttore al mondo e con la crisi petrolifera si pensò seriamente di sopperire alla vulnerabilità energetica con questo tipo di fonte. Tanto che l’Enel a diede vita a un progetto per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e che prevedeva la costruzione di 10 centrali in 10 anni. Ma negli anni ’80 subentrò la preoccupazione per la sicurezza degli impianti. Legittima, vista l’esperienza dell’incidente di Černobyl che spaventò un po’ tutti.

Così in Italia l’anno successivo ci furono tre referendum nazionali sul settore nucleare. In tale consultazione popolare, circa l’80% dei votanti si espresse a favore delle istanze portate avanti dai promotor: i tre referendum non vietavano cioè esplicitamente la costruzione di nuove centrali, né imponevano la chiusura di quelle esistenti o in fase di realizzazione, ma abrogavano di fatto i cosiddetti “oneri compensativi” spettanti agli enti locali sedi dei siti individuati per la costruzione di nuovi impianti nucleari, nonché la norma che concedeva al CIPE la facoltà di scelta dei siti stessi in presenza di un mancato accordo con i comuni interessati.

In più si impediva all’Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all’estero. La consultazione pose fine alle ambizioni nucleari che terminarono ufficialmente nel 1990 con l’abbandono del Progetto Unificato Nucleare. E adesso ce ne pentiamo. In molti pensano che il problema sicurezza poteva essere approfondito affrontato senza la chiusura totale al nucleare e hanno rimpianto l’abbandono del piano che in questo momento avrebbe fatto comodo con la crisi del gas.

La Tav

Altro caso emblematico è la Tav, linea ferroviaria di 235 km, dedicata al trasporto di merci e persone fra Torino e Lione e che dovrebbe essere completata entro il 2030 da Francia e Italia. Il progetto è stato ideato negli ’90 e la linea veniva considerata come strategica per i vantaggi commerciali economici e ambientali che apporterebbe. La Tav renderebbe più veloce e quindi competitivo il trasporto di merci e di persone fra la Francia e l’Italia. La durata dei viaggi si dimezzerebbe così come le emissioni dei Tir. Senza considerare la questione posti di lavoro.

Tutto bellissimo, fino a quando se ne parla però. Perché poi quando c’è da fare, subentrano i problemi. Le proteste alla realizzazione dell’opera dei no Tav sono state in prima pagina negli ultimi anni ma erano partite già negli anni ’90: inferociti erano soprattutto gli abitanti della Val di Susa preoccupati per la deturpazione del paesaggio e dalle trivelle per scavare le gallerie. Alla loro guida assessori e sindaci che interpretavano anche gli agricoltori locali decisi a difendere i loro campi. Ma la questione è stata strumentalizzata da varie fazioni politiche che hanno fatto forte leva sul tema per ottenere voti.

Il termovalorizzatore

Poi c’è il termovalorizzatore che a Roma servirebbe come l’acqua per combattere il problema immondizia. Ma il progetto da realizzare sui terreni tra Pomezia e la Capitale è fermo. Sicuramente c’è chi a casa sua, nella Terra de li Castelli, non lo vuole l’impianto e ha protestato. Ad oggi lo stallo non è dovuto, però, né a loro né all’amministrazione Gualtieri. A bloccare i lavori è invece la Soprintendenza che deve valutare se gli scavi mettano a repentaglio reperti archeologici. Che nel sottosuolo di Roma abbondano eccome. In teoria, per preservarli tutti, non si dovrebbero scavare nemmeno le buche in giardino.

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