Cala il deficit/Pil, cresce la pressione fiscale. Anno di fuoco per le famiglie
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Famiglie Mer 06 luglio 2022

Scende il deficit/Pil, ma cresce la pressione fiscale. Anno di fuoco per le famiglie

Il governo tira un sospiro di sollievo, mentre le famiglie italiane continuano a versare lacrime. È questo il contenuto del report dell’Istat. Scende il deficit/Pil, ma cresce la pressione fiscale. Anno di fuoco per le famiglie
Riccardo Pelliccetti
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Riccardo Pelliccetti

Riccardo Pelliccetti, triestino, è stato caporedattore e inviato speciale per 20 anni de Il Giornale, dopo aver lavorato per diversi quotidiani, periodici e riviste web, occupandosi di politica estera e difesa. Ma è tornato alla sua passione: l’economia. Ha pubblicato i libri “La via dell’esodo” (1997), “I nostri marò” (2013) e “Le verità negate” (2020).

Il rapporto deficit/Pil

Il governo tira un sospiro di sollievo, mentre le famiglie italiane continuano a versare lacrime. È questo, in sintesi, il contenuto del report dell’Istat relativo al primo trimestre di quest’anno. Guardando i numeri rilevati dall’Istituto di statistica, si può notare che l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al -9% (-12,8% nello stesso trimestre del 2021). Il saldo primario (cioè l’indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil del -5,2% (-9,4% nel primo trimestre del 2021). Il saldo corrente è risultato anch’esso negativo, con un’incidenza sul Pil del -5,3% (-8,2% nel primo trimestre del 2021).

Aumentano entrate

«Nel primo trimestre dell’anno, l’indebitamento delle Amministrazioni pubbliche sul Pil – scrive l’Istat – si è marcatamente ridotto in termini tendenziali per il consistente aumento delle entrate, che ha più che compensato l’aumento delle uscite». Le uscite totali nel primo trimestre 2022 sono aumentate del 2,0% rispetto al corrispondente periodo del 2021 e la loro incidenza sul Pil (pari al 52,0%) è diminuita in termini tendenziali di 2,6 punti percentuali. Le uscite correnti hanno registrato, nello stesso periodo, un incremento tendenziale del 3,1%, mentre le uscite in conto capitale sono diminuite in termini tendenziali del 9,5%. Le entrate totali nel primo trimestre 2022 sono aumentate in termini tendenziali del 10,1% e la loro incidenza sul Pil è stata del 43,0%, in crescita di 1,1 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2021. Le entrate correnti nel primo trimestre 2022 hanno segnato, in termini tendenziali, un aumento del 9,9%.

Sale la pressione fiscale

Si registra, invece, un incremento delle entrate in conto capitale del 39,3%. Notizie positive, infatti, per le casse dello Stato, rimpinguate anche dall’aumentata pressione fiscale che si attesta al 38,4% del Pil, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre del 2021. Nota dolente, però, per i contribuenti italiani. Se si guardano, poi, i dati relativi al reddito lordo delle famiglie consumatrici, emerge che questo è cresciuto del 2,6% rispetto al primo trimestre del 2021. Ma, a causa dell’inflazione (+2,2% la variazione del deflatore implicito dei consumi finali delle famiglie), il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto soltanto dello +0,3% rispetto al trimestre dell’anno precedente. L’effetto di queste dinamiche ha fatto sì che nel primo trimestre di quest’anno la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici sia stata pari al 12,6% (+1,1 punti percentuali rispetto al quarto trimestre 2021), a fronte di una crescita della spesa per consumi finali più debole rispetto a quella del reddito disponibile (+1,4% e +2,6% rispettivamente). Il tasso di investimento delle famiglie consumatrici è stato del 7,2%, in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, a fronte di un aumento degli investimenti fissi lordi dell’8,1% e dell’aumento del reddito lordo disponibile del 2,6%. «Il reddito disponibile delle famiglie e la propensione al risparmio – è il commento dell’Istat – sono cresciuti sensibilmente in termini congiunturali, mentre il potere d’acquisto delle famiglie ha segnato una lieve crescita».

L’andamento in Germania

Ma anche l’Europa non se la passa bene. La Germania ha visto per la prima dal 1991 girare in rosso a maggio l’export e l’euro ieri è scivolato ai minimi degli ultimi 20 anni rispetto al dollaro. Non basta. Secondo l’indice Pmi di S&P Global, la crescita dell’attività economica nell’area euro è rallentata ancora in giugno. L’indice è infatti sceso al minimo di 16 mesi a 52,0 punti dai 54,8 di maggio, appena al di sopra della stima preliminare di 51,9. «Il netto deterioramento del tasso di crescita dell’attività economica della zona euro aumenta il rischio che la regione registri un calo economico nel terzo trimestre», rileva S&P Global. «Il settore manifatturiero è già in declino, per la prima volta in due anni, e il settore dei servizi ha perso nettamente slancio di crescita a causa della crisi del costo della vita. La spesa delle famiglie per beni e servizi non essenziali ha subito una pressione particolare a causa dell’aumento dei prezzi».

I prezzi alla produzione

Nel frattempo, sebbene le pressioni inflazionistiche si siano leggermente attenuate il mese scorso, l’indice dei prezzi alla produzione è rimasto vicino al massimo storico a 63,2, in calo rispetto al livello di 64,6 di maggio. L’inflazione nell’area euro è salita all’8,6% il mese scorso, il quadruplo rispetto all’obiettivo del 2% della Banca centrale europea. La Bce sembra essere molto più lenta rispetto a molte altre banche centrali nel modificare la politica monetaria accomodante, ma ha annunciato che inizierà ad aumentare i tassi già in questo mese.

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