Le mosse della Bce per l'Italia, così Lagarde cerca di salvare Draghi
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Economia Mar 07 giugno 2022

Un piano a due velocità per l'Italia, così Lagarde cerca di salvare la faccia a Draghi

La Banca centrale europea che potrebbe essere prodromica all’arrivo dell’Euro a due velocità. Uno per i Paesi del Sud più poveri. Un piano a due velocità per l'Italia, così Lagarde cerca di salvare la faccia a Draghi Il Presidente della BCE Mario Draghi con Chrisitne Lagarde, Presidente designata della Banca Centrale Europea
Carlo Cambi
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Carlo Cambi

Le decisioni della Bce per l’economia italiana

Alla fine la montagna diverrà un vulcano capace di bruciare l’economia italiana. Nessuno sembra in apparenza farci caso, ma annunciata a colpi di spread giovedì ci sarà ad Amsterdam una riunione della Banca centrale europea che potrebbe essere prodromica all’arrivo dell’Euro a due velocità. Uno per i Paesi del Sud più poveri e come l’Italia indebitatissimi, uno per il blocco franco-tedesco e satelliti.

Questa previsione ha per ora le sembianze di un’accomodante Christine Lagarde desiderosa di salvare la faccia del suo amico Mario Draghi. Lo fa probabilmente più per lui che per l’Italia e forse il nostro presidente del Consiglio comincia a capire che la partita – al di là delle passerelle sull’Ucraina – è molto più complicata del previsto. Per capire cosa capita ci sono due indicatori: uno è lo spread, l’altro sono le dichiarazioni dei partiti.

La sostenibilità del debito

Abbiamo scritto domenica che il documento di Goldman Sachs – di cui Mario Draghi è stato vicepresidente nell’intervallo tra la fine del suo incarico come direttore generale del Tesoro e l’arrivo in Banca d’Italia – sulla sostenibilità del debito dei cosiddetti Pigs era in realtà mirato solo all’Italia per dire: non mandate al governo il centrodestra nel 2023 perché questo vi discosta dall’Europa e noi – intesi come mercati – vi puniremo. Siamo, agli occhi degli investitori, l’anomalia del sistema Europa e lo siamo sia politicamente sia economicamente.

Una conferma indiretta arriva da Carlo Calenda che pur stando ai margini del milieu turbo-capitalista che muove il mondo anela farne parte e ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo: larghe intese permanenti per tenersi la garanzia Mario Draghi. Enrico Letta (Pd) ha commentato: non se ne parla, il che significa che ci sta pensando. Chi di certo non accetta è Giorgia Meloni (FdI) e tanto meno Matteo Salvini (Lega). C’è l’incognita Silvio Berlusconi, su questo si spacca Forza Italia con i governisti – primo fra tutti Renato Brunetta che vagheggia crescite impossibili dell’Italia – sdraiati su Draghi e gli altri desiderosi di cambiare stagione.

L’intervento della Bce

In questo clima interviene la Bce che osserva da vicino le mosse dei mercati sull’Italia e non si fida del quadro politico. Come detto ieri lo spread ha aperto a 230 punti base, poi per tutta la mattina si è tenuto su quota 220 con il rendimento del nostro Btp stabilmente sopra il 3,5%. Tanto basta per dire che appena la Bce toccherà i tassi e sospenderà il Pepp (il programma speciale di acquisto titoli per fare fronte alla pandemia) l’Italia finirà nel mirino degli speculatori, a maggior ragione se la finalità è – alla faccia delle democrazia – di condizionare l’esito del voto futuro prossimo.

Per questo Lagarde mette le mani avanti. E fa filtrare attraverso il Financial Times un’indiscrezione secondo cui giovedì si proporrà un programma a due velocità: da una parte un rialzo dei tassi che non è ormai più rinviabile – dopo gli interventi della Fed, l’Euro tra l’altro s’indebolisce aumentando il costo della bolletta energetica – dall’altra la fine dell’acquisto titoli, ma condizionato. Nel documento finale del board dovrebbe esserci scritto: «Manterremo la flessibilità qualora l’obbiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi dovesse trovarsi in condizioni di stress». Tradotto: se mettono nel mirino l’Italia con forti svendite sui titoli per far alzare i rendimenti del Btp interveniamo noi e compriamo così da stabilizzare per quanto si può lo spread.
Il fatto è che la Bce ha, a questo punto, risorse limitate: dispone di 200 miliardi di euro non ancora impiegati nel Pepp. Per fare altro ha bisogno dell’accordo di tutti. È prevedibile che la Bundesbank si metta di traverso, l’Austria e l’Olanda non vogliono neppure sentirne parlare e anche in sede politica (dunque oltre il board dell’Eurotower) per i conti dell’Italia non tira aria buona. La Svezia, accolta con gli evviva nella Nato, ha già detto per bocca del primo ministro Magdalena Andersson a proposito di un Recovery bis: «Alcuni paesi trovano sempre degli argomenti per non pagare le proprie spese».

Il clima dunque non è dei migliori e questa doppia velocità della Bce sui titoli per salvare l’Italia non piace a molti. Sul piatto potrebbero esserci delle condizionalità stringentissime e gli unici a fare whatever it takes potremmo dover essere noi italiani sia per salvare l’Euro sia per salvare noi stessi. Mario Draghi lo sa ed evita accuratamente di parlare di economia. Perciò giovedì ad Amsterdam potrebbe rompersi il tabù del doppio Euro. Del resto il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz lo ha già teorizzato: «L’Euro nella sua promessa di prosperità per tutti ha fallito, ora si deve creare un Euro forte per i paesi nordici e uno debole per chi non ce la fa».

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