Vogliono usare il caso Truss per legare le mani al governo Meloni
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Da non perdereEuropa Lun 17 ottobre 2022

Vogliono usare il caso Truss per legare le mani al governo Meloni

Le traversie del Regno Unito comunque non sono probabilmente ancora finite. Venerdì pomeriggio, dopo il discorso con cui la Truss annunciava. Vogliono usare il caso Truss per legare le mani al governo Meloni
Alessandro Giorgiutti
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Alessandro Giorgiutti

Nato a Udine nel 1978, ha lavorato vari anni a Libero con una breve parentesi al Giornale.

Il partito del rigore in Europa

Quello che è successo a Londra dal 23 settembre ad oggi (prima l’annuncio di un maxi-taglio fiscale finanziato a debito, poi l’ondata di vendite di titoli di Stato, quindi l’intervento della Bank of England, infine le dimissioni del ministro delle finanze Kwasi Kwarteng e la retromarcia della premier Liz Truss, che ha ammesso che ora alcune tasse dovranno salire) rischia di avere qualche ricaduta anche a Roma, rafforzando in Europa il fronte rigorista e rendendo più difficile al governo che si insedierà impiegare le risorse necessarie per fronteggiare il caro energia.

«Quello che è accaduto nel Regno Unito dimostra quanto sia volatile la situazione e quanto prudenti dobbiamo essere con il nostro mix di politiche fiscali e monetarie», ragionava già venerdì il commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni. E ieri mattina è arrivato dagli Stati Uniti anche il commento del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: «È la riprova di quanto sia rischioso annunciare politiche economiche che possono essere percepite come imprudenti, non in grado di mantenere la finanza pubblica in equilibrio».

Non vede, il governatore, un particolare allarme per l’Italia: «Io penso che ci sia la consapevolezza che un conto sono le esigenze a cui viene data voce durante la campagna elettorale, un conto è poi la necessità di rispettare i vincoli di bilancio». La lezione inglese, insomma, «vale per tutti, non solo per gli italiani». Ma è anche vero che il nostro paese è in Europa tra quelli il cui “spazio fiscale”, come si usa dire adesso, è meno ampio.

Banco di prova

Le traversie del Regno Unito comunque non sono probabilmente ancora finite. Venerdì pomeriggio, dopo il discorso con cui la Truss annunciava che avrebbe rinunciato a bloccare l’aumento dal 19% al 25% dell’imposta sulle società deciso dal governo del suo predecessore Boris Johnson, i rendimenti dei titoli di Stato sono aumentati. Lunedì il mercato riaprirà senza più l’ombrello protettivo degli acquisti della Bank of England che dal 28 settembre hanno tenuto sotto controllo i rendimenti. Quello sarà un primo banco di prova. Ma intanto le dichiarazioni rilasciate ieri alla Bbc dal successore di Kwarteng, il nuovo cancelliere Jeremy Hunt, hanno lasciato intendere che la retromarcia sulla manovra di settembre sarà più decisa di quella annunciata dalla Truss.

«Non credo che si possa parlare di austerità come nel 2010, ma dovremo prendere decisioni difficili sia sulla spesa che sulle tasse», ha detto Hunt. Le tasse «non scenderanno tanto quanto si sperava, e alcune dovranno aumentare». Quanto alla spesa (sostanzialmente destinata a bloccare il caro energia per imprese e famiglie) «non aumenterà quanto si spera» e anzi «chiederò a tutti i dipartimenti governativi di trovare ulteriori risparmi di efficienza». Nel piano di bilancio che presenterà entro il 31 ottobre, ha concluso il ministro, non ci saranno «errori» come quello di «tagliare l’aliquota fiscale massima (dal 45% al 40%, ndr.) in un periodo in cui chiediamo a tutti di fare sacrifici».

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