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FinanzaIn evidenza Dom 25 dicembre 2022

Non c'è solo Musk dietro al crollo di Tesla anche un valore di Borsa sproporzionato rispetto ai ricavi

In poco più di 12 mesi il titolo ha perso il 67% del suo valore. In soldoni fanno oltre 600 miliardi di dollari andati bruciati Non c'è solo Musk dietro al crollo di Tesla anche un valore di Borsa sproporzionato rispetto ai ricavi Elon Musk, numero uno di Tesla
Fabio Pavesi
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Fabio Pavesi

Il miliardario sempre sopra le righe

Genio e sregolatezza ti aiuteranno a diventare un’icona pubblica, ma non fanno certo bene al business. L’uomo che più ha incarnato l’emblema del genio visionario, ma anche del provocatore, del personaggio sempre sopra le righe è senza dubbio Elon Musk. Il creatore di Tesla e il   principale azionista di Twitter, di cui è andato alla conquista, ha perso lo scettro di uomo più ricco del mondo in questi giorni a favore del principe del lusso Bernard Arnault. E la parabola di Musk è anche la cifra della grave crisi attraversata dalle borse nel difficile 2022. L’uomo che aveva portato la sua creatura, Tesla, a capitalizzare sul mercato 1.000 miliardi di dollari nel novembre del 2021, oggi vede la società dell’auto elettrica tra le più massacrate sul listino. In poco più di 12 mesi il titolo ha perso il 67% del suo valore. Due terzi svaniti nel nulla. In soldoni fanno oltre 600 miliardi di dollari andati bruciati. O meglio ridimensionati fortemente rispetto all’immensa bolla che si era creata sulle magnifiche sorti progressive dell’auto all electric.

Va detto che Musk ci ha messo del suo. Buona parte del crollo è infatti dovuto alle vendite delle sue stesse azioni Tesla. Una girandola di cessioni che ha accelerato subito dopo la conquista controversa e spregiudicata di Twitter, in nome di una presunta libertà di parola. Del resto per trovare 44 miliardi per comprare il social network serviva cash. Solo una parte dell’operazione è infatti finanziata a debito, il resto almeno la metà sono soldi che deve mettere sul piatto lo stesso Musk. Banche e altri finanziatori con l’aria che ha tirato sui mercati hanno stretto i cordoni della borsa. Troppo rischio, in un anno in cui il cash è tornato King. E proprio il cash mancava a Musk. La sua ricchezza finanziaria è tutta in azioni Tesla che ha in carico ovviamente a prezzi sideralmente più bassi delle quotazioni folli del titolo. E così quella dote di 22 miliardi di dollari liquidi per acquisire Twitter li doveva reperire Musk. Come? Semplice, come da molti osservatori previsto dopo l’assalto a Twitter, vendendo titoli Tesla.

Le lunghe conseguenze dell’inflazione

Ma al di là delle vendite del grande capo, il clima sui mercati così pessimo nel corso dell’anno ha trovato in Tesla la vittima sacrificale. I valori toccati alla fine del 2021 non erano più compatibili con la situazione della fiammata inflazionistica mondiale e con le prospettive sempre più pronunciata di un’incombente recessione americana nel 2023. Basti pensare che ai valori di un trilione di dollari Tesla veniva valutata 20 volte i suoi ricavi del 2021 (53 miliardi di dollari) e addirittura 200 volte i suoi utili. Certo Tesla corre a livello di crescita di fatturato e utili a marcia doppia se non tripla rispetto ai competitor tradizionali. Ma il divario di valutazioni era davvero folle. Basti pensare che, anche con lo sboom di quest’anno, la creatura di Musk vale a tutt’oggi 5 volte il fatturato atteso per fine anno che, secondo il consenso raccolto da S&P Global Market Intelligence, dovrebbe salire a oltre 80 miliardi di dollari. Dovrebbero crescere e anche molto gli utili previsti al raddoppio a fine anno. Ma anche così Tesla quota quasi 40 volte i profitti. E il 2023 non promette nulla di buono sul fronte della salute dell’economia americana che dovrebbe entrare in recessione con tassi attesi al picco del 5%. Uno scenario che dovrebbe impattare anche sulla gamma alta dell’auto elettrica. In fondo è una sorta di atterraggio verso Terra dai voli pindarici del recente passato. Purchè, si spera per gli azionisti di Tesla, non sia un hard landing.

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