Dopo Draghi la sfida è lo scudo anti-spread. Le richieste dell'Ue
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ApprofondimentiEconomia Mer 20 luglio 2022

Dopo Draghi la vera sfida è lo scudo anti-spread. Le richieste dell'Ue

Si avvicina l’appuntamento decisivo per il futuro dello scudo anti-spread. Domani la Bce non solo annuncerà l’aumento dei tassi di interesse. Dopo Draghi la vera sfida è lo scudo anti-spread. Le richieste dell'Ue bce banca centrale europea
Nino Sunseri
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Nino Sunseri

Giornalista economico finanziario da oltre 50 anni, ha cominciato nel 1974 al Giornale di Sicilia. Ha lavorato rivestendo ruoli di caposervizio e inviato per il Corriere della Sera, La Repubblica e Libero.

La sfida dello scudo anti-spread

Si avvicina l’appuntamento decisivo per il futuro dello scudo anti-spread. Domani la Bce non solo annuncerà l’aumento dei tassi di interesse, ma dovrà affrontare il tema delicatissimo del meccanismo europeo che servirà a mettere l’Italia e gli altri Paesi molto indebitati al riparo dalle fiammate dello spread. Il passaggio è molto stretto. Non solo per ragioni tecniche ma soprattutto politiche. Mentre Roma è nel pieno di una crisi di governo, fra Bruxelles e Francoforte si stanno definendo i dettagli sul funzionamento dell’ombrello di protezione del debito.

Il tema è particolarmente spinoso per i Paesi più deboli dal momento che l’utilizzo dello scudo sarà legato a precise condizioni. Secondo quanto risulta a Verità&Affari, per mettere in funzione il meccanismo sarà necessario che l’Italia, e gli altri Paesi che entreranno nel programma di protezione, rispettino le riforme strutturali collegate ai fondi del Recovery Plan. Per l’Italia si tratta di fisco, pubblica amministrazione e giustizia.

Le riforme richieste all’Italia

Con il fisco torna d’attualità il tema del catasto con il corredo dei possibili aumenti della tassazione da tempo richiesta da Bruxelles. E poi naturalmente c’è la revisione dell’Irpef che, secondo i piani del Parlamento, dovrebbe portare una riduzione delle imposte soprattutto a vantaggio delle generazioni più giovani. Le decisioni finali spetteranno al governo visto che gli interventi fanno parte della delega che le Camere hanno affidato all’esecutivo. Sulle altre due riforme (giustizia e pubblica amministrazione) c’è anche un punto di controverso che le accomuna. «Si tratta di interventi pressoché impossibili da misurare da un punto di vista macroeconomico» come spiega l’Osservatorio Recovery plan dell’Università di Roma Tor Vergata. Di qui il rischio che eventuali elezioni anticipate facciano «salire il prezzo» per l’Italia dell’uso dello scudo anti-spread con condizioni più pesanti di quelle finora discusse e legate al Pnrr.

Cosa dice la Bundesbank

Non sono affatto peanuts, noccioline per dirla con termine americano. Bensì argomenti pesanti sulla base dei quali funzionerà (o meno) lo scudo su cui, per esempio, si è già espresso con toni negativi il presidente della Bundesbank Joachim Nagel. Gli effetti dello scontro incidono direttamente sulle tasche degli italiani sia pure attraverso un meccanismo complesso. In queste ore i problemi da risolvere sono essenzialmente due. La prima questione è relativa a quando e come scatterà l’ombrello di protezione di Francoforte. L’argomento non è da poco perché bisognerà fissare le soglie dello spread oltre le quali l’Europa andrà incontro ai Paesi più deboli. Il tema ha fatto chiaramente scattare uno scontro all’interno del consiglio direttivo della Bce con i Paesi del Nord che giocano al risparmio. E quelli del Sud che invece cercano di spuntare le migliori condizioni possibili.

Il secondo punto è, se possibile, anche più delicato del primo: chi controllerà il rispetto delle condizioni imposte per ottenere la copertura? E quali saranno gli eventuali correttivi o le sanzioni per chi non rispetta? Ci vorrà del tempo prima che la soluzione venga trovata. I Paesi del Sud vorrebbero che ad avere l’ultima parola su tutto fosse la Commissione che, essendo un organo politico è ovviamente più sensibile alle eventuali mediazioni. I Paesi del Nord, Germania in testa, propendono per affidare l’incarico ai responsabili del Meccanismo europeo di stabilità (MES – European Stability Mechanism, ESM) . Si tratta di un organo strettamente tecnico e, come tale, più rigido.

Questa seconda ipotesi sarebbe chiaramente più difficile da far digerire ai Paesi del Mezzogiorno d’Europa, inclusa la Francia che a debito non sta poi messa così bene. Ma, al momento, complice anche la crisi politica italiana, che offre meno garanzie a Bruxelles sul futuro, sembra sia una delle opzioni più concrete sul tavolo. Una cosa è certa. Comunque la solidarietà europea sul debito non è regalata, ma avrà un costo. E in queste ore si deciderà il suo prezzo. Per l’Italia potrebbe essere piuttosto alto considerando che parlare di Mes nei palazzi romani è come nominare il diavolo.

Le reazioni della politica

Almeno due partiti della maggioranza, come Cinque stelle e Lega, lo considerano l’equivalente dell’inferno. Superare le inevitabili resistenze sarà un compito molto complicato per il nuovo capo del governo. L’unico che potrebbe convincere i partner europei a comportamenti più indulgenti nei nostri confronti è Mario Draghi. Per questa ragione Piazza Affari è sempre più convinta che alla fine non cambierà il capitano della squadra di Palazzo Chigi. La scommessa ha portato l’indice a salire del 2,4% mentre lo spread si ritira sempre più vicino alla soglia dei duecento punti. Quota 204 è l’ultima segnalazione di ieri.

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