La Germania fa il suo tetto, le bollette le pagherà il governo
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Da non perdereEuropa Gio 03 novembre 2022

La Germania si fa il suo tetto al prezzo, le bollette le pagherà il governo

Il governo tedesco tira dritto e comincia a far filtrare i primi dettagli del suo tetto domestico ai prezzi di gas ed elettricità. La Germania si fa il suo tetto al prezzo, le bollette le pagherà il governo Olaf Scholz
Alessandro Giorgiutti
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Alessandro Giorgiutti

Nato a Udine nel 1978, ha lavorato vari anni a Libero con una breve parentesi al Giornale.

Il tetto al prezzo della Germania

Il governo tedesco tira dritto e comincia a far filtrare i primi dettagli del suo tetto domestico ai prezzi di gas ed elettricità, che sarà finanziato grazie al maxi-scudo da 200 miliardi di euro deciso lo scorso settembre. Nonostante le critiche di molti partner europei, tra cui l’Italia, che avrebbero preferito adottare soluzioni comuni contro la crisi energetica, Berlino dal prossimo mese comincerà a proteggere famiglie e aziende con il suo ombrello anti-rincari. Al netto dei numerosi dettagli ancora da precisare, il piano è quello di non far pagare la rata del gas di dicembre ai clienti domestici e alle piccole e medie imprese (sarà il governo a rimborsare per conto loro le società di fornitura): una misura-ponte in vista dell’introduzione del tetto vero e proprio, che si applicherà sull’80% dei consumi, lasciando il restante 20% al prezzo di mercato.

Prezzi calmierati anche per le grandi aziende, a partire da gennaio. E sempre da gennaio si introdurrà un tetto anche al prezzo dell’elettricità. Sui particolari ci sarà modo di tornare, ma la direzione di marcia è chiara, e il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha avuto modo ieri di illustrarla a Giancarlo Giorgetti, al suo primo viaggio all’estero da neoministro dell’economia. A quest’ultimo non è rimasto che sottolineare, in un comunicato, «l’importanza che l’Ue abbia una politica e una strategia energetica comuni maggiormente incisive».

Giorgetti troverà probabilmente un interlocutore più disponibile nel suo omologo francese Bruno Le Maire, con cui si vedrà la prossima settimana a Bruxelles. Se la Germania ha deciso di correre da sola, tuttavia, alcune ragioni ci sono, e sono emerse anche ieri dalla pubblicazione dell’indice pmi, che misura le aspettative dei responsabili acquisti delle aziende del manifatturiero. A ottobre l’indice è sceso a 45,1 punti dai 47,8 di settembre, il dato più basso dall’inizio della pandemia di Covid nel 2020.

Peggio del covid

Non basta. Secondo un sondaggio condotto su un campione di 24 mila aziende dall’associazione delle camere di commercio e dell’industria, il 52% degli imprenditori tedeschi pensa che gli affari peggioreranno nei prossimi 12 mesi, mentre solo l’8% si aspetta un miglioramento. «Si tratta del valore peggiore che abbiamo misurato da quando abbiamo iniziato i sondaggi nel 1985», ha detto il numero uno dell’associazione, Martin Wansleben, sottolineando come «anche durante la pandemia di coronavirus e la crisi finanziaria globale, la percentuale di ottimisti era superiore al 10%».

Sempre secondo il sondaggio, il rialzo dei prezzi dell’energia ha costretto un produttore su quattro del settore chimico e un produttore su sei del settore automobilistico a fermare la produzione. Il 17% delle case automobilistiche starebbe inoltre pensando di spostare la produzione all’estero. Numeri in linea con quanto diceva qualche giorno fa Martin Brudermüller, l’amministratore delegato del colosso della chimica Basf, secondo il quale le attività del gruppo in Europa (dove nei primi nove mesi di quest’anno ha pagato per il gas 2,2 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2021) verranno ridotte «il più rapidamente possibile e anche in modo permanente».

Anche i dati sull’export confermano l’affanno della locomotiva tedesca, privata della benzina del gas russo a basso costo: a settembre è calato dello 0,5% su base mensile (ci si aspettava un piccolo rialzo), mentre l’import è a sua volta diminuito del 2,3%. Particolare attenzione meritano i dati dell’interscambio con la Cina, con l’import in aumento del 5,4% e l’export giù del 2%. Tra pochi giorni il cancelliere Olaf Scholz, dopo il controverso via libera alla cessione di una quota di un terminal del porto di Amburgo alla cinese Cosco, è atteso a Pechino, primo leader occidentale dall’inizio della pandemia.

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