La spesa si fa nei discount e si rivede il mercato nero
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Famiglie Mar 11 ottobre 2022

La spesa si fa nei discount e si rivede il mercato nero

È una battaglia all’ultimo scontrino quella che Grande distribuzione e discount stanno combattendo per tentare di arginare l’emorragia. La spesa si fa nei discount e si rivede il mercato nero
Carlo Cambi
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Carlo Cambi

Più spesa nei discount

È una battaglia all’ultimo scontrino quella che Grande distribuzione e discount stanno combattendo per tentare di arginare l’emorragia di domanda soprattutto alimentare, ma si riaffaccia anche il mercato (in) nero e soprattutto al Sud una quota rilevante dei consumi è in mano ai venditori abusivi. Non è azzardato parlare di economia parallela: redditi (sovente miseri) in nero che alimentano il commercio abusivo.

Se il Governo col piano di risparmi energetici del ministro Roberto Cingolani e l’Europa – sull’energia sta battendo ogni record d’inconcludenza – con quello firmato da Ursula Von der Leyen certificano che andiamo incontro a un inverno di restrizioni e razionamenti, se i sindaci annunciano che taglieranno – è il caso di Torino – le corse dei bus e l’illuminazione delle strade è facile intuire che siamo in un’economia di guerra. Del resto proprio il ministro Cingolani, smentendo Mario Draghi, lo aveva annunciato fin dal maggio scorso. A guardare i numeri si ha la rappresentazione evidente che è così.

Prezzi alle stelle

L’Istat ha fissato per settembre l’inflazione degli alimentari al 11,5% (11,7 per quelli cosiddetti lavorati) ma gli aumenti sono molto più consistenti per una gamma di prodotti: dal raddoppio dell’olio di semi (con punte del 400% per quello di girasole) al 22% di pasta e riso, dal 45 del burro al 36% del latte, fino al maiale 27%, ai salumi 33%, con frutta e verdura salite del 16%, col pane che è arrivato vicino ai 10 euro al chilo con un aumento del 26%. Di fronte a questi listini in continuo inarrestabile rialzo, si riaffacciano fenomeni che si pensavano ormai sopiti e che colorano le cronache di tinte fosche.

Giusto per citare gli ultimi episodi, ad Andria ieri è stato sequestrato un caseificio che lavorava con un allaccio abusivo della luce, sarebbe una truffa da mezzo milione, a Palermo sono stati sequestrati oltre 15 quintali di formaggio “abusivo”. Mentre l’associazione dei panificatori annuncia che ci sono oltre 1300 aziende a rischio chiusura per 5mila posti di lavoro che se ne vanno, a Misterbianco ieri hanno scoperto un fornaio totalmente in nero, in Salento e a Lariano hanno chiuso due laboratori clandestini, a Catanzaro l’Assipan ha denunciato «non è possibile che mentre noi chiudiamo si venda il pane a ogni angolo di strada». A Cosenza hanno trovato un forno in un garage, a Gugliano in un appartamento, a Napoli mentre i panificatori regolari fanno il funerale allo loro aziende si vende il pane della Camorra fatto in forni alimentati da legna di scarto velenosa.

La situazione delle macellerie

Non va meglio con le macellerie, ne hanno trovate di abusive a Roma, nel Bresciano, a Marigliano, a Messina. Frutta e verdura vendute illegalmente ci sono in tutta Italia. È un fenomeno che sta dilagando e di cui apparentemente nessuno si preoccupa. Sappiamo però che Confcommercio ha lanciato l’ultimo avvertimento: perdiamo 130mila aziende e oltre 300mila posti di lavoro. Semplicemente perché, come direbbero gli economisti, il cavallo non beve. L’Istat prova a rappresentare un quadro non fosco, ma è difficile. I dati di consuntivo di agosto dicono che sia le vendite dei beni non alimentari (-0,3% in valore e -0,9% in volume) sia quelle dei beni alimentari (-0,5% in valore e -1,4% in volume) si sono contratte. Il raffronto trimestrale trae in inganno perché ci dà un aumento a valore (2,3%), ma indica una contrazione in volume (0,6% in meno) tenendo presente che la domanda alimentare è per molti generi anelastica.

Ma se si fa una proiezione su base annua si vede che sul fronte degli alimentari la situazione è molto preoccupante: si avrà un aumento in valore e una diminuzione in volume (rispettivamente +6,8% e -3,5%). L’inflazione sta cominciando a produrre un effetto stagflazione che peraltro è annunciato dall’indice di fiducia che in settembre è letteralmente crollato. Quello generale per i consumatori passa da 98,3 a 94,8 ma le previsioni sul clima economico, attuale e futuro, passano da 92,9 a 81,3 e da 96,4 a 91,8. Vuol dire che l’orizzonte è ingombro di nubi. In questo clima si ha una quasi rivoluzione nella rete distributiva, con i supermercati che sono in allarme (compresi gli Iper, mentre le superfici sotto i mille metri soffrono ormai da mesi) perché i discount stanno conquistando terreno.

Il fatturato dei discount

In settembre, stando ai dati Nielsen, i discount hanno fatto un più 10% di fatturato e considerando il crollo dei consumi vuol dire che il loro perimetro di mercato si è molto accresciuto a discapito della Gdo. Una tendenza che è confermata dall’Istat che a luglio ha fotografato l’aumento del fatturato dei discount al 12,3% (oltre 5 punti in più rispetto a super e iper), ma soprattutto ha evidenziato un incremento di volumi di vendita ben oltre il 3%. Secondo una ricerca di Cibus-Lab, che è il network di Cibus-Fiera di Parma, ormai il differenziale di prezzo tra discount e Gdo si aggira tra il 28 e il 30% un fenomeno derivante dal fatto che caricando meno referenze per tipologia di prodotto (circa un terzo di quelle tradizionali), il discount gode di un vantaggio competitivo negli approvvigionamenti e dunque può spingere forte sulla politica di prezzo.

Che viene incentivata da altri due fattori: una pressione promozionale mirata e più decisa fatta dai discount (20-25% contro 15 di media dei supermercati) e la diversità di prezzo tra i formati tradizionali e quelli dei discount. In ultimo c’è da registrare che circa il 40% dei fornitori di discount e Gdo sono gli stessi, ma i discount vendono solo private label che sono in fortissima ascesa, crescono a una velocità doppia rispetto ai brand.

Discount padroni

Secondo un’indagine di Iri per Fiera Bologna, i prodotti MDD (marca del distributore) viaggiano a incrementi trimestrali del 2,7% contro l’1,6% degli altri prodotti. Questa indagine mostra anche una fortissima contrazione del bio e un incremento dei grandi formati. C’è quindi da aspettarsi una vera rivoluzione in Italia. Annunciata con il piano d’investimenti di Lidl, che da qui al 2030 vuole arrivare a mille punti vendita aperti in Italia. Il gruppo tedesco ha messo sul piatto un piano d’investimenti da 1,5 miliardi da qui al 2024 per altri 150 punti vendita. Eurospin (fatturato 64 miliardi e primo bilancio di sostenibilità presentato) risponde coniugando discount e distribuzione tradizionale nei suoi punti vendita e Md ha un fortissimo programma di espansione.

Anche dalla recente indagine di Mediobanca sulla grande distribuzione – ha fatto uno studio sulla serie storica 2016-2020 di oltre cento aziende – si ricava che gli ipermercati perdono quota passando dal 32,6% nel 2007 al 26,5% del 2021, incalzati dai discount (21,7%) più che raddoppiati dal 2007 (9,5%) e attesi al 24,6% di quota di mercato nel 2023. Mentre le famiglie, che secondo le associazioni dei consumatori spenderanno almeno 650 euro in più quest’anno per mangiare, riducono quantità e qualità degli acquisti.

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