Gas, la crisi australiana e il rebus dell'inverno sulle bollette
Per Torlizzi (T-Commodity), concorrenza internazionale e meteo sono le due variabili che possono far schizzare il prezzo del gas
La crisi non è finita
Sono bastate poche parole pronunciate dall’ amministratore delegato di Eon, Leonhard Birnbaum, a mettere in allerta investitori e governi. Dopo un picco a 43,49 euro al MWh, top da fine aprile 2023, i future sul gas Ttf sono infatti rimasti volatili e sensibili ai movimenti del settore. Prova ne è il fatto che le proteste australiane dei lavoratori degli impianti di Chevron Corp. e Woodside Energy Group Ltd rischiano di pesare sull’inverno del Vecchio continente, che sta progressivamente tentando di sostituire le forniture russe. I governi sono già in allerta per paura di una nuova ondata di rincari sulle bollette di cittadini e imprese. In questo scenario internazionale che cosa c’è da attendersi per il futuro? All’arrivo della stagione fredda i prezzi dei carburanti schizzeranno nuovamente alle stelle? La speranza è che ciò non accada, ma è certo che la situazione è estremamente instabile.
La buona notizia è che lo stoccaggio europeo ha superato il target del 90%
La media del riempimento degli stoccaggi di gas dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea ha superato il target del 90% delle capacita, come stabilito dal Regolamento Ue RePowerEu. Secondo l’ultimo aggiornamento del portale Gie Agsi (Aggregated Gas Storage Inventory) del 16 agosto, la media delle scorte europee ha raggiunto la soglia fissata con piu di due mesi di anticipo sulla data stabilita.
Le scorte in Italia sono salite dello 0,22% rispetto alla rilevazione precedente al 90,62%. Gli unici Paesi membri Ue a non aver ancora toccato quota 90% sono Belgio (87,85%), Danimarca (86,55%), Francia (84,04%), Lettonia (77,33%), Romania (82,72%) Ungheria (85,75%). Il livello massimo di riempimento degli stoccaggi e stato raggiunto dalla Spagna, con il 99,98%. Tutto bene quindi. Non proprio perchè intanto c’è maretta in Australia.

Gianclaudio Torlizzi
Pesano le incertezze legate all’offerta australiana
“Il trend rialzista per il prezzo del gas è nato sulla scia del rischio sciopero dei lavoratori di alcuni terminali di gas liquefatto in Australia che hanno fatto rinfocolare i vecchi timori di carenza dell’offerta” spiega Gianclaudio Torlizzi, fondatore della prima società di consulenza indipendente sulle materie prime, T-Commodity, nonchè consulente dei ministeri della Difesa e delle Imprese e del Made in Italy per l’analisi dei flussi delle materie prime.
“In particolare il rialzo dell’ultima settimana dei prezzi è legato più che altro alla chiusura di alcune posizioni ribassiste che avevano i trader e che hano fatto lievitare i prezzi. Questo non significa che sia l’inizio di una nuova fase rialzista. Tuttavia c’è una novità: dal momento in cui abbiamo iniziato a svincolarci dal gas russo, l’Europa è diventata automaticamente molto più vulnerabile alle dinamiche mondiali del gas. Cosa che prima dell’invasione russa in Ucraina era meno forte”.
L’Europa compete con Cina e Giappone per accaparrarsi il gas australiano
“Facendo a meno del gas russo l’Europa diventa uno dei player mondiali di riferimento nella contesa con altrettanti rivali come Cina e Giappone (il maggior compratore di gas autraliano, ndr) per accaparrarsi il gas liquefatto. In un contesto del genere in cui la Cina è in un avvitamento dell’economia piuttosto importante, queste tensioni, finora non emerse, stanno venendo fuori” prosegue l’esperto.
“Anche a dispetto del fatto che una parte del consumo di gas da parte delle imprese europee è stato ridotto e probabilmente non tornerà più: le aziende energivore europee stanno infatti iniziando ad abbandonare il Vecchio continente. Una dinamica, quest’ultima che finora si è fatta vedere sul prezzo che è sceso fino a 25 euro al MWh. Un livello bassissimo se si pensa che un anno fa esatto eravamo a 250” aggiunge.
Il timore è di un taglio del 10% dell’offerta mondiale di gas
Se lo sciopero australiano dovessere infatti essere confermato, ci sarà una sforbiciata importante sul lato dell’offerta. “Si tratta di una prospettiva preoccupante in un contesto in cui l’offerta resta tesa, visto che fino al 2026 non ci saranno nuovi progetti per aumento di capacità produttiva di gas liquefatto” chiarisce Torlizzi.
Sullo sfondo resta il fatto che il primo fondamentale di riferimento del gas è il meteo. “Il mercato trae come pretesto il rischio emerso in Australia per cominciare ad allentare quella compiacenza in cui era un po’ caduto. Inizia a chiedersi se l’inverno che verrà sarà tiepido e favorevole come quello passato oppure no. Ad oggi è quindi estremamente complicato fare previsioni” sottolinea.
Il prezzo potrebbe salire sopra i 50 euro
“Bisogna capire innanzitutto se questo rischio australiano è concreto. Al momento i fondamentali del gas sono rialzisti. Però è chiaro che se lo sciopero dovesse essere confermato, il prezzo tornerebbe attorno ai 50 euro a al MWh. Poi da li bisognerà capire come evolve il meteo a settembre e ottore. La crisi non è affatto terminata” spiega.
“Ci vorranno due anni prima che lo stock di gas ci farà dormire sonni più tranquilli. Per il momento l’Europa resta appesa a due elementi: il meteo e la concorrenza internazionale sull’acquisto di gas liquefatto. Oggi come oggi se l’Australia starnutisce, gli effetti arrivano fino a qui. Sembra un paradosso per una materia fisica ma questo è quello che è avvenuto nell’ultimo anno e mezzo” conclude. Senza contare che in questo scenario si innesta la questione speculazione che amplifica il movimento che già emerge sul piano fondamentale.