Zelensky nei guai, Usa e Francia hanno finito le armi per l'Ucraina
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ApprofondimentiCronaca Ven 07 ottobre 2022

Zelensky nei guai, gli Usa e i francesi hanno finito le armi da vendere in Ucraina

Le aziende della difesa in Usa e Francia hanno esaurito le scorte. Ora inviano armi all'Ucraina più vecchie e meno utili Zelensky nei guai, gli Usa e i francesi hanno finito le armi da vendere in Ucraina
Franco Bechis
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Franco Bechis

Le armi per la guerra in Ucraina

Non sarà facile aiutare ancora a lungo militarmente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nella sua contro offensiva per riprendersi terreni invasi dalle truppe di Vladimir Putin. Sia in Francia che negli Stati Uniti – due paesi che sono stati decisivi sull’invio di armi in questi mesi – hanno comunicato di avere problemi e quindi di doversi sfilare importanti industrie della Difesa. A Parigi durante una riunione del comitato Francia-Ucraina presieduto dal presidente Emmanuel Macron è stato il gruppo Airbus a comunicare di non avere più intenzione di vendere elicotteri a Kiev, e la stessa marcia indietro ha fatto Dassult.

Le armi vendute in Ucraina

Il problema non è finanziario, perché formalmente tutti gli armamenti vengono venduti all’Ucraina che certo non può essere in questo momento un gran pagatore, ma a mettere i soldi sotto forma di prestiti a vario titolo sono i paesi occidentali. La Francia ha appena messo in piedi a questo scopo un fondo governativo per finanziarie gli acquisti di armi francesi da parte di Zelensky con mezzo miliardo di euro.

I soldi ci sono

Sono invece problemi di catena produttiva quelli che rischiano di fare venire meno alcune commesse decisive che arrivavano dagli Stati Uniti. Il principale fornitore dell’esercito ucraino infatti è stata Lockheed Martin, che produce gli obici da 155 mm e le loro munizioni nonché l’artiglieria pesante Himars (High Mobility Artillery Rocket System) che sono stati fondamentali per Zelensky nel tenere a bada i carri armati russi. Lockheed Martin è stato il principale fornitore (grazie ai 15,2 miliardi di fondi americani stanziati da Joe Biden) delle forze armate ucraine, e ha avuto il suo bel tornaconto anche sul mercato.

Il giorno dell’inizio della guerra il titolo dell’azienda americana valeva in borsa 353,58 dollari. Oggi è stabilmente sopra i 400 dollari per azione. Il problema è che ha venduto tutto quello che aveva in magazzino e ricostituirne un altro non è così semplice. Al momento non ne ha più da mandare in Ucraina, e il magazzino non era colossale visto che in tempi di pace si producevano munizioni per un massimo di 30 mila colpi l’anno (un numero che in questi mesi è stato impiegato in due settimane di guerra).

Le armi di Lockheed Martin

Ci sono altri magazzini che possiedono i prodotti della Lockheed Martin, ma sono quelli delle riserve strategiche del pentagono. E i vertici militari americani hanno fatto muro senza ammettere alcun tipo di discussione: quelli non si possono proprio toccare, essendoci per altro molte altre situazioni a rischio di crisi militare da Taiwan alla Corea del Nord. «Sono molto preoccupato. A meno che non avremo una nuova produzione, che richiede mesi per aumentare, non avremo la capacità di rifornire gli ucraini», ha confessato alla rete americana Cnbc uno dei massimi esperti americani di armi, il professore universitario e membro militare senior della National Defense University Usa, Dave Des Roches, che ha spiegato come anche gli altri paesi della Nato abbiano lo stesso problema avendo rallentato in questi anni la produzione nazionale di armi per ragioni di bilancio pubblico.

Lockheed Martin ha spiegato all’amministrazione americana di avere bisogno per aumentare la produzione e in qualche caso addirittura per riprenderla, visto che le linee produttive erano state dismesse, di manodopera specializzata che scarseggia nel paese. E di investimenti industriali che in questo caso non possono essere a carico del privato. La sola alternativa in emergenza è quella di fornire gli ucraini di altri prodotti, più vecchi e ancora in magazzino, come gli obici da 105 mm. Sul terreno di guerra però sono assai meno efficaci, perché a carico ridotto e con gittata inferiore di circa la metà a quelli utilizzati fino ad ora. In una guerra che è essenzialmente di artiglieria questo potrebbe essere un handicap non indifferente per Zelensky.

L’Ucraina e le armi

C’è penuria anche di altre armi che sono state fondamentali nei primi mesi di guerra, come i missili Javelin. Per intenderci, si tratta di quell’artiglieria anticarro che gli ucraini portavano a spalle facendo saltare in aria gran parte delle forze armate russe. Sono prodotti congiuntamente da Raytheon e Lockheed Martin. Ma avendone già inviati 8.500 a Kiev i magazzini si sono svuotati: se ne producevano al massimo 800 l’anno. Tanto è che l’Ucraina sta cercando di utilizzare i prestiti ricevuti per rifornirsi di armi in altri paesi che hanno più scorte come la Corea del Sud, che ad agosto aveva firmato un maxi contratto per fornitura di carri armati e obici con la Polonia. Anche la Francia ci ha messo una pezza, vendendo obici Caesar a basso costo: hanno il limite di essere meno efficaci e di essere prodotti da un consorzio internazionale per cui poi bisogna mettere tutti d’accordo sulle forniture.

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