Il 2023 delle banche - Unicredit: conti ok, da evitare passi falsi- V&A
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AperturaFinanza Mer 28 dicembre 2022

Il 2023 delle banche - Unicredit: i conti corrono ma vanno evitati passi falsi

Utili rivisti al rialzo, capitale solido e cedole ricche per Unicredit. Ma Orcel non deve ripetere passi falsi come Mps, Bpm e la Russia Il 2023 delle banche - Unicredit: i conti corrono ma vanno evitati passi falsi
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

Il 2023 delle banche – Unicredit

Il 2022 di Unicredit si è chiuso con la richiesta della Bce di rafforzare i parametri di capitale, il cosiddetto Pillar2. Per il 2023 dovrà mantenere un livello del 2% delle Rwa (asset ponderati per il rischio), rispetto all’1,75% richiesto da Francoforte per il 2022.

Lo scorso 15 dicembre, comunicando la decisone della Bce, l’istituto guidato da Andrea Orcel ha anche precisato che la decisione “non avrà impatto su distribuzione, piani di finanziamento e obiettivi di capitale, che restano quelli delle indicazioni” fornite al mercato.

Utili rivisti al rialzo

D’altra parte, l’aumento dei tassi d’interesse ha già fatto vedere i suoi effetti sui conti del gruppo. Presentando i conti dei nove mesi, Orcel ha annunciato la seconda revisione al rialzo delle previsioni per la fine dell’anno. Adesso il gruppo prevede di chiudere l’anno con un utile netto di 4,8 miliardi di euro.  Il piano industriale prevede di distribuire almeno 16 miliardi agli azionisti entro il 2024 tra cedole e buyback. Che fa della banca di piazza Gae Aulenti una delle più generose a livello continentale.

Ma il numero è probabilmente da aggiornare. Il miglioramento dei risultati rispetto alle previsioni del piano si rifletterà infatti anche sulla distribuzione agli azionisti, che nelle indicazioni fornite al mercato sarà pari per quest’anno pari al 35% dell’utile netto.

L’accordo con Azimut

Poco prima di Natale, Orcel ha dato qualche chiarimento sulla strategia nel settore dell’asset management. Il manager ha sottolineato chel’M&A non è “la strategia giusta” nel settore dell’asset management doveper vincere bisogna competere sulle masse andando “ad un certo livello di scala” o sulle nicchie “dove uno aggiunge molto valore”. “A me interessa vendere il miglior prodotto ai clienti che ho già, e semmai di aumentarli in seguito”, ha aggiunto.

L’occasione è stata la presentazione della partnership con Azimut, che serve alla banca per “ricostruire la catena di valore nell’asset management” – ha aggiunto – e per ricostruire “ad una ad una” le fabbriche di prodotto. Il riferimento, neppure troppo velato, è alla politica del suo predecessore Jean Pierre Mustier che ha venduto (“ad una ad una”, appunto) realtà come Pioneer e Fineco per fare cassa e rafforzare il capitale. Ma che ha lasciato l’istituto privo dei settori a maggiore marginalità. 

Fabbriche prodotto

Orcel ha ha aggiunto che l’impatto sui conti della partnership con Azimut “li vedremo dal 2024 in avanti” perché “ci sono dei tempi tecnici per la costruzione della fabbrica e per farla partire”. L’obiettivo della partnership è duplice: “vogliamo dare un servizio migliore ai nostri clienti e lo facciamo per guadagnarci, ci aspettiamo di ottenere entrambe le cose”.

La strategia e i compensi dell’ad

Dal punto di vista strategico, la gestione Orcel non è stata priva di passi falsi. Dall’operazione Mps finita in nulla al successivo tentativo con Banco Bpm fino alle mire sul mercato russo alla vigilia della guerra, concluse con una retromarcia e un asset come Unicredit Bank Russia di fatto “congelato” dalle sanzioni incrociate. 

La ricca politica di dividendi, la solida posizione di capitale e risultati ottenuti finora lasciano gli azionisti più che soddisfatti. Anche se l’immagine del manager è risultata annebbiata dalle indiscrezioni di una richiesta di aumento del suo compenso, attualmente di 2,5 milioni all’anno con un bonus che può arrivare fino a 5 milioni. Per far sì che gli azionisti approvino l’aumento, il manager dovrà evitare nuovi passi falsi sulla strategia. 

 

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