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EconomiaPrimo piano Gio 12 gennaio 2023

Orsero ha ancora fame: "Dopo la Francia guardiamo al Portogallo e al mercato dei frutti di bosco"

Raffaella Orsero, il ceo dell'azienda leader nell'importazione e produzione di ortofrutta, reduce da una doppia acquisizione oltreconfine Orsero ha ancora fame: "Dopo la Francia guardiamo al Portogallo e al mercato dei frutti di bosco"
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Il doppio colpo di Orsero in Francia

Mentre la cronaca finanziaria parla di una sorta di “assalto” francese alle roccaforti di credito, assicurazioni, risparmio e tlc Italiane, c’è un’azienda quotata, leader nel suo mercato di riferimento, quello dell’ortofrutta, che varca il confine e piazza un doppio colpo a casa dei cugini transalpini. Si chiama Orsero e rappresenta uno degli storici marchi italiani del settore food: da 80 anni è alle prese con l’importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi. Il gruppo ha vissuto, un po’ di anni fa, un momento di “discreta” difficoltà. Passaggi generazionali – tipici di buona parte delle società a trazione familiare del nostro tessuto imprenditoriale – dal quale però gli ultimi eredi sono usciti alla grande. Tant’è che oggi Raffaella Orsero, vicepresidente e ceo insieme a Matteo Colombini, può festeggiare due operazioni che posizionano il gruppo in cima al mercato transalpino del fresco di frutta e della verdura. Ai non addetti ai lavori i nomi non diranno molto, ma Blampin Sas e Capexo (l’investimento complessivo è stato di circa 65 milioni) rappresentano due gioiellini delle rispettive nicchie di settore. 

Dottoressa Orsero perché avete scelto il mercato francese?

“Perché parliamo della Francia. Un grande Paese che ha una sua solidità economica e delle peculiarità che la differenziano dall’Italia. Noi siamo presenti in Francia da quasi 30 anni e abbiamo visto che la società con la quale presidiamo il mercato transalpino aveva delle difficoltà a crescere autonomamente. Aveva bisogno di un supporto e gliel’abbiamo dato. Non si tratta di operazioni improvvisate, ma studiate da due anni. Abbiamo valutato diverse società e poi scelto quelle che facevano al caso nostro”.

Andando a colmare dei vuoti?

“Con la sua presenza diretta in 12 mercati generali all’ingrosso delle otto principali città francesi, Blampin ci dà la possibilità di posizionarci in un canale di vendita importante e florido a oggi scarsamente presidiato, mentre grazie a Capexo contiamo di rafforzarci nel comparto dei frutti esotici. Tenga conto che Blampin fattura circa 200 milioni di euro e rappresenta una sorta di unicum nel suo genere. Sia per il prodotto che per l’alta professionalità del sistema di gestione che prenderemo come esempio anche per le altre realtà che controlliamo all’estero. Al tempo stesso bisogna ricordare che in Francia c’è una cultura sul consumo di frutta esotica molto più radicata rispetto all’Italia. Tant’è che parliamo di un consumo praticamente doppio”.

Con l’avocado che va sempre per la maggiore?

“Tenga conto che l’avocado non viene neanche più considerato un frutto esotico, tant’è che in Italia è stato addirittura inserito nel paniere Istat dell’inflazione. Poi c’è il mango e se proprio vogliamo trovare un elemento di novità è rappresentato dall’incremento del consumo di zenzero”. 

Questione di gusti o di mode? 

“Guardi, più che di gusti o di mode parlerei di questioni culturali e generazionali. Da un lato si predilige la frutta semplice da mangiare – perché le nuove generazioni la “usano” molto anche come snack tra un pasto e l’altro e perché nella società moderna i ritmi sono più frenetici -, dall’altro sono subentrate delle varianti rispetto ai frutti tradizionali per cercare di assecondare i gusti dei consumatori. Per questo motivo, tanto per farle degli esempi, negli ultimi 15 anni il consumo di pere in Italia è drasticamente diminuito a vantaggio per esempio dello stesso avocado, che risulta di più comoda fruizione, mentre vanno sempre più per la maggiore i pomodori nichel free, che ormai i consumatori acquistano senza avere la consapevolezza delle caratteristiche specifiche del prodotto. Complessivamente sono anni che il consumo di frutta e verdura resta più o meno sugli stessi livelli. Poi all’interno di questa quantità ci sono delle variazioni sui prodotti anche abbastanza significative”. 

Torniamo al vostro futuro. Dopo la Francia guardate ad altri mercati da aggredire?

“Al momento dobbiamo digerire queste operazioni. Poi, mai dire mai. Nel senso che ci sono dei limiti, certo, ma se dovessero prospettarsi delle opportunità proveremo a coglierle”.

Quali sono i mercati più interessanti?

“Guardiamo con interesse al Nord dell’Europa – penso per esempio al mercato tedesco che è molto attraente e difficile – e anche oltre oceano, così come siamo attenti a quello che succede in Portogallo, dove c’è una nostra società. Abbiamo già fatto degli investimenti che dovrebbero dare a breve i loro frutti, ma anche in questo caso non ci precludiamo le strade di nuove acquisizioni. E poi ci sono i verticali”.

Cosa intende?

“I singoli prodotti. Prenda i frutti di bosco che sono in grandissima crescita anche per il discorso della fruibilità che facevamo prima. L’Italia è un importante produttore di frutti di bosco, ma ci sono mercati, penso soprattutto al Marocco, in grandissima espansione. Ecco, se dovessi indicarle un “pericoloso” competitor per il nostro Paese, di sicuro le indicherei il Marocco. E non solo per i frutti di bosco…”.

Già il fatto che si parli di acquisizioni e non di crisi da caro energia e caro materie prime, vuol dire che le cose vanno bene.

“Le cose vanno bene, ma questo non vuol dire che il caro energia o il caro logistica – penso solo al prezzo dei noli marittimi che è schizzato all’insù – non abbiano avuto un peso. Anzi. Noi siamo un’azienda energivora perché la nostra merce viene conservata  in magazzini refrigerati, e abbiamo subito e in parte stiamo subendo ancora un gap notevole rispetto a diversi nostri concorrenti”.

A quali Paesi si riferisce?

“Soprattutto alla Francia. Il nucleare per loro è un grande valore aggiunto. Nel 2022 le nostre imprese hanno pagato circa 7 milioni di euro in più di energia con 4,5 milioni di aggravi che dipendono dall’Italia. Ovviamente questi maggiori costi si riverberano sui clienti e quindi sul consumatore finale. Possiamo parlare di un incremento complessivo delle spese del 20%. Da questo punto di vista siamo moderatamente preoccupati. Perché è lecito chiedersi se il carovita porterà a una riduzione dei consumi. Fino ad ora non è stato così, ma resta un punto domanda non secondario”. 

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