Fed vicina al picco dei rialzi? La recessione preoccupa di più
Il rialzo dei tassi di 75 punti base (che porta il tasso di riserva bancaria al 2,40%) è stato di dimensioni simili a quello di giugno.Il rialzo dei tassi Usa
Il rialzo dei tassi di 75 punti base (che porta il tasso di riserva bancaria al 2,40%) è stato di dimensioni simili a quello di giugno, ma la “forma” è stata molto diversa, e in definitiva molto più misurata. Sebbene ufficialmente tutti siano ancora concentrati sull’inflazione elevata, cominciano a emergere le prime avvisaglie sul rischio di recessione economica. A conferma di ciò, la Fed ha smesso di dare indicazioni per la prossima riunione di settembre, suggerendo al contempo un rallentamento dei ritmi futuri. Il tono è stato piuttosto evasivo. Secondo il presidente Powell, d’ora in poi si tratterà di “riunione per riunione”, il che significa tutto e niente.
Per noi la conclusione è che il famoso “picco della Fed” potrebbe essere stato raggiunto. Non certo il picco dei tassi, che è ancora leggermente al di sopra, ma il picco della retorica aggressiva della Fed e in particolare della sua assidua lotta contro l’alta inflazione. La disponibilità a considerare la decelerazione economica (per ora la Fed continua a rifiutare il termine “recessione”, aggrappandosi al mercato del lavoro ancora forte) è forse il primo passo.
In ogni caso, questa riunione ha più le caratteristiche del Dna “storico” della Fed, in particolare la sua vigilanza contro il rischio di una recessione e di un inasprimento troppo rapido delle condizioni finanziarie. Degno di nota è anche lo spostamento dell’attenzione del presidente Powell, durante la conferenza stampa, dall’inflazione “headline” all’inflazione “core”. A giugno era stata omessa l’inflazione core, che è più bassa e meno legata alle materie prime globali. Questo ha fatto temere agli osservatori una fuga disordinata verso la sicurezza a causa dell’attuale contesto geopolitico (e del gas/petrolio). Gli economisti “in-house”, amanti del “core” rispetto a “headline”, sembrano essere stati ascoltati di più rispetto a giugno.
Per quanto riguarda la prossima riunione di settembre, se il segnale indica un calo dei tassi e in particolare un passaggio da 75 pb a 50 pb, riteniamo che il calo potrebbe essere più pronunciato con soli +25 pb dato l’imminente deterioramento dei dati economici. Il seminario di Jackson Hole a fine agosto sarà il test finale e questi saranno i segnali da seguire. Abbiamo avuto la sensazione che Powell non abbia voluto dire troppo questa volta, percependo l’avvicinarsi di questa importante scadenza.
Facendo un passo indietro, continuiamo a dubitare della prosecuzione dei rialzi dei tassi nel 2023, come indicato nella tabella ufficiale delle previsioni (Powell ha ritenuto ancora valide quelle di giugno e in particolare un ulteriore aumento di 50 pb nel 2023). Il mercato del lavoro potrebbe infatti subire un’inversione più pronunciata del previsto. Due effetti ci sembrano importanti: da un lato, la significativa inerzia dell’impatto economico dei passati rialzi dei tassi e, dall’altro, la forte sensibilità macroeconomica dell’economia statunitense ai tassi d’interesse in un contesto di elevato debito (pubblico e privato). Non è ancora certo che la Fed riuscirà a ottenere un “soft landing”, anzi potrebbe essere già troppo tardi per questo scenario.
Thomas Costerg
Senior US Economist Pictet Wealth Management