Open Fiber, azzerate le prime linee: cambiati già 6 top manager
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Economia Ven 22 luglio 2022

Open Fiber, azzerate le prime linee: cambiati già 6 top manager

Mentre il Paese è nel pieno della crisi politica, l’azienda pubblica Open Fiber è nel bel mezzo di una riorganizzazione senza precedenti. Open Fiber, azzerate le prime linee: cambiati già 6 top manager MARIO ROSSETTI AD OPEN FIBER
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

L’aggiornamento di Open Fiber

Mentre il Paese è nel pieno della crisi politica, l’azienda pubblica Open Fiber è nel bel mezzo di una riorganizzazione senza precedenti. In poco meni di sei mesi il numero uno Mario Rossetti ha cambiato ben sei top manager: il direttore technology, Paolo Perfetti, il responsabile relazioni esterne, Paolo Germiniani, il capo del customer care, Sabino Titomalio, il direttore network & operations cluster, Stefano Paggi, il capo degli approvvigionamenti Antonio Sannino, e il responsabile commerciale, Simone Bonannini. Tutti professionisti ben noti nel mondo delle tlc: Paggi, ad esempio era capo della rete in Tim, mentre Bonnanini era amministratore delegato di Interoute Italia, uno dei più importanti operatori della fibra in Europa.

Ma soprattutto faceva parte del ristretto team che nel 2014 ha ideato il progetto della rete unica pubblica di Open Fiber assieme all’ex vicesegretario generale della Presidenza del consiglio, Raffaele Tiscar, prematuramente scomparso. Indiscrezioni riferiscono di un normale ricambio manageriale dopo l’uscita di Enel e il rafforzamento di Cdp nel capitale di Open Fiber. Ma anche di una certa preoccupazione dei vertici per i conti aziendali. Timori che avrebbero portato al ricambio. Tuttavia questa ipotesi è indirettamente smentita dalla stessa Open Fiber che in una nota ha ringraziato il responsabile commerciale Bonannini per il «raggiungimento di importanti obiettivi di sviluppo commerciale».

Tutto in evoluzione

E di sicuro in azienda c’è un certo fermento dopo che lo sponsor dello stesso Rossetti, Pierpaolo Di Stefano, ha deciso di fare un passo indietro lasciando Cdp equity. E cioè, come riferisce il quotidiano Repubblica, è uscito di scena il vero king maker del dossier rete unica nell’era dell’ex ad di Cdp, Fabrizio Palermo. Come per i manager di Open Fiber, anche in questo caso, l’uscita è stata concordata con il nuovo ad della Cassa, Dario Scannapieco.

Rete unica più lontana

Intanto con l’incertezza politica e i rimescolamenti manageriale, si allontanano le nozze fra la società della rete di Tim, NetCo, e Open Fiber. Benché sia già partito il totonomine per il futuro ad della rete unica. Oltre al tema dei debiti da accollare alla nuova società, resta anche quello dei dipendenti di Tim che dovranno confluire nella nuova azienda. Per non parlare del socio francese che chiede una valutazione stellare (30 miliardi) per il network dell’ex monopolista di Stato. Del resto finora il governo di Mario Draghi non ha chiarito quali fossero i suoi progetti per Tim, nonostante il fatto che Cassa Depositi e Prestiti sia socio sia dell’ex monopolista che di Open Fiber. E non si è mai trovata la quadra sul concambio al quale dovrebbe avvenire l’operazione di fusione fra la rete della società guidata da Pietro Labriola e quella di Rossetti.

Intanto a Bruxelles

Sul tavolo dell’Antitrust europeo è arrivata una denuncia per intesa restrittiva della concorrenza fra Tim e Open Fiber. E di certo non testimonia a favore l’indebolimento del commerciale dell’azienda guidata da Rossetti. Ma il peggio, secondo quanto risulta a Verità&Affari, è che presto potrebbe arrivare una seconda denuncia sullo stesso tema. Fatto che rischia di bloccare il progetto della rete unica su cui comunque a questo punto dovrebbe esprimersi anche il nuovo governo. A meno che l’ad di Cdp, in assenza di direttive politiche, non decida di portare avanti il progetto. Scelta di cui evidentemente dovrà riferire ai suoi azionisti, il Tesoro, e le Fondazioni bancarie che chiedono investimenti redditizi.

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