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EuropaIn evidenza Gio 22 dicembre 2022

Airbnb, la Corte europea dà ragione all'Italia sulla ritenuta per gli affitti brevi

La Corte Ue dà ragione all'Italia indicando Airbnb sostituto d'imposta per gli affitti brevi. Ora la parola passa alla Corte dei Conti... Airbnb, la Corte europea dà ragione all'Italia sulla ritenuta per gli affitti brevi
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

La sentenza della Corte di Giustizia europea

Affitti brevi e tasse non pagate questo è il problema. Oggi una una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea impone alle piattaforme digitali la norma introdotta nel 2017 . E dunque anche Airbnb dovrà agire da sostituto di imposta trattenendo il 21% di ritenuta d’acconto da versare poi direttamente allo Stato. Legittima anche la richiesta prevista dallo stesso provvedimento di raccogliere e trasferire i dati all’Agenzia delle Entrate. La sentenza però non è lineare. Infatti Airbnb non sarà obbligata a designare un rappresentante fiscale. Questo fatto è stato giudicato  dalla Corte “una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi”. Insomma da un lato Airbnb deve fare il sostituto d’imposta ma non può farlo perché non è obbligato a designare un rappresentante fiscale per questo servizio. Un bel pasticcio dunque che potrà essere risolto solo dal Consiglio di Stato a cui spetterà nei prossimi mesi l’ardua sentenza per risolvere la questione.

Modifiche alla piattaforma digitale

Al momento insomma non cambia nulla anche se le maggiori piattaforme di prenotazione per gli affitti brevi hanno già cominciato a richiedere i dati degli host. Ossia i codici fiscali dei locatori, i redditi percepiti e i dati catastali degli immobili  dovranno essere comunicati altrimenti  gli annunci verranno bloccati. La richiesta del 21% di tassazione rischia ovviamente di vedere un notevole rialzo dei canoni richiesti. Oltretutto il 21% si somma al 3-4% già richiesto agli host, ossia a chi affitta, da Airbnb per il servizio. Inoltre c’è anche un altro problema. La cedolare secca, se venisse richiesta immediatamente sugli affitti brevi, comprenderebbe non solo il canone ma anche le spese che sono a carico dei proprietari (riscaldamento, luce, acqua, pulizie, condominio ecc). Quindi Airbnb dovrà fare delle modifiche alla piattaforma per scorporare i canoni dalle spese. Altrimenti per i proprietari ci sarebbe poca convenienza ad affittare in questo modo se non facendo lievitare in modo esponenziale i canoni di affitto giornalieri. Da considerare anche che l’affittuario su Airbnb paga per il servizio il 14% del canone stesso.

Massima collaborazione in materia fiscale

In Italia le abitazioni soggette a affitti brevi sarebbero 950mila. A Milano nel  2021 si contavano 11.116 annunci attivi, a fine settembre sono cresciuti a 15.900 (+43% in base ai dati Airdna); a Roma sono passati da 20.668 a 23.427 (+13%); a Firenze da 8.535 a 10.291 (+20,6%). Airbnb in un comunicato ha sottolineato “di prestare massima collaborazione in materia fiscale e supportare il corretto pagamento delle imposte degli host applicando il quadro europeo di riferimento sulla rendicontazione, noto come DAC7″. Il che vuol dire che gli host possono, scaricando il documento che li riguarda dal sito di Airbnb, pagare, in autonomia, il 21% di ritenuta d’acconto. Airbnb ha specificato nel comunicato che “l’azienda non è dotata di un rappresentante fiscale in Italia che possa svolgere da sostituto d’imposta e la Corte di Giustizia  ha chiarito che l’obbligo di designare un rappresentante fiscale è in contrasto con il diritto europeo. In attesa della decisione finale da parte del Consiglio di Stato, continueremo ad implementare la direttiva Ue in materia.”

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