Generali agli americani? I dettagli e cosa può succedere
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Finanza Lun 03 ottobre 2022

Generali agli americani? I dettagli e cosa potrebbe succedere

Le assicurazioni Generali hanno messo nel mirino il colosso americano dell’asset management Guggenheim Partners. Generali agli americani? I dettagli e cosa potrebbe succedere Generali
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

La vendita di Generali

Premessa: l’operazione rivelata da Bloomberg le assicurazioni Generali hanno messo nel mirino il colosso americano dell’asset management Guggenheim Partners e tra le ipotesi per finanziare il deal ci sarebbe quella di vendere Banca Generali – non è assolutamente scontata, anzi al momento ha fatto pochi passi concreti.

Detto questo, l’affare sta in piedi ed è stato studiato ipotizzando anche diversi scenari. Tra questi – e probabilmente si tratta quello che ha fatto più breccia a Trieste – c’è la possibilità di completare l’operazione che è stata all’origine della rottura tra l’amministratore delegato del Leone Philippe Donnet e i due azionisti forti della compagna assicurativa, Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin (dopo la morte di Del Vecchio il presidente è diventato Francesco Milleri): la vendita di Banca Generali a Mediobanca che oggi del Leone è il primo azionista.

Si pensa a una cessione carta contro carta – la banca che passerebbe a Piazzetta Cuccia e le azioni della compagnia assicurativa triestina (oggi pari al 13%) che rientrerebbero alla base. Ma non finisce qui, perché secondo le indiscrezioni che girano negli ambienti finanziari, il passo successivo di Donnet potrebbe essere quello di cedere le nuove azioni in entrata agli americani per ottenere una quota consistente di Guggenheim. Insomma ci troveremmo di fronte a un Leone e stelle e strisce.

L’operazione Generali

Possibile? È pensabile che il forziere d’Italia che ha in pancia 52 miliardi di Btp possa diventare anche solo in parte americano? Si tratterebbe di un’operazione molto complessa che dovrebbe fare i conti con due ostacoli impervi. Il primo è abbastanza scontato: la cessione di Banca Generali a Mediobanca rientrerebbe nella sfera delle più classiche delle operazioni tra parti correlate e sotto il vaglio dell’apposito comitato che è presieduto da Flavio Cattaneo (componente del board nominato con la lista Caltagirone) ed ha come altri membri Antonella Mei-Pochtler, Diva Moriani e Luisa Torchia.

La richiesta potrebbe essere quella di seguire una procedura di “Beauty Contest”, individuare cioè un percorso ben definito che abbia l’obiettivo non solo di massimizzare il valore del bene, ma anche quello di individuare il miglior acquirente possibile in termini di sinergie e mercato. Tornerebbe tutto in discussione. Con la possibilità, per dire, che i gradi fondi entrino in partita. Interpellati sul tema, il fronte dei privati (Caltagirone e Delfin) non rilascia commenti e fa sapere di non avere alcuna informazione sull’operazione che non sia quella emersa dagli organi di stampa.

Secondo punto. L’altro ostacolo da superare riguarderebbe il Golden Power, cioè lo strumento normativo che permette al Governo di un Paese sovrano di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie che ricadano nell’interesse nazionale.

Poteri speciali

Sotto questo aspetto val la pena ricordare che sia dal punto di vista tecnico che da quello politico questi “poteri speciali” con l’esecutivo entrante, quello che molto probabilmente sarà guidato da Giorgia Meloni, potrebbero allargare il loro raggio d’azione e diventare più stringenti.

Di recente – tutto parte con il decreto Ucraina di marzo – è entrata in vigore la nuova normativa sul Golden Power che oltre a estendere i poteri a “5G” e “cloud” ha anche reso la procedura più veloce. Un gruppo di coordinamento istituito a Palazzo Chigi deciderà sul non esercizio dei poteri speciali (in questo modo si elimina la necessità di un passaggio in consiglio dei ministri) e viene introdotta una “prenotifica” che consenta alle aziende di chiedere, per esempio, se l’acquisizione che stanno per fare è soggetta alle norme sulla tutela degli asset strategici.

I numeri

Al tempo stesso ci sono le dichiarazioni della Meloni che lasciano pochi spazi ai dubbi: «Io penso che il Golden Power vada esteso – ha evidenziato poche settimane fa il segretario di Fratelli d’Italia – Ricordo che fu attivato all’inizio pandemia dall’allora governo Conte su proposta di Fratelli d’Italia e questo ci ha permesso di salvare moltissime aziende italiane, che altrimenti sarebbero state acquisite. Sono per l’estensione del golden power e per la difesa delle produzioni strategiche…». Più chiaro di così.

E del resto basta basta vedere i numeri per capire che al di là del colore politico la tendenza degli ultimi anni sia quella di usare molto di più i poteri speciali. Solo nel 2021 – si legge nel rapporto annuale sul Golden Power – a Palazzo Chigi sono arrivate ben 496 notifiche, a fronte delle 343 del 2020 e delle 83 del 2019. Insomma, sembra davvero difficile che l’idea delle Generali americane possa superare la fase della mera suggestione finanziaria.

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