Spid, si cambia: il piano del governo in cinque mosse
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AperturaEconomia Sab 01 aprile 2023

Spid, si cambia: il piano del governo in cinque mosse

Addio quindi Sistema pubblico di identità digitale (Spid) e Carta nazionale dei Servizi (Cns). Spid è salva fino a giugno Spid, si cambia: il piano del governo in cinque mosse Il sottosegretario Alessio Butti
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Cosa succede allo Spid

Stop alle inutili duplicazioni. Il sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, ha detto chiaramente che il governo vede “la necessità di compiere una scelta definitiva tra sistemi apparentemente alternativi in un servizio che acquista ogni giorno un’importanza maggiore e di cui tutti i cittadini, a parità di condizioni di ingresso e di utilizzo, devono fruire quotidianamente”. Per il sottosegretario non è una questione di “sostituzione” ma di “una transizione verso un sistema unico“, come si legge nella risposta all’interpellanza della pentastellata Chiara Appendino.

Per questo il governo, come ha confermato anche Butti, sta semplificando le procedure di accesso tramite Cie. Non a caso lo scorso 27 marzo il ministero degli Interni ha reso noto sul sito Cartadidentita.it che per il Cie saranno sufficienti le credenziali di livello 1 e 2, associate alla propria carta di identità elettronica, per accedere in modo più semplice e veloce ai servizi online della Pubblica amministrazione e a quelli dei privati dotati del pulsante “Entra con Cie”.

Si tratta di “processo di razionalizzazione e innovazione – che – è irrinunciabile” si legge nella risposta. “E deve essere un processo capace di rispettare alcuni criteri fondamentali. Il primo è il ruolo dello Stato, che deve sempre e comunque garantire l’identità digitale ai suoi cittadini. Il secondo è quello della centralità di un unico documento di identità digitale. Il terzo è la valorizzazione di quanto già realizzato” aggiunge. “Il quarto è la capacità d’innovazione dimostrata dall’intero
ecosistema costruito intorno alla identità digitale” conclude.

A Palazzo Chigi c’è già un piano

Un progetto in quattro mosse che, se attuato, porterà ad un cambio di passo nella farraginosa macchina amministrativa. Se ne sta occupando un comitato tecnico di esperti sulla trasformazione digitale che fa capo al sottosegretario Alessio Butti. Quali sono gli interventi che il governo ha intenzione di fare? Concentrare il riconoscimento sulla carta d’identità digitale, procedere alla decertificazione totale, creare un vero passaporto digitale, rivedere le regole in chiave digitale e definizio delle relazioni con il garante della Privacy. Ma andiamo per gradi.

Carta d’identità digitale al centro

Il primo passo è proprio concentrare le modalità di accreditamento dell’identità sulla carta d’identità elettronica. Addio – sia pure a medio termine – al Sistema pubblico di identità digitale (Spid) e alla Carta nazionale dei Servizi (Cns). Il tutto potrebbe avvenire nel giro massimo di quindici mesi. Spid è salva almeno fino a giugno e quasi certamente anche oltre. 

Decertificazione totale

Il punto numero due è la scomparsa della carta dalla vita amministrativa. Stop quindi ai certificati cartacei e pezzi di carta di qualsiasi genere. La macchina pubblica dovrà funzionare solo con un sistema nativo digitale. Basta quindi anche a documenti stampati, firmati, timbrati e riscannerizzati. Il terzo passaggio prevede poi che il passaporto sia realmente digitale e contenga quindi gli stessi dati presenti nella carta d’identità digitale.

Revisione delle regole in chiave digitale

Il quarto punto sancisce la revisione e la semplificazione del codice amministrativo digitale. Sarà ridotto a 20 articoli. Tutto questo per renderne più immediata e diretta l’applicazione delle regole che renderanno anche più trasparente l’operato della pubblica amministrazione.

Rivedere le norme del rapporto fra Pa e Garante della Privacy

È questo forse il punto più delicato perché talvolta in nome della privacy i cittadini si scontrano con la pubblica amministrazione nel momento in cui sono alla ricerca di informazioni. L’obiettivo dell’esecutivo è mettere in sicurezza i dati e al tempo stesso garantire la trasparenza. Trovare il punto di equilibrio non sarà facile. Tuttavia a Palazzo Chigi sono convinti che sia possibile grazie ad un accordo quadro con il garante. Difficile dire quali saranno i tempi. Ciò che è certo è che la digitalizzazione non aspetta e l’Italia è già in ritardo.

Sullo sfondo restano però vecchi problemi

Se da un lato lo Stato tenta di semplificare e i cittadini si adeguano per forza di cose, l’amministrazione è talvolta ostile al cambiamento. Non di rado capita infatti di trovare regole attuative diverse da Regione a Regione, nonostante la presenza di  un quadro generale nazionale ben chiaro. Le stesse norme relative alla produzione di documenti nativi digitali delle amministrazioni pubbliche risalgono agli anni ’90.

E ancora oggi ci troviamo di fronte al paradosso che le amministrazioni lavorano con documenti cartacei (in analogico), misti (stampati e scannerizzati) e integralmente digitali. Insomma la confusione è massima e fare ordine non sarà facile perché il problema non sono tanto le regole quanto le distorsioni applicative. Distorsioni figlie anche dalla volontà di alcuni centri di potere di mantenere il loro status vessando il cittadino. La sfida è epocale. E in gioco non ci sono solo un pacco di certificati di carta, ma piuttosto la trasparenza, che è lotta all’evasione e alla corruzione.

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