Crack Silicon Valley, la vera svolta può darla solo la Fed- V&A
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CommentoCronaca Mer 15 marzo 2023

Crack Silicon Valley, la vera svolta può darla solo la banca centrale americana

Dalla decisione della Fed del 22 marzo si capirà se ci sarà un'inversione della politica monetaria che poi influenzerà anche la Bce Crack Silicon Valley, la vera svolta può darla solo la banca centrale americana
Giuseppe Giusto
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Giuseppe Giusto

Autorità di vigilanza

Le Autorità di vigilanza degli Stati Uniti hanno chiuso la Silicon Valley Bank, tra le prime banche per capitalizzazione in America, specializzata nel mondo delle start up, facendo tremare le borse mondiali. E Silvergate Bank, istituto californiano specializzata nel settore delle criptovalute, ha annunciato la chiusura. Sono stati questi i primi due effetti a catena negativi dei costanti e continui rialzi dei tassi  d’interesse da parte delle Banche Centrali.
 
Fare un po’ di cronistoria può aiutarci a capire. Mercoledì 27 luglio 2022 la Banca centrale americana ha aumenta per la seconda volta i tassi di 75 punti, portando il costo del denaro nella forchetta tra il 2,25 % ed il 2,5%.Ovvio che l’obiettivo della Fed fosse quello di rallentare l’inflazione senza danneggiare l’economia. A fine giugno il Presidente Jerome Powell si era posto una domanda: “Esiste il rischio di una eccessiva stretta?”. A giugno 2022, i prezzi al consumo si sono impennati del 9,1% rispetto all’anno precedente nonostante la discesa del prezzo della benzina, mentre sono rincarati affitti, generi alimentari e servizi. I prodromi per valutare uno scenario di quello che si é verificato in questi giorni erano già evidenti, ma le banche centrali hanno scelto di mettere in secondo piano la crescita e di adottare un approccio piuttosto duro nei confronti dell’inflazione.

Le previsioni di politica monetaria

Lo stesso Powell parlando alla Commissione bancaria del Senato, in occasione di due giorni di testimonianze semestrali al Congresso sull’outlook della politica monetaria, aveva affermato che “i più recenti dati economici sono stati più robusti di quanto anticipato, suggerendo che la soglia finale dei tassi sarà più alta di quanto ipotizzato in precedenza…” .”Se la totalità dei dati dovesse indicare che sono richieste strette più rapide – ha poi chiarito – siamo pronti ad aumentare il passo dei rialzi”.
 
Tant’è che gli esperti economici della Banca Centrale hanno previsto in media di portare i tassi quest’anno tra il 5% e il 5,5% e di tenerli su simili livelli anche nel corso del 2024,  ma non si esclude che potrebbero lievitare al 5,75% e forse oltre. E pensare che stando ai numeri attuali, la Fed nel giro di pochi mesi ha portato i tassi interbancari al 4,50%-4,75%, mentre nel luglio del 2022 erano al 2,25%-2,50%.

Limiti al debito federale

Esiste poi un altro grosso problema che riguarda il tetto del debito federale che per legge non può superare i 31.400 miliardi di dollari , peccato che sia già stato raggiunto il massimo dell’indebitamento complessivo. Il punto è che in assenza di ulteriori aumenti si rischia il default del Parlamento o la paralisi del Governo. A febbraio comunque il tasso d’inflazione americano, l’ultimo dato lo vede in rallentamento al 6%, è ancora alto. E secondo alcune stime solo con l’inasprimento della politica monetaria l’inflazione di fondo potrà calare significativamente a partire dalla seconda metà del 2023 con l’obiettivo del 2% che potrebbe essere raggiunto non prima della fine del 2024.
 
Mettendo insieme questi dati si può dire che per capire i veri risvolti di questa crisi, sarà fondamentale vedere il dato prossimo (riunione del 22 marzo) e intuire le scelte future di politica monetaria della Fed che poi per diversi motivi guida anche le decisioni della Bce. Come si comporterà la Federal Reserve avendo i primi riscontri concreti del fatto che la lotta all’inflazione sta creando seri rischi all’intero sistema finanziario globale?
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