Fed vicina al picco dei rialzi? La recessione preoccupa di più
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EconomiaIn evidenza Lun 01 agosto 2022

Fed vicina al picco dei rialzi? La recessione preoccupa di più

Il rialzo dei tassi di 75 punti base (che porta il tasso di riserva bancaria al 2,40%) è stato di dimensioni simili a quello di giugno. Fed vicina al picco dei rialzi? La recessione preoccupa di più
Redazione Verità&Affari
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Il rialzo dei tassi Usa

Il rialzo dei tassi di 75 punti base (che porta il tasso di riserva bancaria al 2,40%) è stato di dimensioni simili a quello di giugno, ma la “forma” è stata molto diversa, e in definitiva molto più misurata. Sebbene ufficialmente tutti siano ancora concentrati sull’inflazione elevata, cominciano a emergere le prime avvisaglie sul rischio di recessione economica. A conferma di ciò, la Fed ha smesso di dare indicazioni per la prossima riunione di settembre, suggerendo al contempo un rallentamento dei ritmi futuri. Il tono è stato piuttosto evasivo. Secondo il presidente Powell, d’ora in poi si tratterà di “riunione per riunione”, il che significa tutto e niente.

Per noi la conclusione è che il famoso “picco della Fed” potrebbe essere stato raggiunto. Non certo il picco dei tassi, che è ancora leggermente al di sopra, ma il picco della retorica aggressiva della Fed e in particolare della sua assidua lotta contro l’alta inflazione. La disponibilità a considerare la decelerazione economica (per ora la Fed continua a rifiutare il termine “recessione”, aggrappandosi al mercato del lavoro ancora forte) è forse il primo passo.

In ogni caso, questa riunione ha più le caratteristiche del Dna “storico” della Fed, in particolare la sua vigilanza contro il rischio di una recessione e di un inasprimento troppo rapido delle condizioni finanziarie. Degno di nota è anche lo spostamento dell’attenzione del presidente Powell, durante la conferenza stampa, dall’inflazione “headline” all’inflazione “core”. A giugno era stata omessa l’inflazione core, che è più bassa e meno legata alle materie prime globali. Questo ha fatto temere agli osservatori una fuga disordinata verso la sicurezza a causa dell’attuale contesto geopolitico (e del gas/petrolio). Gli economisti “in-house”, amanti del “core” rispetto a “headline”, sembrano essere stati ascoltati di più rispetto a giugno.

Per quanto riguarda la prossima riunione di settembre, se il segnale indica un calo dei tassi e in particolare un passaggio da 75 pb a 50 pb, riteniamo che il calo potrebbe essere più pronunciato con soli +25 pb dato l’imminente deterioramento dei dati economici. Il seminario di Jackson Hole a fine agosto sarà il test finale e questi saranno i segnali da seguire. Abbiamo avuto la sensazione che Powell non abbia voluto dire troppo questa volta, percependo l’avvicinarsi di questa importante scadenza.

Facendo un passo indietro, continuiamo a dubitare della prosecuzione dei rialzi dei tassi nel 2023, come indicato nella tabella ufficiale delle previsioni (Powell ha ritenuto ancora valide quelle di giugno e in particolare un ulteriore aumento di 50 pb nel 2023). Il mercato del lavoro potrebbe infatti subire un’inversione più pronunciata del previsto. Due effetti ci sembrano importanti: da un lato, la significativa inerzia dell’impatto economico dei passati rialzi dei tassi e, dall’altro, la forte sensibilità macroeconomica dell’economia statunitense ai tassi d’interesse in un contesto di elevato debito (pubblico e privato). Non è ancora certo che la Fed riuscirà a ottenere un “soft landing”, anzi potrebbe essere già troppo tardi per questo scenario.

Thomas Costerg
Senior US Economist Pictet Wealth Management

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