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EconomiaPrimo piano Dom 22 gennaio 2023

Investimento Intel: così è sfumato il super-affare sui chip, all'Italia (forse) le briciole

L'Italia con il ministro Colao ha perso gli investimenti in ricerca a favore della Francia. E ora rischia anche sulla post-produzione Investimento Intel: così è sfumato il super-affare sui chip, all'Italia (forse) le briciole Pat Gelsinger, Chief Executive Officer, Intel
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

L’investimento di Intel si gioca sul filo di lana

Con qualunque delle parti in causa si parli – Regioni, ministeri coinvolti, tecnici – la risposta è sempre la stessa:  l’investimento di Intel in Italia? E’ un dossier delicato che si gioca sul filo di lana… Noi abbiamo fatto i compiti a casa, adesso la decisione spetta alla multinazionale americana. E la multinazionale americana nelle ultime ore ha mostrato una certa loquacità sul tema. Lasciando, sì, una strada aperta alla possibilità che una parte del back-end, cioè della fase di post-produzione dei semiconduttori, venga realizzata in Italia, ma al tempo stesso chiarendo che ci sono altri Paesi in gioco (Irlanda, Spagna e Polonia) e che una decisione verrà presa entro la fine dell’anno.

La bocche sono cucite, ma con chi si sbottona di più l’impressione è che davvero l’investimento sia appeso a un filo e che se si dovesse scommettere il famoso euro, in questo momento la maggioranza dei “giocatori” coinvolti nel dossier non lo punterebbe sull’Italia. Tant’è che anche sulla location – tutte le strade portavano al sito di Vigasio, in provincia di Verona – Intel è rimasta abbastanza sul vago ribadendo che sull’eventuale collocazione degli impianti “proseguono i dialoghi con il governo italiano”.

Affare da 1,5 miliardi

In ballo c’è un investimento da 1,5 miliardi (ai quali si dovrebbe aggiungersi un altro miliardo e mezzo del governo italiano) che potrebbe creare 1.500 posti di lavoro più altri 3 mila nuove occupazioni nell’indotto. Insomma, sarebbe davvero un peccato se l’affare dovesse sfumare, anche perché fino a pochi mesi fa pareva  fatto. Anzi. A dirla tutta, fino a pochi mesi fa sembrava che all’Italia non sarebbero state riservate “le briciole” (come qualcuno definisce il miliardo e mezzo rispetto a quanto tocca a Germania e Francia) dell’investimento di Intel in Europa, ma una fetta bella grossa della torta. Vediamo.

Originariamente l’operazione Intel in Italia era di competenza del Mise che all’epoca era guidato dall’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Dossier delicato che a stretto giro – come può capitare per investimenti di questa portata – viene spostato a Chigi. Draghi vuol toccare la palla con mano e la pratica in buona sostanza viene affidata per competenza (vista la materia) e conoscenza (visti i buoni rapporti con l’ad di Intel Pat Gelsinger nella foto) a Vittorio Colao, l’ex ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale con un passato in McKinsey e Vodafone da ceo. Questo è il momento decisivo. La multinazionale americana ha manifestato l’intenzione di investirà fino a 80 miliardi in 10 anni nella catena dei semiconduttori nell’Unione Europea. Si parte dalla ricerca e sviluppo (R&S) e si arriva alla produzione fino alle tecnologie di imballaggio più all’avanguardia. E in ballo ci sono Germania, Francia, Irlanda, Italia, Polonia e Spagna. Posto che lo sviluppo delle due fabbriche di microchip uniche nel loro genere a Magdeburgo (Germania) non è stata mai praticamente in discussione, diversa è la questione che riguarda fase di ricerca e sviluppo, quella che poi è stata assegnata a Plateau de Saclay, in Francia. In partita – e con buone chance di successo – ci sarebbe stata anche l’Italia, ma poi le cose sono andate diversamente.

“L’Italia era pronta a comprare una Ferrari si è ritrovata a trattare per una 500

Motivi? Alcune ricostruzioni dell’epoca (il ministero di Colao non ha mai confermato, ma non ha nemmeno spiegato come davvero fossero andate le cose) parlano di ingenuità dell’ex ministro che avrebbe suggerito a Francia e Germania di fare fronte comune per essere più forti nella trattativa con il gigante americano. Solo che Berlino e Parigi nel far fronte comune hanno messo prima i loro interessi – portando a casa la fetta più consistente della torta – e lasciato isolata l’Italia. Morale della favola: Roma si è fatta soffiare l’investimento in ricerca e sviluppo dal governo di Macron. Non solo. Lo stesso Colao non avrebbe spalleggiato Giorgetti nel pressing sulla Commissione Ue perché autorizzasse l’Italia a sostenere il progetto Intel con investimenti statali più forti. Insomma, per dirla come alcuni dei politici che stavano seguendo da vicino il dossier Intel, l’Italia che “era pronta a comprarsi una Ferrari e si è ritrovata a trattare per una 500“.

Trattare, appunto. Perché a dispetto dell’ultima nota della multinazionale Usa – “Continuano i dialoghi con l’Italia per uno stabilimento di produzione all’avanguardia per le fasi di back-end e continuiamo ad essere entusiasti del progetto. Questo si aggiunge ad altri progetti che stiamo valutando in altre parti del mondo, di cui non abbiamo ancora stabilito luoghi e tempi” – anche l’affare per l’utilitaria rischia di saltare. 

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