Le pensioni per il 2023: chi piange e chi ride tra riduzione della speranza di vita e mancate rivalutazioni - V&A
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Economia/Primo piano
EconomiaPrimo piano Mar 03 gennaio 2023

Le pensioni per il 2023: chi piange e chi ride tra riduzione della speranza di vita e mancate rivalutazioni

Chi lascia il lavoro quest'anno vedrà l'assegno aumentare leggermente per la riduzione della speranza di vita. Ma negli ultimi 15 anni... Le pensioni per il 2023: chi piange e chi ride tra riduzione della speranza di vita e mancate rivalutazioni SEDE DELL' INPS, TARGA INPS LOGO
Redazione Verità&Affari
di 
Redazione Verità&Affari

La speranza di vita rallenta 

C’è chi piange e chi ride. Ma come nel 2023 il tema previdenziale è destinato a far discutere e a dividere gli italiani che stanno per lasciare il lavoro. Partiamo dalle notizie positive che poi tanto positive non sono, perché dipendono dalla riduzione dell’aspettativa di vita legata alla pandemia. Semplificando: a causa del Covid gli italiani in media “sperano” di vivere meno anni di prima. Di conseguenza anche gli anni e i mesi in cui vanno suddivisi i contributi accumulati durante il periodo lavorativo sono inferiori del passato e quindi l’assegno diventa leggermente più corposo.

Il complesso meccanismo del coefficiente di trasformazione può essere semplificato così. Due avvertenze. La prima: come ricorda Il Messaggero la buona notizia è riservata solo a chi – anche in parte – si vede calcolata la pensione con il sistema contributivo (quindi si applica a pieno a chi ha iniziato a lavorare a partire dal 1996). La seconda: l’Istat, che ha provveduto al solito aggiornamento biennale del coefficiente, prevede che il calo della speranza di vita sarà di 1,2 anni. In soldoni, per fare degli esempi, ci sarà un incremento del 2,35% per l’assegno di un sessantaduenne che lascia il lavoro quest’anno rispetto a un suo pari età che è andato in pensione nel 2022 e del 3% per un settantenne. 

I dati di Scenari Previdenziali

Detto di chi sorride – andrebbe ricordato anche che l’ultima manovra ha portato nel 2023 le pensioni minime a 600 euro per gli over 75 – arriviamo alle notizie meno liete. Che sono ancora quelle che ci portiamo dietro dal governo Monti. Certo sarebbe riduttivo prendersela solo con l’ex presidente del Consiglio, ma sicuramente il suo esecutivo ha dato un contributo fondamentale al taglio degli assegni del lavoratore medio italiano. Secondo le elaborazioni di Scenari Previdenziali – l’osservatorio presieduto da Alberto Brambilla – in dieci anni la svalutazione degli assegni medio-alti ha provocato una perdita del potere d’acquisto del 20%. Nel 2012-2013 infatti sono state azzerate le rivalutazioni delle pensioni oltre quattro volte il minimo (circa 2mila euro lordi), tagli che si sarebbero dovuti rientrare quest’anno, ma non sarà così. O lo sarà solo in parte. Sta di fatto che secondo la simulazione il pensionato che percepiva 2.250 euro netti al mese nel 2005 ha visto la rendita decurtata del 20,2% in termini reali .

Condividi articolo