Tim, il 25 riparte il tavolo sulla rete. Il piano di Vivendi - V&A
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EconomiaPrimo piano Mar 17 gennaio 2023

Tim, il 25 riparte il tavolo sulla rete. Ecco il piano di Vivendi. Il titolo corre ancora

Il governo convoca Vivendi, Cdp e ministeri per la rete pubblica. Mani libere dei francesi dopo le dimissioni dell'ad dal Cda Tim Tim, il 25 riparte il tavolo sulla rete. Ecco il piano di Vivendi. Il titolo corre ancora ARNAUD DE PUYFONTAINE
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

La mossa di de Puyfontaine

Il tavolo fortemente voluto dal governo per arrivare alla rete pubblica si è impantanato, la distanza tra il primo e il secondo azionista di Tim – Vivendi e Cdp – nella valutazione della rete resta abissale (31 contro 18-19 miliardi) e la richiesta di un cambio nella governance (Sarmi al posto del presidente Rossi, ma non solo) è rimasta lettera morta, così con l’obiettivo di dare una svolta alla partita su Tim, il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine ha sparigliato le carte e si è dimesso “con effetto immediato” dal cda del gruppo telefonico, nel quale sedeva dal 2015. Un passo indietro che segue a meno di un mese di distanza quello di un altro manager transalpino, Frank Cadoret, e lascia il primo azionista di Tim con il 23,8% del capitale, senza nessun rappresentante in consiglio. Perché?

La mossa è stata motivata dal numero uno del colosso dei media con l’opportunità di avere le mani libere, giocando solo nel ruolo di azionista una partita decisiva per il futuro gruppo telefonico. “In questa fase di dialogo costruttivo fra i principali azionisti di Tim e le istituzioni sotto la guida del nuovo governo – ha evidenziato il manager – è fondamentale che tutte le parti siano libere di lavorare in maniera costruttiva e trasparente nell’interesse della società e di tutti i suoi azionisti”. In questo contesto  de Puyfontaine ritiene “opportuno dedicarsi” da ceo di Vivendi “a ristabilire per Tim un percorso di crescita e ad assicurare che il valore reale del gruppo e della rete, nella sua unicità, siano correttamente riconosciuti”.

Cosa vuol dire? Per Equita la mossa di Vivendi, che ha ribadito di considerare “centrali” Tim e l’Italia nei loro piani di investimento e di apprezzare il lavoro del governo Meloni, potrebbe essere funzionale alla presentazione di un “piano alternativo” alla vendita della rete a Cdp: un “piano B” consistente nello “scorporo” tra società della rete e dei servizi. Di avviso diverso Intermonte, secondo cui le dimissioni potrebbero “accelerare” un’intesa per la vendita della rete anche se Vivendi, che dispone di una “minoranza di blocco”, potrebbe sempre impedire la cessione in caso di valutazioni “insoddisfacenti”.

Difficile l’intesa con Cdp

La risposta potrebbe essere più semplice di quanto non sembri. Vivendi si è resa evidentemente conto che anche a questo giro è difficilissimo trovare un’accordo con Cassa Depositi e Prestiti e il più volte auspicato cambio della presidenza in Tim, da mesi sono insoddisfatti del comportamento di Salvatore Rossi spingevano per una sostituzione con Massimo Sarmi – è rimasto lettera morta. Con l’uscita di de Puyfontaine da un lato costringono il consiglio di amministrazione che si riunirà il 18 gennaio – pare che il malcontento si allarghi a quasi tutto il cda e che anche con l’ad Labriola i rapporti non siano ottimali – a prendere atto della situazione e dall’altro si tengono le mani libere in attesa di fare la prossima mossa.

Ecco, su quale sarà la prossima mossa spuntano le ipotesi più disparate. Si sa però che i francesi preferiscono la strada della separazione – una NetCo e una SerCo entrambe quotate – che certo ha delle complicazioni – per esempio ha bisogno del consenso dei bondholder – ma avrebbe il vantaggio di rimettere le valutazioni degli asset al mercato. E adesso per arrivarci è pronta a percorrere tutte le strade. Avere le mani libere probabilmente vuol dire proprio questo. 

Il titolo vola in Borsa

La Borsa, comunque, crede che lo scontro porterà alla fine a un compromesso e nel giorno delle dimissioni ha spinto il titolo a guadagnare il 3,3% prolungando così il rimbalzo che in un mese visto le azionirecuperare oltre il 25% del loro valore.  E anche nella seduta odierna Tim ha aperto crescita, più 1,4% a 0,2615. Da ricordare però che dopo l’appuntamento di gennaio, il 14 febbraio Tim dovrà presentare l’aggiornamento del piano industriale. In un mese sul piatto c’è la necessità di trovare un indirizzo sulla rete pubblica e aggiornare le guidance, come si possa raggiungere questo risultato in un clima talmente teso da portare il primo azionista a restare senza rappresentanti in cda appare difficile da capire.   

Il governo, che intanto ha riavviato il tavolo sulla rete pubblica convocando le parti per il 25 gennaio, sta pensando anche a una serie di incentivi – dalla riduzione dell’Iva fino ai voucher connettività e all’inclusione delle società di tlc tra le aziende energivore – per ridare fiato a una filiera messa a dura prova dalla competizione e dalla crisi energetica. A parte la questione tempi (quanto tempo ci vorrà?) c’è un tema di coperture (dove si trovano le risorse?), insomma è difficile che gli aiuti di Stato possano rivelarsi risolutivi. L’impressione è che serva la mano della politica. Se la Meloni vuol davvero dare una svolta alla partita delle rete deve intervenire in prima persona. 

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