Confcommercio: in un decennio persi 100 mila negozi - V&A
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ApprofondimentiEconomia Lun 27 febbraio 2023

In un decennio persi 100 mila negozi, ma crescono ristorazione e alberghi grazie al turismo

Per Confcommercio in 10 anni persi 100 mila negozi, ma nei centri storici crescono ristorazione. alberghi e telefonia In un decennio persi 100 mila negozi, ma crescono ristorazione e alberghi grazie al turismo
Mikol Belluzzi
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Mikol Belluzzi

Confcommercio: in un decennio 100 mila negozi in meno

Sempre meno librerie (-31,5%) e negozi di mobili (-30,5%). Sempre più farmacie (+12,6%), negozi di computer (+10,8%) e alberghi (+43,3%). Cambia il volto delle città dove negli ultimi 10 anni, calcola uno studio di Confcommercio, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi ogni mille abitanti, con una perdita globale di più di 99 mila attività commerciali. Cambiano anche i gestori: gli italiani chiudono, e gli stranieri aprono sempre più attività. Sale infatti la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila) sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila). Questi i principali risultati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane”.

Dal negozio fisico alla omnicanalità

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi tradizionali confina con il rischio di desertificazione commerciale delle città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

Il boom degli hotel non compensa il calo dei negozi

Secondo Confcommercio, però, la crescita delle attività di alloggio e ristorazione (+6,6% in un decennio) non compensa le riduzioni del commercio, ma modifica in misura rilevante le caratteristiche dell’offerta nelle città e nell’economia in generale. Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione. Per quanto riguarda la ristorazione, i dati indicano una qualche forma di migrazione dal bar tradizionale al bar con somministrazione, per contrastare la crisi pandemica anche attraverso modificazioni del codice di attività. Non si deve escludere, però, un processo di razionalizzazione dell’offerta anche nel settore dei bar, soprattutto nel Centro-Nord: la riduzione della numerosità dei bar in questa macro-area non risulta compensata dalla crescita del numero di ristoranti.

Telefonia in crescita, abbigliamento in forte calo

Colpisce l’andamento del numero di negozi nei centri storici delle 120 città considerate dalla ricerca per grandi settori merceologici. Un primo gruppo è composto dai settori ormai essenziali in termini di servizio e consumi di base, e va dagli alimentari (-7,6%) alla telefonia (+10,8%). In questi casi le riduzioni del numero di negozi o sono esigue oppure si avverte addirittura una crescita. Le tabaccherie (-2,8%) svolgono un ruolo di supporto fiscale e amministrativo, oltre a offrire servizi che non sono direttamente legati alla vendita di beni (tanto che il termine “tabaccherie” non è più adeguato). Il secondo gruppo è costituito dai settori in forte riduzione, che una volta erano il volto delle città e ora ne sono estranei: dai mobili (-30,5%) ai carburanti (-38,5%) fino all’abbigliamento (-21,8%) , quest’offerta si è allontanata dai centri cittadini ed è stata largamente soppiantata dalle grandi superfici di aggregazione fuori dalle città.

Nei centri storici vince il turismo

In base al report di Confcommercio, nel centro delle città sale invece l’offerta turistica con gli alberghi in crescita del 43,3% e i ristoranti del 4% in un decennio. Il ruolo del turismo è, anche presso gli esperti, sottovalutato, proprio nella sua capacità di generare valore aggiunto anche attraverso l’attivazione di altri settori produttivi. Inoltre, la crescita dei servizi di ristorazione rappresenta il riflesso di fenomeni socio-economici più complessi, come la progressiva sostituzione di pasti preparati in casa con pasti acquistati attraverso delivery presso attività di somministrazione con asporto. La quantificazione di questo processo di sostituzione è incerta, ma la sua dimensione è indiscutibilmente rilevante e crescente.

Stranieri sempre più imprenditori

Per quanto riguarda le imprese registrate nel complesso, l’analisi di Confcommercio segnale che alla riduzione di quelle italiane si contrappone, in misura quasi completamente compensativa, la crescita delle imprese gestite da titolari stranieri. Nel commercio la perdita di numerosità di imprese italiane è solo parzialmente recuperata attraverso la crescita delle attività straniere, che oggi ammontano al 14,4% del totale. È importante sottolineare il ruolo del commercio, soprattutto al dettaglio, nell’offrire opportunità occupazionali per gli stranieri, la porta principale per la loro integrazione nella società italiana. Analoghi risultati si ottengono per l’occupazione totale, la cui crescita decennale è quasi tutta dovuta a cittadini stranieri. Ancora più evidente risulta il fenomeno nell’ambito del commercio e degli alberghi e pubblici esercizi.

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