I leader che ci hanno messo nei guai con questa guerra
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Da non perdereEuropa Ven 02 settembre 2022

Draghi nostro salvatore? Ma se è lui che ci ha messo nei guai sul gas...

I leader che ci hanno messo nei guai dichiarando una guerra senza essere pronti. L’inadeguatezza della classe dirigente Draghi nostro salvatore? Ma se è lui che ci ha messo nei guai sul gas...
Franco Bechis
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Franco Bechis

L’inadeguatezza della classe dirigente

Ieri mattina dopo averlo incontrato negli studi di Omnibus La7 Paolo Agnelli, presidente di Confimi industria e alla guida dell’omonimo gruppo di alluminio mi spiegava che per il caro bollette sta rimettendoci circa 2 milioni di euro al mese. La possibilità di reggere ancora è limitata a qualche mese, non di più, «e solo», spiegava lui, «perché ho la responsabilità di un gruppo con storia centenaria, che è passato attraverso due guerre mondiali e ogni tipo di crisi economica. E anche perché so che se noi ci fermiamo, non saranno pochi i contraccolpi per tutti i nostri clienti che comprano il nostro alluminio.

PAOLO AGNELLI PRESIDENTE CONFIMI

Vede, nelle nostre zone non hanno riaperto dopo la pausa estiva tre aziende che facevano piombo. E già mi chiamava ieri un industriale che produce pile disperato: senza piombo come le fabbrico?». Questo breve flash sul bergamasco dove lavora Agnelli è la fotografia semplice dell’Italia in questo momento. E non solo dell’Italia. Con questi costi dell’energia non ce la fa a tenere aperti i battenti chi ha bisogno di ciclo continuo per produrre: imprese del ferro, dell’acciaio, dell’alluminio, del piombo e così via. Ma anche del vetro, della ceramica, del legno, delle conserve alimentari e via per un lungo elenco. Si fermano loro e mancando i loro prodotti mandano in crisi la clientela, che somma una difficoltà all’altra.

Extraprofitti, oh cari!

È una drammatica catena di Sant’Antonio, dove tutto si tiene insieme. Per altro costosa per le finanze pubbliche, e non solo perché così cade rovinosamente il Pil come si togliesse un mattone alla base di una costruzione: per ogni azienda che si ferma bisogna mettere in campo gli ammortizzatori sociali, che hanno un costo pubblico e chissà per quanto. Chi si ferma per altro non pagherà le ultime bollette, e andando avanti così sarà difficile trovare le illusorie montagne di extraprofitti delle aziende energetiche, che di mese in mese vedranno crescere una montagna di NPL energetici: crediti non più esigibili dai clienti piccoli e grandi.

GIUSEPPE CONTE M5S

Chi riesce ancora ad andare avanti sapendo benissimo di non poterlo fare all’infinito, paga quelle superbollette con i propri ricavi, con il rischio di entrare assai presto in una drammatica crisi di liquidità che sta già emergendo in buona parte del sistema industriale. Con aziende improvvisamente in crisi per l’energia non c’è un solo istituto bancario disposto ad erogare finanziamenti ponte per il pagamento delle loro bollette. Nemmeno fossero attivabili allo scopo i circa 130 miliardi che ancora avanzano dal decreto liquidità di Giuseppe Conte dell’aprile 2020: “Non basta una garanzia statale al 90%”, commenta amaramente Agnelli, “le banche non sono disposte a rischiare, e più che rischiare a perdere molto probabilmente nemmeno quel 10 per cento”.

Era prevedibile, ma…

Quel che abbiamo sotto gli occhi non era difficilissimo da prevedere. Non c’è nulla di più strutturale nella esplosione dell’inflazione che un rincaro- per altro senza fine- dell’energia. Nessuno produce senza energia. Così un banale ristorante si trova una bolletta che lo mette in crisi. Ma non basta quella: perché il fornitore di pasta, quello di carne, quello di pesce, quello di vino che vivono la stessa condizione la trasferiscono almeno in parte sui prezzi dei loro prodotti per restare in piedi. Quindi quel ristoratore deve fare lievitare i prezzi del suo menù o chiudere anche lui i battenti.

CHRISTINE LAGARDE BCE

Eppure abbiamo sentito dire dalle massime istituzioni economiche e finanziarie per mesi che l’inflazione che iniziava a crescere sensibilmente un anno fa non doveva preoccupare, perché dovuta solo ai costi della energia. Non si era davanti a un aumento “strutturale”. Frasi ripetute in diverse occasioni dalla signora che guida la Bce, Christine Lagarde, dal sottosegretario al tesoro Usa, Janet Yellen, dal governatore della Banca di Italia, Ignazio Visco e dalla gran parte dei ministri della commissione europea. Una sola di loro- la Yellen- il primo giugno scorso ha sentito il dovere di scusarsi in una intervista alla Cnn: “Ho sbagliato sulla traiettoria dell’inflazione. Evviva. Ma quel che è accaduto offre uno spaccato desolante sulla qualità delle classi dirigenti che guidano l’Europa e il mondo.

Le responsabilità di Draghi e della Ue

MARIO DRAGHI PREMIER

Ieri in quella trasmissione tv ho sentito per l’ennesima volta un esponente del Pd, l‘eurodeputata Simona Bonafè, recitare quella che ormai è una litania: “Ci troviamo nei guai perché avete fatto cadere il governo di Mario Draghi, rendendogli impossibile quella soluzione sul price cap europeo al gas che era a portata di mano”. Non si può più sentire una sciocchezza così, perché con tutto il rispetto per la persona e la storia del premie italiano uscente, in questi guai ci ha portato esattamente il governo Draghi. E con lui tutti i leader che guidano i paesi europei. Hanno voluto di istinto lanciare tutti noi in una guerra economica alla Russia per sventolare la bandiera di libertà e l’indignazione per l’invasione dell’Ucraina.

Giusto? Nobile? Certo. Ma non si trascinano in guerra popoli dotandoli di fionde rudimentali di fronte ai cannoni del nemico. Perché è esattamente quel che è accaduto e sta purtroppo emergendo: né Draghi, né Ursula von der Leyen, né Emanuel Macron, né alcun altro leader europeo aveva un piano per combattere quella guerra. E manco si sono resi conto delle conseguenze che avevano quelle scelte. Tanto da averle coralmente banalizzate quasi all’unisono. Draghi, il 6 aprile in conferenza stampa: “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre”. Un mese prima l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell si era lanciato in un romantico “Abbassate i riscaldamenti delle vostre case per ridurre la dipendenza europea”.

VLADIMIR PUTIN

Il 9 marzo Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, aveva annunciato a Strasburgo: “Abbiamo abbassato di un grado il riscaldamento nell’edificio del Parlamento europeo. La libertà e la democrazia hanno un costo. L’Ue deve dimostrare solidarietà ma non solo nei confronti dell’Ucraina ma anche nel far capire ai suoi cittadini quali costi ci saranno da pagare”. Queste sono le classi dirigenti che ci troviamo.

Trattati da bamboccioni

Non avevano alcun piano per affrontare la guerra in cui hanno trascinato milioni di europei e invece di spaccarsi la testa e trovare immediate riparazioni alla loro irresponsabilità si mettevano pure a deridere i popoli mandati allo sbaraglio come fossero bamboccioni: “Ma come, non sapete per la libertà rinunciare a un po’ di freddo o di caldo in più?”. Sfottò e manco un passo per limitare le conseguenze di quello che avevano fatto.

È del 9 marzo la lettera del premier greco alla commissione europea che chiede un price cap continentale al gas. Non era manco una idea di Draghi, che sul tema si è svegliato una ventina di giorni dopo. Magari non funziona nemmeno quello, ma è possibile avere perso mesi così rinviando di riunione in riunione? 

Franco Bechis

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