Neppure con Draghi lo Stato paga i debiti, le Pmi soffrono di più
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Economia Lun 03 ottobre 2022

Neppure con Draghi lo Stato paga i debiti e sono le Pmi a soffrire di più

La cifra dei debiti accumulati dalla pubblica amministrazione italiana ammonta a 55,6 miliardi di euro. Si tratta di passivi commerciali. Neppure con Draghi lo Stato paga i debiti e sono le Pmi a soffrire di più
Redazione Verità&Affari
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I debiti dello Stato verso le Pmi

La cifra monstre dei debiti accumulati dalla pubblica amministrazione italiana ammonta a 55,6 miliardi di euro. Si tratta di passivi commerciali di parte corrente verso i propri fornitori, costituiti in prevalenza da piccole e medie imprese. La denuncia arriva dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha calcolato pagamenti «in grave ritardo rispetto ai tempi previsti dalla legge». Un dato che pesa in modo particolare in capo al presidente del Consiglio Mario Draghi. Che non solo non ha invertito la rotta, ma è riuscito a fare anche peggio di Giuseppe Conte, i cui debiti erano arrivati a 53 miliardi.

Le commesse

Stando alle elaborazioni della Cgia, le commesse della pubblica amministrazione ai privati ammontano complessivamente a circa 150 miliardi di euro all’anno. Mentre il numero delle imprese fornitrici si aggira attorno a un milione. Ma il governo Draghi non è riuscito a fare bella figura neppure sull’Indicatore di tempestività dei pagamenti.

Il peggior pagatore

Il ministero risultato meno reattivo a saldare le fatture è stato quello dell’Interno. L’indice pari a +67,09 giorni boccia totalmente Luciana Lamorgese. A conti fatti, il Viminale liquida i propri fornitori con oltre due mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista dal contratto. Segue quello per le Politiche agricole, guidato dal pentastellato Stefano Patuanelli, con +42,28 giorni. E la Difesa del dem Lorenzo Guerini con +32,75 giorni.

I ritardi locali

Tra le amministrazioni regionali, i maggiori ritardi si sono registrati in Abruzzo con 62 giorni oltre la scadenza, in Basilicata con 39,57 e in Campania con 9,74 giorni. Tra i comuni, la situazione si fa decisamente più critica. La maglia nera va al Comune di Napoli (amministrato da Gaetano Manfredi): ben 228,15 giorni di ritardo. Seguono Lecce (sindaco Carlo Salvemini) con 63,18 e Salerno (sindaco Vincenzo Napoli) con 61,57. E se si prendono in considerazione le Azienda sanitarie, la medaglia di cartone va ancora una volta a Napoli: l’Asl 1 Centro ha pagato con un ritardo di 43,77 giorni. Ma anche la Toscana, che da sempre gode di una finta fama da sperimentatrice di buone pratiche, si ritrova nell’elenco della Cgia di Mestre, con l’Usl Toscana Nord Ovest che mantiene numeri a due cifre: 22,34 giorni. Al terzo posto, però, c’è ancora una Azienda sanitaria napoletana: la Napoli 2 Nord, con 16,92 giorni di ritardo.

C’è una soluzione

La ricetta suggerita dall’Ufficio studi della Cgia per mettere una pezza è «la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi maturati da un’impresa nei confronti della Pubblica amministrazione e i debiti fiscali e contributivi che essa deve onorare all’erario».

Ultimi in Europa

Una soluzione, insomma, bisogna trovarla. Anche perché tra i 27 Stati dell’Unione europea, nessun altro Paese presenta uno score così negativo come l’Italia, dove l’incidenza dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione sul Pil è stata del 3,1 per cento. Riescono a fare meglio anche Romania e Bulgaria.

Pmi penalizzate

Ma c’è un ulteriore dato allarmante: secondo la Corte dei Conti si starebbe consolidando una tendenza che vede le amministrazioni pubbliche privilegiare il pagamento in tempi brevi delle fatture di importo maggiore e ritardare «intenzionalmente» la liquidazione di quelle di importo meno elevato. Le piccole e medie imprese in questo meccanismo ci rimettono più delle grandi industrie. E ora non gli resta che ringraziare Super Mario Draghi.

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