La sfida verso lo spazio e la delicata partita del Made in Italy
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EconomiaPrimo piano Lun 26 dicembre 2022

La sfida verso lo spazio e la delicata partita che gioca il Made in Italy

La perdita della missione VV22 del Vega C, complica le prospettive complessive per la conquista dello spazio targata made in Italy La sfida verso lo spazio e la delicata partita che gioca il Made in Italy
Redazione Verità&Affari
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L’Italia e la sfida verso lo spazio

La perdita della missione VV22 del Vega C, il lanciatore europeo di piccola-media taglia prodotto in Italia dalla Avio, ovvero il missile necessario per andare nello spazio, complica le prospettive complessive per la conquista del settore targata made in Italy. Nell’ambito delle tecnologie spaziali, il settore dei lanciatori è infatti il più critico in quanto garantisce l’accesso autonomo allo spazio, uno dei pilastri delle strategie spaziali dell’Unione europea e degli altri grandi player, come Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone e India.

La durissima concorrenza sui lanciatori non è solo quella geopolitica – a causa delle evidenti implicazioni di politica estera e di difesa – ma vede in campo gli interessi non sempre coincidenti dei tre Stati più importanti all’interno della stessa Agenzia spaziale europea (Esa), ossia Germania, Francia e Italia.

Un affare franco-italiano

I lanciatori in Esa sono un affare franco-italiano con la Germania che da anni cerca di entrare, avendo capito che si tratta di un business strategico e allo stesso tempo di una tecnologia di assoluto valore nelle relazioni internazionali. È infatti probabile che il fallimento del Vega C venga utilizzato dai partner francesi e tedeschi per provare a indebolire la posizione italiana che negli ultimi anni è stata vista come un problema visti i mutamenti del mercato.

La concorrenza dei lanciatori riutilizzabili statunitensi di SpaceX ha fatto saltare i conti di Ariane Group (joint venture di Airbus e Safran) che produce i lanciatori europei di grossa taglia – non a caso il nuovo Ariane 6 è in grave ritardo – determinando un quadro commerciale dove il Vega C, molto competitivo, è diventato centrale nella strategia europea ma anche motivo di confronti molto “schietti”.

Non a caso il vertice ministeriale dell’Esa di fine novembre era stato aperto da una dichiarazione congiunta del ministro dell’Industria e del Made in Italy, Adolfo Urso, responsabile dello spazio, e dei suoi omologhi francese e tedesco sul futuro quadro di sviluppo dei lanciatori europei. La dichiarazione aveva sopito preventivamente ulteriori scontri nel corso del vertice mettendo un punto fermo: se si investono fondi pubblici – come sono quelli dell’Esa – e l’Italia spende il 50 per cento per i lanciatori, l’Italia deve rientrare del 50 per cento.

Il lanciatore Maya

Lo scorso anno, a complicare le cose, c’era anche stata la decisione del colosso franco-tedesco Ariane Group di sviluppare Maya, un piccolo lanciatore riutilizzabile e quindi una minaccia per il segmento di mercato del Vega. Il governo Draghi aveva reagito duramente dando un chiaro avvertimento a Parigi, il Vega non si tocca. Insomma, anche nelle partnership c’è un interesse nazionale da proteggere e – ovviamente – equilibrare con quello dei partner.

Per questo motivo sarà necessario seguire attentamente il lavoro della commissione indipendente per indagare sul fallimento del lancio del Vega istituita da Arianespace e Agenzia spaziale europea. Ci vorrà infatti tempo prima di capire che cosa sia accaduto al di là dei primi dati che la stessa Avio ha reso noto: l’anomalia è avvenuta poco dopo l’accensione del secondo stadio (il motore Zefiro 40), una dei momenti più delicati. La letteratura sulla fallibilità dei lanciatori rileva, infatti, che i sottosistemi più critici sono la propulsione, i sistemi di separazione e il sistema di controllo della traiettoria e dell’assetto.

Questi tre sottosistemi da soli rappresentano il 90 per cento dei fallimenti di lancio, con un 54 per cento corrispondente al sistema di propulsione. Di sicuro, come nell’ingegneria aeronautica, anche in quella spaziale la sicurezza e l’affidabilità si ottengono imparando dagli errori fatti e dalle indagini accuratissime che seguono. Un modo diverso non c’è. Lo stop della prima missione commerciale del Vega non è ancora quantificabile dal punto di vista economico, ma certamente peserà sull’andamento azionario, potrebbe ritardare i prossimi lanci (per esempio i cinque satelliti di Copernico, la costellazione europea di osservazione della Terra, previsti tra il 2024 e il 2026), portare a un rallentamento della produzione e delle attività di sviluppo e ricerca.

Le prospettive di Avio

Intanto il ministro Urso è intervenuto recentemente per ribadire la fiducia nell’azienda che ha il suo quartier generale a Colleferro nei pressi di Roma. Un intervento che ha sottolineato la strategicità dell’impegno dell’Italia nella famiglia dei lanciatori europei e nella Avio, evitando di conseguenza che il titolo scendesse ulteriormente dopo la normale contrazione di circa il 9,5 per cento, che aveva fatto registrare alla Borsa di Milano il 21 dicembre.

Un’ultima, importante, annotazione non può che riguardare la presa di posizione – non casuale – del ministro dell’Industria e del Made in Italy sulla partnership spaziale tra Italia e Ucraina durante le recenti celebrazioni della giornata nazionale dello spazio organizzata dalla Fondazione Leonardo – Civiltà delle macchine. “Italia e Ucraina stanno lavorando molto nell’aerospazio, insieme ad altri paesi ci siamo esposti per ingresso Ucraina in Esa”, aveva detto Urso, ricordando che i motori dei Vega sono in parte prodotti in Ucraina”.

Malgrado l’incidente, il tavolo di riflessione sui lanciatori in Esa è aperto e sarà da seguire attentamente. E siccome una decisione dovrà essere presa entro la fine del 2023, sarà necessario che l’Italia continui a tenere fermo lo sguardo sui propri interessi nazionali.

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