Hanno ancora senso le fiere dedicate alla tecnologia?
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Futurismi Lun 29 agosto 2022

Hanno ancora senso le fiere dedicate alla tecnologia?

Le fiere digitali, allestite durante i lockdown e legate alle restrizioni imposte dal coronavirus, si sono rivelate di una tristezza. Hanno ancora senso le fiere dedicate alla tecnologia?
Marco Morello
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Marco Morello

Le fiere sulla tecnologia

Al netto delle anteprime riservate alla stampa, il rito si ripeterà da venerdì 2 a martedì 6 settembre: ritorna l’Ifa di Berlino, la manifestazione dedicata all’elettronica di consumo più importante d’Europa. Una fiera che prima della pandemia, durante l’edizione del 2019, è stata in grado di sfiorare i 250 mila visitatori, ospitando oltre 5 mila giornalisti. A differenza di altri appuntamenti riservati agli addetti ai lavori (e a schiere di abilissimi imbucati), l’Ifa sarà aperta al pubblico e, anche per il 2022, si prospetta ricca di novità o, quantomeno, affollata di prodotti: a inizio estate aveva già venduto circa l’80 per cento dei suoi spazi.

Peraltro, in un’epoca d’inflazione galoppante, ha deciso di non aumentare di un centesimo il prezzo dei biglietti: 13 euro per la prevendita, qualcosa in più comprando il tagliando sul posto, pacchetti famiglia per due adulti e fino a tre bambini, sconti per studenti e incentivi assortiti per riempire di curiosi i padiglioni.
Ipocondrie a parte, giusto tenendosi addosso le lenti del buon senso, dovrebbe essere il primo posto da disertare per non rischiare un contagio: è un paesaggio di corridoi, strettoie, ambienti al chiuso stracolmi di gente; le mascherine sono consigliate, non obbligatorie, stando almeno alle indicazioni riportate sul sito ufficiale: è probabile che le terranno in pochi, guardati con derisione o qualche sospetto; migliaia di dita toccheranno, digiteranno, apriranno gli stessi sportelli di forni e frigoriferi, soppeseranno i medesimi oggetti. Uno sproposito di mani si stringeranno, in un trionfo di germi, un festino di virus.

Eppure, questa esposizione passatistica di gadget futuristici non si ferma, va avanti. Non riesce ad accontentarsi di una versione soltanto online, perciò eccola ripetere il suo copione dal calendario ben scandito: il Ces di Las Vegas di gennaio, un po’ l’equivalente internazionale dell’Ifa; il Mobile World Congress di Barcellona di fine febbraio, l’epigono riservato a smartphone, reti e ampi dintorni. C’è una tale voglia di fisicità che, dopo un funerale prematuro, a giugno resusciterà persino l’E3 di Los Angeles, la kermesse per eccellenza dedicata ai videogiochi. Per poco prima è confermato il Computex di Taipei (nervosismi della Cina permettendo), la storica esibizione asiatica sullo stato dell’arte dell’innovazione, in particolare in campo informatico.

Le fiere digitali, allestite durante i lockdown e legate alle restrizioni imposte dal coronavirus, si sono rivelate di una tristezza assoluta, una noia totale. Un simulacro del loro fervore originale. E poi, ecco il vero punto, non fanno soldi, mentre quelle classiche sì: sono un ottimo affare per chi le organizza e le destinazioni che le ospitano. Per esempio, quando il Mobile World Congress di Barcellona fu cancellato nel 2020, si parlò di una perdita di indotto per la città catalana pari a circa mezzo miliardo di euro. Difficile non crederci, visti i prezzi da rapina raggiunti dagli hotel di categoria più infima, i ristoranti e i locali della movida strapieni, i taxi introvabili. Lo stesso avviene a Las Vegas, dove i resort e i casinò più scalcinati vanno sold-out, nonostante le stanze abbiano la moquette stantia e una connessione wi-fi a passo di lumaca: l’apoteosi del paradosso, quando i loro clienti del periodo sono nerd tecnomaniaci assetati di connettività.

Le manifestazioni tradizionali resistono, piacciono e prosperano per il loro fascino che sa d’antico: al di là dei grandi brand che le frequentano per mostrare i muscoli dentro stand sovrabbondanti, questi eventi lasciano uno spiraglio di visibilità, di possibilità, aperto a chiunque. Alla start-up che può farsi notare da un investitore vagabondo tra i corridoi, a un produttore di nicchia che ha una chance di finire su un giornale o un sito web, a una realtà strampalata che, chissà come, saprà incantare il pubblico e, magari, diventare mainstream. Le fiere sono un eccellente esempio di democrazia tecnologica. L’ultimo rimasto.

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