L’Italia ha 258 miliardi dell'Ue da investire, ma rischia di non farcela
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ApprofondimentiEconomia Mar 11 ottobre 2022

L’Italia ha 258 miliardi dell'Ue da investire, ma rischia di non farcela

Spendiamo 6 miliardi di fondi Ue all’anno per non perderli dovremmo arrivare a quota 60 Tra Pnrr e altre euro-risorse l’Italia. L’Italia ha 258 miliardi dell'Ue da investire, ma rischia di non farcela
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

I soldi dell’Europa per l’Italia

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza deve essere revisionato con urgenza, perché l’Italia non dispone della capacità amministrativa necessaria per spendere 258 miliardi di euro entro il 2026, se non lo faremo rischiamo di perdere una grande quantità di fondi europei. Una revisione è urgente anche per una seconda buona ragione, verificare l’effettivo potenziale di sviluppo di alcuni investimenti attualmente previsti nel PNRR come, ad esempio, lo stadio di calcio di Firenze.

Andiamo con ordine, per il periodo di programmazione 2014-2020 ci restano ancora da spendere circa 45 miliardi, cosa che dovremo assolutamente fare entro fine 2025. Ciò significa che l’Italia dovrà realizzare in media una spesa di circa 15 miliardi l’anno, diversamente, restituiremo a Bruxelles la parte non spesa, situazione nota come «disimpegno automatico delle risorse».

Programmazione

Per quanto riguarda il periodo di programmazione 2021-2027 (siamo già in forte ritardo visto che ad oggi abbiamo solo 16 Programmi approvati su ben 46 totali), per rispettare le scadenze ed evitare rischi di disimpegno, dovremo spendere in media circa 10,7 miliardi l’anno. A queste risorse, si aggiunge l’imponente somma di 170 miliardi (esclusi i 30 miliardi del Piano Complementare ed i 21 miliardi spesi entro il 2022) del Pnrr da spendere tassativamente entro fine 2026. Facendo un’analisi di scenario semplificata (ma pur sempre valida) si arriva alla conclusione che dal 2023 al 2026 l’Italia dovrà spendere circa 68 miliardi per le annualità 2023-2025 e “solo” 53 per l’anno il 2026.

Ad oggi la nostra performance di spesa media sui fondi europei è stata di appena 6 miliardi, dovremmo quindi incrementare di circa undici volte la nostra capacità. È stato un errore prendere la parte dei prestiti del PNRR, avremmo dovuto utilizzare solamente le sovvenzioni a fondo perduto come hanno fatto Spagna, Francia e Germania.

Il punto è cosa fare adesso

Rinunciare subito ai 120 miliardi di prestiti del PNRR contribuirebbe a sgravare il carico annuale da rendicontare a Bruxelles, portando le annualità di spesa a 38 miliardi all’anno, una somma ancora molto elevata per le nostre attuali capacità di spesa che dovrebbero comunque essere incrementate di oltre sei volte il livello attuale. Per rimettere in moto la macchina amministrativa italiana e rimediare al depauperamento delle competenze tecniche degli uffici pubblici avvenuto negli ultimi vent’anni, è necessario procedere alla contrattualizzazione di tecnici esperti, cui vanno proposte condizioni contrattuali attraenti, diversamente si rischia uno stallo amministrativo.

È doveroso ricordare che il famoso concorsone per l’assunzione a tempo determinato di 2800 unità è stato un flop, con una affluenza media di circa il 65% e che, dei famosi mille “Esperti PNRR” solo una parte ha preso servizio. A ciò si aggiunga il fatto che il Governo Draghi lascia in eredità circa quaranta decreti attuativi ancora da emanare per raggiungere gli obiettivi PNRR di fine anno. La seconda buona ragione per rivedere il PNRR riguarda la verifica del potenziale di sviluppo e l’effettiva utilità per la collettività, degli investimenti che verranno finanziati con tali risorse. Per esempio, lo stadio di calcio “Artemio Franchi” di Firenze destinatario di circa 95 milioni del PNRR, può essere considerato un driver di sviluppo?

Lo stadio

È corretto usare soldi pubblici per una infrastruttura (anche se di proprietà pubblica) il cui sfruttamento economico è ad esclusivo vantaggio di un privato? Eppure il presidente della Fiorentina Rocco Commisso a più riprese ha chiesto di essere autorizzato ad investire in proprio sullo stadio Franchi per riqualificarlo e restituirgli l’antico splendore ma si è scontrato con la burocrazia. Forti dubbi circa l’opportunità di questa scelta sono stati espressi anche dal tifoso fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, già membro del board di Banca Centrale Europea. Con i 95 milioni assegnati al Franchi, quanti musei ed aree archeologiche potremmo risistemare? Quante scuole potremmo mettere in sicurezza? Quante sale operatorie potremmo ammodernare?

Se nel PNRR resta il “Franchi” di Firenze allora perché non finanziare anche il nuovo stadio della AS Roma o quelli di altre squadre? Infine ancora una domanda: quante situazioni come questa ci sono nella lista del PNRR? Lo sapremo solo dopo aver fatto una profonda revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Mauro Cappello

Direttore scientifico di Filotecna ed esperto di fondi europei

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