Shopping e intrattenimento, la Cina riscrive il mondo degli acquisti
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Futurismi Mar 16 agosto 2022

Lo shopping diventa anche intrattenimento, la Cina riscrive il mondo degli acquisti

Mentre negli Stati Uniti l’e-commerce rallenta il suo passo la Cina continuerà a crescere a doppia cifra da qui al 2025 Lo shopping diventa anche intrattenimento, la Cina riscrive il mondo degli acquisti
Marco Morello
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Marco Morello

Il futuro dell’e-commerce visto dalla Cina

Mentre negli Stati Uniti l’e-commerce rallenta il suo passo (lo raccontavamo in questa rubrica poche settimane fa), la Cina, il mercato principale delle vendite online, continuerà a crescere a doppia cifra da qui al 2025: di circa il 12% ogni dodici mesi, secondo la società di analisi GlobalData, superando la soglia di 1,2 miliardi di utenti entro tre anni, contro gli 850 milioni del 2021. Un boom di transazioni e merci in movimento.

Il modello proposto da Pechino è interessante per la sua formula, che rompe con la ritualità ingessata dello shopping digitale, le noiose liste di prodotti da sbadiglio assicurato. Introduce la variabile del divertimento nel processo d’acquisto, mescolando avanguardie e nostalgie. Spaziando tra strizzate d’occhio all’universo dei videogame e dirette streaming, ovvero la versione aggiornata, depurata della nostalgia, delle vecchie televendite.

Ha senso osservarne i meccanismi: «Guardando alla Cina oggi, possiamo avere un’anticipazione di quello che sarà il futuro dell’innovazione in ambito retail», concorda Christina Fontana, Director, Strategic Partnerships Southern Europe di Alibaba Group, il colosso asiatico del settore. Per cominciare, non è complesso tracciare le scintille di questo percorso, gli elementi che l’hanno determinato: «In primis, la velocità. In Cina tutto si muove rapidamente e questo progresso si rispecchia, addirittura si supera nello spazio digitale. In secondo luogo, il Paese è davvero “mobile-first”: i consumatori acquistano praticamente tutto tramite il cellulare. Ed è per questo motivo che l’esperienza di vendita deve essere ottimizzata per supportare i dispositivi mobili. La terza ragione è l’età: i consumatori sono sempre più giovani. È importante per i brand saper sfruttare campagne creative per raggiungere e coinvolgere al meglio queste generazioni».

La ricetta, ecco, è «offrire anche intrattenimento. Lo shopping non è più aggiungere passivamente articoli al carrello. Il Metaverso sta spalancando ai consumatori una nuova realtà che combina le sensazioni dello shopping fisico con l’ampia gamma di scelta dall’e-commerce». Teoria che è pratica, una sensazione riflessa nella misurabilità dei dati. Engagement, per dirla all’inglese: il Tmall Luxury Pavilion, il centro commerciale di bit del Gruppo Alibaba, cattura in media i naviganti per 12 secondi in più rispetto alle pagine statiche. Succede quando mostra i prodotti in forma tridimensionale, fa ricorso alla realtà aumentata.

Suggestioni che attraggono anche gli storici specialisti del lusso: «L’anno scorso, il Tmall Luxury Pavilion ha lanciato la sua prima galleria d’arte digitale nel metaverso, collaborando con marchi come Burberry, Balmain, Longines, Coach, La Perla ed Emporio Armani. Mentre il produttore di orologi svizzero Chopard ha sfruttato la funzione di shopping 3D per creare un negozio virtuale che sia la copia una delle sue boutique. Anche Cartier ha adottato la tecnologia 3D per la visualizzazione dettagliata dei prodotti».

Sono esperimenti esportabili e riproducibili in Occidente, ma forse lo schema da copiare è quell’ibrido che la Cina ha già realizzato: «Le attività offline, online e la logistica dovrebbero fondersi per creare un modello di vendita retail integrato che combini, senza soluzione di continuità, quelli che prima erano ambiti separati». Il famoso phygital, la fusione di virtuale e reale, l’e-commerce calato sul territorio.

Un esempio è Freshippo, il supermercato di Alibaba: «Ogni negozio della catena è anche un centro di distribuzione». I consumatori hanno la possibilità di recarsi al punto vendita ed effettuare lì le loro compere, farsi cucinare il cibo e cenare sul posto, ritirare e trasportare in autonomia gli ingredienti o le pietanze, chiedere una consegna a domicilio. O, in alternativa, rimanere a casa e ordinare online. È il retail tradizionale che replica le logiche del web. Un’evoluzione che può funzionare dappertutto, a patto di attrarre i clienti e intrattenerli.

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