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Economia Mer 07 dicembre 2022

L'ad di Axerve: "Ecco quanto costa il pos ai commercianti"

Alessandro Bocca, ad dell'azienda he opera nell’ambito dell’accettazione dei pagamenti digitali, fa luce sui costi del pos. L'ad di Axerve: "Ecco quanto costa il pos ai commercianti" POS PAGAMENTI CARTA DI CREDITO BANCOMAT ECONOMIA FINANZA POSTEPAY PAGAMENTO ELETTRONICO PAGAMENTI ELETTRONICI CONTACTLESS
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

“Pagare un caffè al bar con il pos ai commercianti costa 1 centesimo, lo 0,1% del costo”. Lo spiega Alessandro Bocca, ad di Axerve, che opera nell’ambito dell’accettazione dei pagamenti digitali e  ha in Italia oltre 100 mila clienti e più di 16 miliardi di euro di transato all’anno. “Il pos non è certo una spesa folle per i commercianti- dice Bocca- perché la tecnologia che abilita i pagamenti con il tempo si è molto evoluta. E ora ci sono molte società che lavorano nell’ambito dei pagamenti digitali che offrono molteplici soluzioni anche ai piccoli commercianti. Noi ad esempio abbiamo anche un  canone fisso fino a 30mila euro di transato, senza contare il numero di transazioni, che va da 17 a 22 euro al mese”.
Però è rimasta l’idea che il Pos sia molto costoso per il commerciante.
“I primi pos, agli inizi degli anni ’90 avevano anche il telefono incorporato perché utilizzavano la connessione “dial in” quella telefonica e costavano circa 3 milioni di vecchie lire (circa 1500 euro ndr). Ora la spesa è intorno ai 100 euro.  La tecnologia ma anche l’industria e i regolatori negli ultimi 10-12 anni sono intervenuti tantissimo per rendere i pagamenti elettronici competitivi rispetto agli altri metodi di pagamento”.
Quale è stata l’evoluzione del settore?
“La prima direttiva  della Ue è stata quella  che ha stabilito che i contratti dovevano essere a tempo indeterminato e  che l’esercente poteva recedere in qualsiasi momento, senza spese, penalità e con rimborso dei canoni non goduti.   Il secondo momento importante è stato quando le commissioni di interscambio, cioè i costi principali collegati alle transazioni con carte di credito sono stati  rivisti in modo significativo. E sono stati portati a un costo equivalente a quello del contante. Fino al 2015, per accettare una carta esistevano anche dei costi fissi  di alcuni centesimi. E quindi accettarla per un caffè diventava realmente un problema perché il commerciante doveva pagare  20 centesimi di commissioni. Oggi questa cosa è venuta meno, si ragiona sempre in percentuale. Quando questa cosa dei 60 euro  aquelle che sono le condizioni di mercato oggi presenti, è un tema irrilevante perché l’esercente paga sempre una percentuale. Pagherà sempre l’1% di 1  euro o lo 0,5% di 1 euro piuttosto che e l’1% di 50 euro”.
La transazione costa sempre l’1%?
“Questa è una scelta del provider. Noi abbiamo contratti  che hanno una commissione dell’1% applicata sulle transazioni ma il nostro terminale costa 100 euro. Altri propongono un terminale in vendita ad importi molto più contenuti, magari 19 o 20 euro, però prevedono l’1,95%. Altre banche hanno il canone mensile, però magari le commissioni sono addirittura sotto l’1%. Se si paga con il bancomat a volte vediamo offerte anche sotto lo 0,5%.
Come si fa a trovare l’offerta migliore?
“C’è molta competizione posso andare in banca  oppure, banalmente, fare  una ricerca su Google  “POS con le mie migliori condizioni” e trovo una pletora di offerte di tutti i tipi: con canone, senza commissioni a  offerte col terminale in acquisto o in comodato”.
Il terminale quanto costa adesso?
“Ci sono diverse tipologie di dispositivi. I mobile POS, che sono dei dispositivi che viaggiano in combinata con uno smartphone, quindi utilizzano la connettività dello stesso sono più semplici e più economici: vengono spesso venduti a 19/20 euro, a volte ci sono promozioni anche a un prezzo inferiore.  Magari hanno commissioni un po’ più alte,  quasi del 2%.  Perché ci si aspetta che chi aderisce a questo tipo di offerta abbia bisogni basici. Ossia accettare la carta se viene richiesto dal cliente, ma senza sobbarcarsi elevati costi fissi di gestione del terminale. Oppure ci sono terminali di ultima generazione, che hanno la connettività integrata intorno ai 100 euro. Noi oggi siamo in promozione ad 80 euro con commissioni all’1%”.
Il vero vantaggio del Pos qual è?
“Se il caffè costa 1,20 euro e il commerciante paga 1 centesimo di commissione vuol dire che incassa 1,19 euro, però subito. I soldi sono già in banca non nel cassetto”.
Ma ci sono però problemi di tracciamento della transazione?
“Le cose sono cambiate: perché il commerciante ha l’obbligo dell’invio dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate. Normalmente tutti i dispositivi di cassa devono essere collegati. Diciamo che  il commerciante sostanzialmente o proprio non batte lo scontrino oppure non sfugge al fisco. Quindi se il cliente paga in contanti ma chiede lo scontrino è  come se pagasse con il Pos.  Ma a fine giornata il commerciante ha già in banca i soldi e non deve neppure contarli”.
Quindi?
“La ragione a questo punto non è il Pos: gli alibi che ci potevano essere fino a una decina d’anni fa adesso non reggono più. A volte ce la prendiamo con l’Europa eccetera, però quello che è stato fatto nel mondo dei sistemi di pagamento è paragonabile a ciò che è stato fatto nelle telecomunicazioni negli anni ‘90: cioè una progressiva liberalizzazione, dove le funzioni base, come telefonare e mandare i messaggi, diventano delle commodity e la competizione viene aperta al massimo. Quindi, il guadagno  si fa su  altri servizi a valore aggiunto. Questa cosa la Commissione Europea ha iniziato a farla sul mondo dei pagamenti più o meno 12 anni fa, con la prima direttiva, con l’obiettivo  di aprire  il mercato, creare  dei parametri e dei requisiti a soggetti che non debbano essere banche – quindi soggetti più snelli – comunque vigilati e che si devono dotare di una serie di caratteristiche e anche di un patrimonio per  poter operare nel mercato dei pagamenti digitali”.
Quante sono le società come la vostra?
“Se guardiamo a livello europeo parliamo di centinaia, se non migliaia di operatori di questo tipo. Il numero di realtà che sono autorizzate come istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica è veramente molto ampio. Poi ci sono operatori puramente locali”.
Perché  siete solo in Italia?
“Abbiamo anche un perimetro europeo di offerta però più legato al mondo delle corporate. Se guardiamo invece al mercato dei piccoli operatori il nostro mercato è l’Italia, quello che conosciamo meglio”.
Solo voi ad offrite il canone fisso come Netflix o Spotify?
“Per il canone fisso a zero commissioni non mi risultano altre proposte sul mercato. Alcuni offrono commissioni zero fino a un certo importo, ad esempio 10 euro, ma in questo caso le transazioni di importi più alti costano magari un po’ di più.  L’offerta ormai è molto ampia e, come dicevo, le barriere all’uscita dal contratto del pos sono inesistenti: chi oggi vuole dotarsi uno strumento di accettazione di pagamenti elettronici può farlo con grande serenità e a costi assolutamente ragionevoli. Credo che in generale, ma si vede anche negli acquisti online,  che questi sistemi che possono essere connessi anche ad offerte come il “Buy now, pay later”  (compra adesso e paga dopo ndr)  siano capaci di attrarre un maggior numero di clienti e aumentare il valore medio della spesa”.

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