Il governo scopre le carte su Tim: piano Minerva, Opa e rete unica
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Finanza Lun 07 novembre 2022

Il governo scopre le carte su Tim: piano Minerva, Opa e poi rete unica

Il piano “Minerva” che prevede un’offerta pubblica d’acquisto di Cassa Depositi e Prestiti su Tim e una rete unica nazionale. Il governo scopre le carte su Tim: piano Minerva, Opa e poi rete unica
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

Il piano Minerva su Tim

Dopo una settimana con il titolo Tim che ha guadagnato circa il 10% sulla scia delle indiscrezioni di una possibile Opa di Cdp sul colosso delle tlc italiane, ieri è arrivata la conferma ufficiale. Il piano “Minerva” che prevede un’offerta pubblica d’acquisto di Cassa Depositi e Prestiti su Tim e una rete unica nazionale a controllo pubblico delle telecomunicazioni è «prioritario».

Che non vuol dire che si farà. Ma vuol dire che questa è la direzione che ha preso ufficialmente il governo Meloni. Inizieranno quindi le prime interlocuzioni. Innanzitutto con Cdp che ovviamente risponderà all’eventuale convocazione annunciata da Butti per capire cosa prevede nei dettagli il piano Minerva. Poi a seguire verranno sentiti anche gli altri stakeholder, a partire dal primo azionista di Tim, Vivendi

L’operazione di Tim

E qui viene la prima domanda? È possibile che un’operazione di queste portata finanziaria possa essere sopportata dalla sola Cdp? Difficile. Anche perché immaginare un’Opa che valorizzi Tim meno dei 0,505 euro per azione proposti da Kkr esattamente un anno pare azzardato. Poi ci sarebbe da fare i conti con il debito monstre superiore ai 25 miliardi netti.

Il piano Minerva

Insomma, Butti parla del piano Minerva originario o della grande ammucchiata con il coinvolgimento anche di Vivendi e dei fondi Kkr (che detiene il 37,5% di Fibercoop, la società della rete secondaria di Tim) e Macquarie (il fondo australiano che ha il 40% di Open Fiber, la società che dovrebbe fondersi con la rete Tim nel progetto della rete unica)?

Da Vivendi trapela la volontà di portare avanti un dialogo costruttivo con il governo. Ma è ovvio che alle parole dovranno seguire i fatti e i numeri. Fatti e numeri che riguarderanno il prezzo dell’offerta e le modalità del successivo spezzatino.

Staremo a vedere. Intanto c’è grande attesa per il cda del 9 novembre che deve approvare i conti di Tim. Il consensus degli analisti stima ricavi da servizi nel terzo trimestre in crescita dell’1,8% a 3,67 miliardi, l’ebitda organico di gruppo in calo dell’8,6% a 1,55 miliardi, proseguendo il trend già visto nel secondo trimestre e che ha portato al rialzo delle stime per il 2022. Nelle intenzioni, il consiglio avrebbe dovuto dare anche il via libera al beauty contest per la divisione Tim Enterprise, ma dopo le dichiarazioni di Butti sembra difficile un via libera all’operazione.

Vivendi, inoltre vorrebbe che nello stesso Cda si provvedesse alla sostituzione di Luca de Meo, dimessosi a fine settembre e spinge per la candidatura di Massimo Sarmi, mentre la figura di Fabrizio Palenzona non sembra riscontrare il gradimento dei principali azionisti del gruppo.

Il problema di Tim

Intanto è scoppiata un’altra grana: ieri Repubblica ha messo sotto la lente i contratti tra la società Mint dell’ex vj Andrea Pezzi e Tim. Come mai? Forse perché saranno discussi nel prossimo cda di Tim previsto mercoledì prossimo anche se non se ne capisce il motivo dato che l’audit interno li ha giudicati regolari. Qualcuno però ha voluto puntare il dito sull’anomalia anche perché l’ad Pietro Labriola avrebbe chiuso altri contratti con la Mint di Pezzi nel gennaio scorso. Favoriti certamente dal fatto che Pezzi è, come tutti sanno, vedi un articolo scritto sulla Verità da Claudio Antonelli oltre un anno fa, molto vicino all’ad di Vivendi (che è il maggior azionista dell’ex monopolista con il 23,9%) nonché consigliere di Tim Arnaud, De Puyfontaine.

Il ruolo di Pezzi

Secondo qualcuno Pezzi non avrebbe mai incontrato direttamente il patron di Vivendi Vincet Bollorè ma, dal 2016, è il plenipotenziario della società in Italia.  E allora? Lo spauracchio di Pezzi pare sia la trasmissione Report che dei suoi business «innovativi» ma non sempre brillanti (vedi il fallimento di Ovo) si è più volte occupata, e che domani sera promette di ribaltare Telecom come un calzino. Impresa peraltro non impossibile visti i molteplici passaggi azionari subiti. Che a partire dalla sciagurata privatizzazione in poi che hanno sempre lasciato azionisti di riferimento, a partire da Colaninno e Tronchetti Provera, ricchi e la società sempre più indebitata. Pezzi avrebbe dunque messo le mani avanti per far capire che è ben pagato, anche se, probabilmente, inutilmente, ma che i suoi contratti sono regolari.

Insomma il solito pasticcio anche se Labriola, in vena di risparmi, sta cercando di cancellare tutti i contratti e le consulenze inutili. Ma il super contratto che l’ad non è riuscito a cancellare è quello con Dazn con cui Tim si aggiudicava per ben 340 milioni all’anno, la possibilità di trasmettere in esclusiva sulla sua piattaforma, Tim Vision, tutte le partite del campionato di serie A per tre anni. Ora l’esclusiva è stata cancellata ma, secondo indiscrezioni, i vantaggi economici sarebbero minimi, dato che Sky ha accettato di pagare una cifra bassa (si parla di 20 milioni di euro) per avere Dazn sulle sue piattaforme pay tv.

E quindi qualcuno dice che, a quel punto, a Tim sarebbe convenuto tenersi l’esclusiva per cercare di vendere qualche abbonamento in più a Tim Vision. Il contratto fu voluto dall’allora ad Luigi Gubitosi che sperava di vendere in bundle, ossia in abbinata, Tim Vision con il calcio e l’abbonamento alla fibra. Ma l’Antitrust impedì questo tipo di contratto con la conseguenza che la cifra di 340 milioni annui per l’esclusiva divenne assolutamente sproporzionata rispetto ai possibili ricavi.

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