La rivoluzione del Fisco, premi sugli incassi e nuovo patto fiscale
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Economia Mer 26 ottobre 2022

La rivoluzione dell'Agenzia delle Entrate, premi sugli incassi e nuovo patto fiscale

«Un nuovo patto fiscale» che passa anche per una riforma «dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate». La rivoluzione dell'Agenzia delle Entrate, premi sugli incassi e nuovo patto fiscale
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La rivoluzione del Fisco

«Un nuovo patto fiscale» che passa anche per una riforma «dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate». Nel discorso programmatico in Parlamento, la premier Giorgia Meloni mette il dito nella piaga. E dice basta ai premi di produzione dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate ancorati non solo all’incassato, ma anche all’accertato. Un sistema che genera una distorsione negli importi degli accertamenti, soprattutto di quelli che arrivano a raffica a fine anno, senza peraltro necessariamente garantire il corrispondente incasso per lo Stato. Ma contribuendo principalmente ad alimentare l’ammontare del premio al dipendente del Fisco.

La Meloni ha annunciato che intende ancorare il sistema «di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate (…) agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora». Si tratta di una riforma che il centrodestra aveva previsto nel programma elettorale all’interno di una più ampia revisione del sistema fiscale, studiata dal noto tributarista di Fratelli d’Italia, Maurizio Leo.

Nuovo fisco in tre tappe

«Una rivoluzione copernicana» basata su «tre pilastri» come ha spiegato la premier. «Il primo: ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità – ha chiarito Meloni – riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della tassa piatta per le partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato. E, accanto a questa, introduzione della tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato e che può essere un forte incentivo alla crescita». Il secondo punto è « una tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese (in particolare alle piccole e medie imprese) in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco» ha chiarito. Il terzo pilastro è «una serrata lotta all’evasione fiscale (a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva)».

Le tempistiche

Il piano d’azione sul Fisco dovrebbe partire a stretto giro: dopo il decreto Aiuti, il governo Meloni passerà alla legge di Bilancio 2023, che sarà accompagnata dal decreto fiscale in cui potrebbe già essere prevista una nuova edizione della rottamazione per permettere il pagamento agevolato delle cartelle fino allo scorso giugno.

La regola del 5+5

Il centrodestra punta a cancellare le maxi-sanzioni che talvolta raddoppiano l’importo dovuto al fisco introducendo una multa del 5% da pagare insieme all’importo dovuto attraverso una rateizzazione di cinque anni. Dovrebbero essere riaperti anche i termini per chi è decaduto dalle precedenti sanatorie.

Intanto il governo punta a varare anche un «saldo e stralcio» per cancellare i debiti col fisco di piccolo importo (da mille ad un massimo di duemila) affidati alla riscossione fino al 2015. Il tutto compatibilmente con le risorse disponibili. Infine, nel programma di coalizione, è prevista anche l’incentivazione degli strumenti deflattivi del contenzioso per ridurre il numero di procedimenti in corso fra amministrazione fiscale e contribuenti. Solo in seguito si procederà alla semplificazione del fisco attraverso uno sfoltimento della giungla di detrazioni e deduzioni.

Agenzia nel mirino

Si partirà da una due diligence del magazzino del Fisco e dalla successiva l’eliminazione dei crediti inesigibili: nel bilancio pubblico ci sono infatti più di mille miliardi di crediti difficilmente recuperabili che sono in buona parte solo una posta figurativa. «La Corte dei conti dice che l’amministrazione finanziaria è in grado di riscuotere circa il 6 e il 7 per cento delle cartelle in magazzino. Quelle che non si possono riscuotere bisogna abbandonarle perché si spendono soldi e i relativi valori andrebbero stralciati dal bilancio (come sarebbe per qualsiasi soggetto privato che non può presentare un attivo inesistente)» aveva spiegato Leo a Verità&Affari lo scorso 8 agosto. Infine c’è un altro tassello particolarmente importante: il centrodestra vorrebbe togliere all’Agenzia la funzione di interpretazione delle norme fiscali. Funzione che tornerebbe nelle mani del Tesoro.

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