Altamin, Harris: "chiediamo al governo un impegno per le miniere"
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ApprofondimentiEconomia Ven 17 marzo 2023

Altamin, Harris: "Chiediamo al governo un nuovo impegno per le miniere"

Il numero uno della società di miniere è convinto che il sottosuolo italiano sia ricco. Ma c'è bisogno di regole chiare e di investimenti Altamin, Harris: "Chiediamo al governo un nuovo impegno per le miniere" Miniera d'oro
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

L’Italia è terreno fertile per far nascere nuove miniere

Storicamente ricca di risorse minerarie, il nostro Paese custodisce metalli e materie prime preziose nel sottosuolo. Ne è convinto Geraint W. Harris, amministratore delegato di Altamin Limited, società quotata all’Australian Stock Exchange e soprattutto fra i maggiori protagonisti dell’attività estrattiva in Italia. Secondo Harris c’è molto da fare. E l’interesse degli investitori stranieri è alto. Prova ne è che Altamin sta investendo 120 milioni di euro nella miniera di Gorno, in provincia di Bergamo. Ma è necessaria una chiara volontà politica affinché le aziende del settore investano. Per arrivare all’attività estrattiva ci vogliono poco meno di vent’anni. E per questo le regole del gioco devono essere chiare sul lungo periodo. 

Mr. Harris, l’Europa non investe in attività estrattive da cinquant’anni. L’Italia non fa eccezione. Nella visione di Altamine c’è materia per ripartire?

“La nostra priorità è l’Italia, e quindi ad oggi intendiamo operare solamente qui. In passato avevamo attivi alcuni progetti in Australia, ma abbiamo deciso di concentrarci al 100% su quelli italiani. Crediamo infatti che l’Italia presenti alcune condizioni che la rendono potenzialmente ideale per un nuovo impegno sul fronte minerario. Innanzitutto, ha un terreno storicamente ricco di materiali e di metalli oggi sempre più importanti dato il nuovo contesto industriale (basti pensare alla richiesta per le batterie). Inoltre, è strategica la presenza di un’industria altamente sviluppata, che fornirebbe un mercato di sbocco immediato per i metalli e dall’altro lato permetterebbe la fornitura di attrezzature di qualità necessarie per l’estrazione, oltre ad un mercato del lavoro ricco delle competenze necessarie per l’attività mineraria. Da un punto di vista legislativo, ci sono sicuramente degli aspetti positivi, come le normative ambientali, di salute e sicurezza, del lavoro e quelle relative alla proprietà dei progetti stessi, ma c’è anche un processo di apprendimento bidirezionale in corso con gli enti interessati ed i portatori d’interesse, poiché l’attività mineraria in Italia è stata quasi interamente messa da parte da quasi cinquant’anni, quindi per un’intera generazione”.

Quali sono i tempi per far partire una miniera in Italia e quali sono le maggiori difficoltà e le criticità incontrate? Soprattutto sul fronte burocrazia. Anche rispetto ad altri Paesi dell’Unione..

“Mediamente sono necessari 17 anni dalla scoperta di un giacimento all’attività di estrazione vera e propria, ma questo tempo può essere ridotto per le aree minerarie utilizzate in precedenza, come in alcuni nostri progetti. Per quanto riguarda la fase autorizzatoria, le principali fasi di autorizzazione in Italia sono simili a quelle di molte parti dell’Ue, ma poiché in Italia l’importanza dell’attività mineraria è stata dimenticata, è necessario un ampio processo di informazione ed educazione su cosa significhi fare attività mineraria e cosa comporterebbe per la sovranità industriale e tecnologica italiana ed europea. Per gli investitori stranieri è importante capire, a questo punto, quanto in Italia ci sia la volontà di fare esplorazione e di sviluppare nuove miniere. È per questo che chiediamo alla politica italiana un chiaro impegno su questo fronte, perché è solo tramite un chiaro indirizzo politico che riusciremo a mettere a terra la realizzazione dei progetti avviati e
l’afflusso in Italia di nuovi investimenti in questo settore”.

Quanto capitale è necessario per far partire una miniera? 

“Tutti i progetti minerari sono ad alta intensità di capitale e richiedono prezzi favorevoli delle materie prime e una grande quantità di ricerche per comprendere i rischi e le opportunità prima di decidere di avviare l’attività. Per fare un esempio, la nostra miniera di Gorno, che dovrebbe essere di dimensioni medio-piccole, richiede un investimento di capitale di 120 milioni di euro. Di questi, ad oggi ne abbiamo già impegnati, prima ancora dell’inizio dell’attività estrattiva, 17 milioni. Una volta in funzione, la miniera necessiterà di 60-70 milioni annui di spese operative e ci stiamo impegnando perché la maggior parte di queste possano essere sostenute sul territorio circostante alla miniera stessa, in Italia e più in generale in Ue. Gli investimenti necessari per gli altri progetti saranno definiti meglio man mano che progrediranno. Una cosa è certa: senza investitori disposti a impegnare un capitale significativo, non ci saranno nuove miniere né scoperte né costruite, e per questo è necessario che si crei un ambiente circostante favorevole”.

Ritenete realmente che l’Italia abbia la possibilità di ridurre in modo considerevole la propria dipendenza dall’estero?

“Sì, ma come detto sopra è necessario prima di tutto una forte presa di posizione politica. L’attività mineraria non è un qualcosa che può ripartire solo con l’impegno delle aziende. Non chiediamo soldi pubblici, non chiediamo compartecipazione agli investimenti: siamo impegnati a realizzare i nostri progetti facendo leva solo sulle nostre forze. Chiediamo solo che ci sia una comunione d’intenti tra pubblico e privato che renda credibile e realizzabile poter impegnare centinaia di milioni in una progettualità senza il rischio di rallentamenti o ostacoli burocratici”.

Quali sono i vostri progetti per l’Italia? Quante persone occupate e come vede la società da qui a tre anni

“Oggi abbiamo, a diversi stadi di avanzamento, cinque progetti di estrazione: zinco e piombo a Gorno (BG); cobalto, rame e nichel in Piemonte; cobalto e rame nel parmense, grafite, ancora in Piemonte e litio nella zona a nord di Roma. Ad oggi, in una situazione in cui ancora non è stato avviato neanche un progetto minerario, impieghiamo in Italia 10 persone, per la maggior parte cittadini italiani. Ci avvaliamo inoltre di una rete di appaltatori e consulenti tecnici, anch’essi italiani. Possiamo prevedere la creazione di oltre 200 posti
di lavoro per il solo progetto di Gorno, il che può darci un primo indizio sulla potenzialità, anche occupazionale, di questo settore. Da qui a tre anni il mio auspicio è che il progetto di Gorno sia finalmente a pieno regime e che questo successo possa dare un impulso non solo agli altri di Altamin, ma in generale far capire nella comunità mineraria internazionale le potenzialità dell’Italia”.

Ritiene ci sia un rischio bolla sulle materie prime per effetto anche dei paletti della green economy?

“Ottima domanda! Credo che la risposta sia sì e no insieme. Da un lato è vero, perché nel breve termine ci sono sempre disuguaglianze tra domanda e offerta, come possiamo vedere nei recenti movimenti del prezzo del cobalto. Ma in un’ottica più complessiva no, perché le materie prime sono fondamentali per il nostro sviluppo e la domanda di materie prime per soddisfare la green economy, da aggiungere al rinnovamento delle infrastrutture obsolete e alla sempre maggior urbanizzazione della popolazione, sono così significativi che, se non si sviluppano rapidamente nuove opportunità di fonti di materie prime sarà l’intera economia, non solo quella “green” a soffrirne. Il maggior riciclo di materie prime può infatti coprire solo una parte della richiesta, e in generale questo sarà economicamente vantaggioso solo quando il materiale in circolazione sarà sufficiente a soddisfare la domanda iniziale”.

Cosa suggerirebbe di fare ad un governo che vuole far ripartire l’attività monetaria nel più breve tempo possibile?

“Come già detto, è necessario che la politica si accorga delle potenzialità di questo settore e dia un segnale che possa permettere la messa a terra degli investimenti privati. In questo senso, non sono un politico, ma credo che percorsi per accelerare le procedure autorizzatorie e rendere più facile l’interlocuzione con la burocrazia possano essere due elementi importanti. Più in generale, auspico che in Italia si diffonda sempre di più la consapevolezza delle potenzialità, industriali ed occupazionali, di un settore purtroppo dimenticato da anni”.

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